K metro 0 – Madrid – “Non vogliamo essere superdonne, lo siamo già”, ha detto, scherzando, Jolanda Díaz, dall’alto della sua grande popolarità. Ministra del Lavoro del governo Sanchez, ideatrice della riforma del 2021 che ha ridotto la precarietà e incentivato i contratti stabili, la leader di Sumar, la coalizione di sinistra a guida femminile
K metro 0 – Madrid – “Non vogliamo essere superdonne, lo siamo già”, ha detto, scherzando, Jolanda Díaz, dall’alto della sua grande popolarità. Ministra del Lavoro del governo Sanchez, ideatrice della riforma del 2021 che ha ridotto la precarietà e incentivato i contratti stabili, la leader di Sumar, la coalizione di sinistra a guida femminile e femminista, ha sottolineato che il divario tra donne e uomini “continua ad essere inaccettabile” e che è necessario continuare ad adottare misure per ridurlo.
Quasi 5.000 euro separano lo stipendio medio annuo di una donna da quello di un uomo, l’equivalente di circa due mesi e mezzo di lavoro. Un divario
vicino al 20%, che non solo non è stato corretto ma, secondo i dati più recenti, è addirittura aumentato. Il settore rurale, quello assicurativo e quello bancario sono i comparti in cui questo divario è maggiore, come è stato sottolineato nella Giornata europea per la parità retributiva. In Spagna le donne dovrebbero guadagnare il 18,6% in più per eguagliare il loro stipendio medio a quello degli uomini.
La differenza salariale maggiore, secondo il sindacato dei funzionari del ministero delle Finanze, la subiscono i dipendenti del settore bancario e assicurativo, con un divario tra uomini e donne di quasi 16mila euro in meno all’anno.
Politiche retributive poco chiare
Per cercare di ridurre questa differenza, Eva María López, responsabile dell’Uguaglianza del sindacato indipendente del settore finanziario è impegnata da anni in trattative con 25 istituti bancari. Il problema più grande che deve affrontare è la mancanza di trasparenza, poiché le banche si rifiutano di fornire tutte le informazioni sulle retribuzioni.
Gran parte di questo divario si spiega con il modo in cui vengono assegnate le indennità intese ad aiutare le donne ad occuparsi dei figli e quindi semplificare il loro ulteriore sviluppo professionale e di carriera.
Oltre a questo, il divario di genere è dovuto anche al fatto che le donne firmano la maggioranza dei contratti part-time e temporanei, e che nei settori in cui lavorano sono pagate meno.
La precarietà del lavoro autonomo
L’Unione delle associazioni delle donne lavoratrici autonome e imprenditrici (UATAE-Mujer) ha denunciato la doppia discriminazione di cui soffrono le lavoratrici autonome e le imprenditrici a causa del fatto di essere donne e di lavorare in proprio.
Attualmente, circa il 27,4% delle lavoratrici autonome ha più di 55 anni. E questo indica che si rifugiano nel lavoro autonomo quando vengono espulse dal mercato del lavoro. L’accesso all’attività autonoma avviene in età avanzata dopo l’interruzione delle carriere professionali che impediscono lo sviluppo di quello che sarebbe stato il loro futuro normale.
Anche la pensione media delle lavoratrici autonome è inferiore del 25% a quella dei lavoratori autonomi. Ciò dimostra che le basi contributive delle donne nel corso degli anni sono state molto inferiori a quelle degli uomini. Jolanda Díaz ha difeso le misure adottate dal governo per affrontare il divario di genere, sottolineando soprattutto l’impatto dell’aumento del salario minimo interprofessionale (SMI).