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“Carlotta Benusiglio fu strangolata”: voluti più di quattro anni per trovare un colpevole

“Carlotta Benusiglio fu strangolata”: voluti più di quattro anni per trovare un colpevole

K metro 0 – Milano – Ci sono voluti più di quattro anni per trovare un colpevole che, fin dall’inizio, era apparso come l’unico indiziato. Si chiude così l’inchiesta sulla morte della stilista milanese Carlotta Benusiglio di 37 anni, trovata impiccata con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli la mattina del

K metro 0 – Milano – Ci sono voluti più di quattro anni per trovare un colpevole che, fin dall’inizio, era apparso come l’unico indiziato. Si chiude così l’inchiesta sulla morte della stilista milanese Carlotta Benusiglio di 37 anni, trovata impiccata con una sciarpa ad un albero nei giardini di piazza Napoli la mattina del 31 maggio 2016. Per il pm Gianfranco Gallo, ad uccidere la donna fu Marco Venturi, 41 anni, ex fidanzato della vittima e, sempre secondo le accuse, “per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio e quindi strangolandola”. Carlotta, che era affetta da sindrome di Eagle, “è deceduta subito dopo per asfissia meccanica da strangolamento”. A quel punto Venturi pensò bene di simulare una impiccagione, sospendendo parzialmente con la sciarpa il cadavere della sua compagna, attorno alle 3.40 di notte.

Marco Venturi, come si legge nell’atto di chiusura delle indagini, è accusato anche di episodi di stalking e lesioni contro la fidanzata, tra il 2014 e il 2016. L’avrebbe più volta presa a schiaffi a calci e pugni per “moti di gelosia”.

A dare una svolta alle indagini, la caparbietà dei familiari della vittima che non hanno mai creduto al suicidio, convincendo il gip di Milano Alfonsa Ferraro, nel 2018, ad una riesumazione del cadavere per una nuova autopsia con formula dell’incidente probatorio. Così l’indagine è passata anche per una richiesta di archiviazione e poi per una riapertura. Adesso la conclusione con la pesante accusa per Marco Venturi di omicidio volontario aggravato.

L’ultima ad avere visto Carlotta Benusiglio viva e la prima a trovarsi davanti alla scena raccapricciante della stilista ormai morta, fu Cristina, dogsitter del quartiere. Aveva notato Carlotta salire sulla Mini Cooper di Marco. “Mi sembrava serena – dirà poi agli investigatori – anche se era risaputo che i due litigavano spesso”. Cristina, alla vista del cadavere, restò come impietrita ma riuscì ad attirare l’attenzione di una coppia poco distante. Saranno loro a chiamare la polizia e le ambulanze.

La famiglia della giovane, prese subito le distanze dall’ipotesi del suicidio. Allora, ad annunciare la data delle esequie che si sono poi svolte nel cimitero di Lambrate fu la sorella di Carlotta, Giorgia Benusiglio: “Come sapete – aveva scritto sul suo blog – lei detestava i funerali per cui sarà un momento per poterla ricordare, per stare tutti insieme e accompagnarla nel suo viaggio verso la libertà dove papà la sta aspettando per riabbracciarla”.

Ma chi era Carlotta Benusiglio? Girava spesso di notte e sognava di vivere alla grande grazie alla propria creatività, al proprio talento. A qualcuno va bene, a volte funziona. Mai però avrebbe immaginato di finire strangolata e poi appesa ad una robinia di piazza Napoli.  Uccisa proprio dal suo Marco, intimo amico da tempo, descritto dalla famiglia di lei come un fidanzato manesco e violento, denunciato dalla stessa Carlotta più volte per lesioni.

Carlotta e Marco con addosso la stessa voglia della vita by night, fatta di deejay, gente del design, del fashion, intellettuali, giornalisti e personaggi che fanno tendenza.

Carlotta aveva casa e ufficio in un’ex rimessa ristrutturata, col tetto vecchio ondulato e mura sottili. Un piccolo giardino e vari gatti. Magra, vestiva quasi sempre di nero e non salutava mai.

Il lunedì in cui comincia a morire, Carlotta Benusiglio era uscita. Con Marco erano andati a bere un drink. Chiacchiere e lunghi sorsi.  Marco poi la riportò a casa, ma non si fermò lì a dormire. Il resto è storia recente. Il fidanzato l’ammazza e poi l’appende ad un albero. Forse dopo l’ennesima sfuriata per gelosia.

 

di Michele Focarete

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