K metro 0 – Bruxelles – La posizione internazionale assunta oggi nei confronti del governo israeliano di Benjamin Netanyahu è di estrema fermezza. È improbabile che il primo ministro israeliano possa resistere alla pressione di uno schieramento che comprende, di fatto, tutto l’Occidente tranne gli Stati Uniti. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intervenendo ieri, all’apertura della
K metro 0 – Bruxelles – La posizione internazionale assunta oggi nei confronti del governo israeliano di Benjamin Netanyahu è di estrema fermezza. È improbabile che il primo ministro israeliano possa resistere alla pressione di uno schieramento che comprende, di fatto, tutto l’Occidente tranne gli Stati Uniti.
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, intervenendo ieri, all’apertura della fiera sulla difesa Idef 2025 a Istanbul, ha detto che, “il genocidio israeliano contro il popolo di Gaza supera di gran lunga quello dei nazisti”. “Il nostro obiettivo è stabilire un cessate il fuoco il prima possibile e permettere agli aiuti umanitari di entrare a Gaza è un’altra priorità”, ha aggiunto. Per Erdogan, “chiunque taccia sul genocidio a Gaza è complice dei crimini contro l’umanità di Israele”.
Non meno la posizione della chiesa, “Nessuno che abbia anche solo un briciolo di dignità umana può accettare una crudeltà in cui decine di persone innocenti muoiono ogni giorno semplicemente perché non riescono a trovare un pezzo di pane o un sorso d’acqua”, lo ha detto il Cardinale Pierbattista Pizzaballa rispondendo ad alcune domande durante la recente conferenza stampa a Gerusalemme.
“A Gaza la fame non si vede, ma si tocca”, afferma Pizzaballa. Il Cardinale è appena rientrato dalla Striscia di Gaza, dove è riuscito ad entrare insieme al patriarca greco-ortodosso Theophilos III, in seguito al bombardamento israeliano sulla Parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza.
Il Segretario di Stato Parolin, precedentemente aveva affermato, “non conosciamo ancora i dettagli esatti di ciò che è accaduto. Ma i fatti restano e non è la prima volta che la comunità cristiana viene colpita a Gaza. Sono attacchi casuali? Sono intenzionali? Non lo sappiamo. La mancanza di informazioni si presta a tante interpretazioni”.
L’esercito israeliano l’ha definito “un errore”, ma bombardare chiese, moschee, come ospedali, scuole e giornalisti restano comunque crimini di guerra e contro l’umanità.
“La distruzione che ho trovato a Gaza è enorme, – così ancora il Patriarca latino di Gerusalemme – molto più estesa rispetto all’ultima volta che sono entrato nella Striscia. Mi ha fatto impressione vedere un quartiere che prima era vivacissimo, intorno alla scuola delle suore, ora trasformato in una landa desolata, morto. Poi le tende dappertutto, soprattutto sulle spiagge, una distesa incredibile, un mare di tende dove la gente vive senza niente”.
Nel frattempo, la vicenda del conferimento del Premio Italia-Israele a Matteo Salvini ha suscitato dure reazioni tra le opposizioni. Il riconoscimento, consegnato nella mattinata del 22 luglio alla Sala del Cenacolo della Camera, è stato attribuito al vicepremier dalle sigle Istituto Milton Friedman, Unione delle Associazioni Italia-Israele, Maccabi World Union, Israel’s Defend & Security Forum e Alleanza per Israele, come attestazione “dell’impegno da lui dimostrato nei rapporti tra Roma e Tel Aviv”.
Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, sulla vicenda del premio Italia-Israele a Salvini, ha detto: “Io non devo commentare i premi che danno al ministro Salvini. La posizione ufficiale del governo è quella espressa ieri attraverso la firma di un documento al quale hanno aderito altri 27 Paesi, quindi immediata cessazione delle attività belliche e immediata liberazione, senza condizioni, degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Questo è uno strumento fondamentale per arrivare al cessate il fuoco. Noi abbiamo detto in modo molto chiaro come la pensiamo, inutile ripetere. Il documento è stato firmato ieri e parla in maniera chiara”, ha dichiarato.
A giocare un ruolo centrale nel promuovere l’iniziativa, è certamente stato il premier britannico, Keir Starmer che, dopo aver firmato importanti accordi bilaterali con Francia e Germania, ha probabilmente lavorato per allargare la dichiarazione ai Paesi non europei.
La dichiarazione, infatti, è firmata non solo da gran parte dei Paesi dell’Unione europea (tra cui l’Italia), ma anche dai Paesi dell’Associazione europea di libero scambio (Islanda, Norvegia e Svizzera) e dai componenti più “occidentali” del Commonwealth: Australia, Canada e Nuova Zelanda.
Il documento mostra tutti i timori e la frustrazione dei leader occidentali in un momento in cui i conflitti armati si moltiplicano e le tensioni commerciali non accennano ad allentarsi, anzi. Pur essendo gli Stati Uniti richiamati nella dichiarazione come Paese guida dei negoziati di pace, il documento rappresenta una sfida aperta al presidente Donald Trump. Essa, infatti, isola la Casa Bianca dai suoi alleati storici e potrebbe gettare le basi per una nuova alleanza, unita dalla necessità, ma anche dai valori.
È un risultato che difficilmente Trump si aspettava e che certamente non prenderà bene. Se nascesse, questo nuovo blocco avrebbe grande forza economica e finanziaria, eccellenti capacità tecnologiche, ampia disponibilità di minerali (si pensi alle risorse di Australia e Canada) e sarebbe costituto da Paesi i cui eserciti, buona parte dei quali parte della Nato, sono stati addestrati ad operare insieme.
Infine, Steve Witkoff, inviato di Donald Trump in Medio Oriente, avrebbe in programma domani a Roma colloqui con funzionari di Israele e Qatar per proseguire i contatti per un accordo per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi trattenuti nell’enclave palestinese. E’ quanto scrive il Jerusalem Post, che cita sue fonti. Secondo il sito di notizie israeliano Ynet, sarà il ministro israeliano per gli Affari strategici, Ronen Dermer, a vedere domani a Roma Witkoff.