Doha, Hamas-Israele: Netanyahu e la variabile Trump

Doha, Hamas-Israele: Netanyahu e la variabile Trump

K metro 0 – Doha – Mentre i mediatori fanno pressione sulle parti e intensificano gli sforzi per raggiungere un accordo, nelle scorse ore il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva definito ”inaccettabili” le modifiche chieste da Hamas dopo aver dato una ”risposta positiva” alla proposta americana di accordo. Da Washington a Tel Aviv, passando per Istanbul e Doha,

K metro 0 – Doha – Mentre i mediatori fanno pressione sulle parti e intensificano gli sforzi per raggiungere un accordo, nelle scorse ore il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva definito ”inaccettabili” le modifiche chieste da Hamas dopo aver dato una ”risposta positiva” alla proposta americana di accordo.

Da Washington a Tel Aviv, passando per Istanbul e Doha, i contatti si intensificano. La risposta ufficiale di Hamas alla nuova proposta Usa è arrivata, e secondo fonti del Qatar per la prima volta da mesi si parla apertamente di una “risposta positiva, ma con piccole modifiche”.

La proposta elaborata dall’inviato americano Steve Witkoff prevede il rilascio di circa la metà degli ostaggi vivi e circa la metà degli ostaggi morti da Gaza nell’arco di 60 giorni, in cinque step diversi. Secondo una fonte coinvolta negli sforzi di mediazione, Hamas ha proposto tre emendamenti.

La fonte ha affermato che Hamas vuole che l’accordo stabilisca che i colloqui su un cessate il fuoco permanente continueranno finché non verrà raggiunto un accordo per la fine della guerra, che gli aiuti riprenderanno pienamente attraverso meccanismi sostenuti dalle Nazioni Unite e da altre organizzazioni umanitarie internazionali, e che le Idf si ritirino sulle posizioni che mantenevano prima della fine del precedente cessate il fuoco a marzo.

Nonostante che il quadro rimane complesso, Netanyahu, vuole capitalizzare i successi, pertanto aveva deciso venerdì di inviare una delegazione a Doha certo non per pura generosità, ma per la continua pressione da parte dell’amministrazione Usa che sta lavorando instancabilmente sul coinvolgimento dei Paesi arabi nella futura gestione dell’enclave.

Nel caos della politica mediorientale, emerge una variabile che potrebbe fare la differenza: Donald Trump. Il capo della Casa Bianca è stato pubblicamente invocato come mediatore garante da famiglie israeliane e da ostaggi liberati.

Benjamin Netanyahu nel mentre, vuole arrivare con qualcosa in mano alla pausa estiva della Knesset (dal 27 luglio al 19 ottobre), e prepararsi alle elezioni aggirando la sfida degli ultraortodossi di far cadere il governo sulla legge per l’esenzione dal servizio militare.

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Nizar Ramadan
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