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Hilde Lotz Bauer: l’Italia del Novecento in cento foto in mostra a Roma

Hilde Lotz Bauer: l’Italia del Novecento in cento foto in mostra a Roma

K metro 0 – Roma – “In queste vie hanno lavorato anche Cartier-Bresson e Berengo Gardin… Ma prima di loro è venuta una donna, Hilde Lotz-Bauer, già negli anni Trenta”, racconta Donatella di Pietrantonio, scrittrice abruzzese nel suo romanzo Borgo Sud (Einaudi) finalista al Premio Strega 2020.  Le vie sono quelle di Scanno,  un piccolo

K metro 0 – Roma – “In queste vie hanno lavorato anche Cartier-Bresson e Berengo Gardin… Ma prima di loro è venuta una donna, Hilde Lotz-Bauer, già negli anni Trenta”, racconta Donatella di Pietrantonio, scrittrice abruzzese nel suo romanzo Borgo Sud (Einaudi) finalista al Premio Strega 2020. 

Le vie sono quelle di Scanno,  un piccolo paese d’Abruzzo incastonato tra le montagne e il lago omonimo. Un lago a forma di cuore visto dall’alto dell’eremo di Sant’Egidio.  Ma se il paesaggio è la cornice spettacolare del viaggio di Hilde Lotz Bauer (Monaco 1907-Roma 1999) sono le persone che lo abitano a renderlo davvero unico.  Soprattutto le donne.

Il reportage, riemerso dagli archivi di questa fotografa, nota soprattutto come studiosa d’arte, presente a lungo in Italia, dal 1935 al 1943,  è il nucleo centrale della prima mostra della sua produzione italiana in questo decennio (Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer): cento scatti esposti al Museo di Roma in Trastevere (fino al 5  maggio),  a cura da Federica Kappler e Corinna Lotz, figlia dell’artista.

Fotografa d’arte, ma anche di strada, “ha saputo far diventare le donne di Scanno regine, sculture classiche viventi, che mantengono la loro individualità, ma allo stesso tempo diventano icone”,  ha scritto Tamara Hufschmidt, curatrice della prima mostra in Italia dedicata alle foto di Scanno (“Orme di donna”, Scanno, 11 marzo-11 maggio 2008).

Così Scanno diventa in pochi anni un “sito emblematico” della fotografia, una tappa obbligata per appassionati e professionisti di tutto il mondo, come ha osservato lo storico della fotografia Italo Zannier.

Fotografa professionista per gli Istituti Storici di Roma e Firenze,  Hilde Lotz Bauer ha realizzato scatti impeccabili di sculture, disegni, architettura ed urbanistica. Con la sua inseparabile Leica ha “catturato la vita delle città così come delle zone rurali più isolate, cogliendo quasi senza farsi notare l’umanità tutta che abitava questi territori negli anni del Ventennio fascista”, come notano gli organizzatori della mostra di Roma.

Nella Marsica Hilde ha potuto avvicinarsi alla realtà contadina che poi avrebbe ritrovato nei romanzi di Ignazio Silone. Corinna Lotz, una delle figlie di Hilde, ha suggerito che la scoperta di Fontamara possa essere avvenuta proprio in quegli anni. Il romanzo, infatti, venne inizialmente pubblicato da un editore svizzero in lingua tedesca, con  un gran successo molti anni prima della versione ufficiale italiana, pubblicata solo dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale.

Con la sua fotografia, Hilde Lotz Bauer accompagnò le ricerche di numerosi storici dell’arte.  E contemporaneamente, sia in occasione di progetti su commissione sia per il puro piacere della scoperta, percorse quasi tutta l’Italia, trasformando i reportage in un’opera artistica unica, ricca di spunti personali e documentaristica anche dal punto di vista critico e sociale. E immortalando così l’Italia negli anni Trenta, ci ha tramandato immagini uniche della vita della gente comune, dei luoghi e dei tesori artistici italiani. 

Nel 1939 riceve da Friedrich Kriegbaum, direttore del Kunsthistorisches Institut di Firenze,  l’ambizioso incarico di fotografare l’architettura e la scultura fiorentina  rinascimentale. Lo farà con uno sguardo sempre originale. Arrampicandosi su tetti e terrazze. Restituendoci immagini uniche da angolazioni e prospettive impensate. 

In quegli anni fiorentini entra in intimità con Wolfgang Lotz, studioso di architettura e  collaboratore presso l’istituto tedesco, che sposerà nel 1941.  Nel 1943 lascia Firenze per l’Austria. Poi torna a Monaco, per trasferirsi quindi negli Stati Uniti, dove trascorre quasi un decennio (1953-1962). Infine torna Roma e alla Biblioteca Hertziana, presso la quale Wolfgang Lotz era stato nominato direttore.  Nel 1986, sei anni dopo la morte del marito, torna a Monaco, sua città natale, dove si spegne nel 1999. Le sue ceneri sono sepolte presso il Cimitero acattolico di Roma, accanto a  quelle di Wolfgang.

Nel 1993 aveva restaurato e stampato, con l’aiuto del il fotografo Franz Schlechter , 80 immagini scattate con la sua Leica, raffiguranti persone, paesaggi e città italiane, molte delle quali sono esposte oggi nella sua mostra al Museo in Trastevere. A testimonianza del suo amore per l’Italia e per Roma in particolare, vissuta  e sentita fino alla fine come la sua vera casa.

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