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Spagna: peggiorano gli indicatori di povertà

Spagna: peggiorano gli indicatori di povertà

K metro 0 – Madrid – Un bel “progresso”… si fa per dire: dal 21,1% (nel 2012) al 26,5% (nel 2023). Cresce il tasso di povertà in Spagna, ovvero la percentuale   di persone a rischio di povertà o esclusione. Mentre la quota di coloro che vivono in condizioni di “grave deprivazione materiale e sociale” ha

K metro 0 – Madrid – Un bel “progresso”… si fa per dire: dal 21,1% (nel 2012) al 26,5% (nel 2023). Cresce il tasso di povertà in Spagna, ovvero la percentuale   di persone a rischio di povertà o esclusione. Mentre la quota di coloro che vivono in condizioni di “grave deprivazione materiale e sociale” ha raggiunto il 9%, il tasso più alto dal 2015, come emerge da uno studio ufficiale appena pubblicato dall’INE (Institudo nacional de Estadistica).

Gli spagnoli in povertà passano così da 1 su 5 nel 2012 a 1 su tre nel 2023. Nel 2013 quelli che vivevano con meno di 307 euro al mese erano 3 milioni. Eranola metà nel 2008, quando scoppiò la crisi finanziaria mondiale. La Sagna è tra i paesi europei con i più alti livelli di diseguaglianza, una situazione che eredita proprio da quella crisi.

Oggi in Spagna ci sono 12,3 milioni di persone in situazione di rischio o esclusione sociale. Di queste, 9,7 milioni di persone vivono in povertà con un reddito inferiore a 10.088 euro all’anno per unità di consumo (841 euro al mese). 2022 e il 2023).

Quasi il 30% della popolazione spagnola non può sostituire i propri mobili danneggiati o vecchi, il 20,7% non può riscaldare la propria casa in inverno e il 13,6% ha subito ritardi nel pagamento delle spese relative all’abitazione o nell’effettuare acquisti a credito o a rate.

Esistono tuttavia forti differenze tra le regioni, con quelle meridionali che presentano un rischio di povertà doppio rispetto a quelle settentrionali. In alcune comunità autonome, oltre un decimo della popolazione vive in condizioni di grave povertà. Secondo un rapporto  EAPN-ES (European  Anti-Poverty Network España) ciò riguarda l’Andalusia (14,4%), le Isole Canarie (13,2%), la regione di Murcia (11,6%) e l’Estremadura (10,2%). Queste persone vivono in famiglie con un reddito inferiore a 6.725 euro all’anno per unità di consumo (560 euro al mese).

Le Asturie superano la media nazionale con il 9,2% della loro popolazione a rischio di povertà, mentre la Comunità Valenciana ha lo stesso tasso dell’8,9%. Le enclavi spagnole in Marocco  di Ceuta e Melilla, con un tasso poco superiore al 23%, superano di molto la media nazionale in termini di grave povertà, con un divario di oltre 14 punti percentuali. Al contrario, le regioni autonome con la percentuale più bassa di persone in situazione di grave povertà sono i Paesi Baschi 5,2%), la Cantabria (5,1%) e l’Aragona (4,9%).

In termini di reddito familiare, la Spagna è l’unico Paese membro dell’OCSE che registrato il calo maggiore dallo scoppio della pandemia del  COVID nel 2020 e nel terzo trimestre del 2022. Il reddito reale pro capite in Spagna è diminuito del 7,85% tra il quarto trimestre del 2019 e il terzo trimestre del 2022. 

La Spagna soffre anche di un’elevata disoccupazione (11,76%), soprattutto tra i giovani, secondo i dati Eurostat.

Quasi il 30% della popolazione spagnola non può sostituire i propri mobili danneggiati o vecchi, il 20,7% non può riscaldare la propria casa in inverno e il 13,6% ha subito ritardi nel pagamento delle spese relative all’abitazione o nell’effettuare acquisti a credito o a rate. Il rischio di povertà ed esclusione sociale colpisce in particolare i minori di 16 anni.

Un dato più positivo emerso dall’indagine dell’INE è che la percentuale di persone a basso reddito rispetto al totale della popolazione spagnola (48 milioni di persone) è scesa dal 20,4% del 2022 al 20,2% dello scorso anno, mentre la percentuale di popolazione a “bassa intensità occupazionale” (con scarsa attività lavorativa) è scesa dall’8,7% all’8,4% nello stesso periodo.

Altro dato positivo è che il reddito medio pro capite ha raggiunto i 14.082 euro nel 2023, l’8,3% in più rispetto al 2022: l’aumento più consistente degli ultimi anni dopo quello   del 6% del 2022 e la diminuzione dello 0,2% nel 2021.

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