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Portogallo, immigrati quasi raddoppiati in 10 anni

Portogallo, immigrati quasi raddoppiati in 10 anni

K metro 0 – Lisbona – Nel 2013, circa 400 mila stranieri vivevano in Portogallo; alla fine del 2022, erano quasi il doppio: 798.480, corrispondenti al 7,6% della popolazione. In dettaglio, quasi un terzo degli immigrati è brasiliano, mentre 8 su 10 provengono da Paesi non appartenenti all’Unione europea. La maggior parte (62%) sono uomini,

K metro 0 – Lisbona – Nel 2013, circa 400 mila stranieri vivevano in Portogallo; alla fine del 2022, erano quasi il doppio: 798.480, corrispondenti al 7,6% della popolazione. In dettaglio, quasi un terzo degli immigrati è brasiliano, mentre 8 su 10 provengono da Paesi non appartenenti all’Unione europea. La maggior parte (62%) sono uomini, soprattutto giovani, quasi la metà (48,8%) ha ottenuto la cittadinanza portoghese e 2 su 10 hanno vissuto in precedenza in un altro Stato membro. Sono dati diffusi da Pordata (una banca dati gestita dalla Fondazione Francisco Manuel dos Santos) proprio nella “Giornata internazionale dei migranti” ricorsa il 18 dicembre. Ne ha parlato JN.

Visto il calo demografico, la crescita della popolazione dal 2019 è stata possibile solo grazie agli stranieri, con un numero di immigrati che ha triplicato quello degli emigranti in partenza ogni anno. Dal 2008 si è difatti registrato un incremento annuale degli ingressi nel Paese, con l’eccezione del 2010, 2011, 2012 e 2020. Analizzando gli sviluppi dell’ultimo decennio, il Portogallo è stato così il 4° Paese dell’Unione europea con il maggior sviluppo del numero di immigrati.

Il Paese si colloca poi al quarto posto nella classifica della precarietà del lavoro. L’anno scorso, infatti, il tasso di disoccupazione degli stranieri provenienti da Paesi extraeuropei era più che doppio rispetto alla media nazionale (rispettivamente 14,7% e 6,1%). Più di uno su tre aveva contratti temporanei, e quasi un terzo (31%) viveva in condizioni di povertà o esclusione sociale (11 punti percentuali in più rispetto alla popolazione portoghese). Negli ultimi 15 anni, la cittadinanza portoghese è stata concessa a circa un milione di stranieri, residenti o meno in Portogallo, e l’anno scorso il 37% era costituito da discendenti di ebrei sefarditi portoghesi.

Per quanto riguarda i residenti, solo il 3,7% ha ottenuto la cittadinanza nel 2021. Nonostante ciò, il Portogallo si è posizionato ancora una volta al quarto posto tra gli Stati membri che hanno concesso il maggior numero di cittadinanze a stranieri residenti. Nell’istruzione primaria e secondaria, il numero di studenti stranieri è raddoppiato in cinque anni, passando da 49.669 a 1.058.555. Nell’istruzione superiore, l’aumento è stato però meno significativo, ma nei programmi di dottorato un terzo degli iscritti (34%) è straniero. A settembre, poi, più di 57.000 ucraini si trovavano in Portogallo in regime di protezione temporanea. L’Ue ha accolto 4,2 milioni di persone in fuga dalla guerra in Ucraina, di cui più della metà in Germania e Polonia.

Nella Giornata internazionale degli immigrati, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati presenta anche il Libro bianco sui diritti degli immigrati e dei rifugiati in Portogallo – 2023, con un’analisi di tutti gli ostacoli che queste persone incontrano nel processo di accoglienza e integrazione nel paese lusitano.

Carmo Belford, responsabile di JRS Portugal, ha spiegato che il primo capitolo del libro analizza l’applicazione pratica delle modifiche apportate lo scorso anno alla legge sugli stranieri, che lui considera “molto positive”. “Ci siamo resi conto che, però, nella pratica, le cose non corrispondono esattamente a quanto stabilito dalla legge”, aggiungendo che “la maggior parte delle raccomandazioni” formulate dal JRS nel Libro bianco “non riguardano modifiche legislative, ma la messa in pratica della legge”. Secondo Belford, “è questa parte che fallisce, soprattutto nelle politiche pubbliche portoghesi”, citando come esempio il processo di trasferimento delle competenze all’Agenzia per l’integrazione, la migrazione e l’asilo (AIMA), dopo l’estinzione del Servizio stranieri e frontiere (SEF).

L’esperto invoca difatti la “totale digitalizzazione dei processi”, semplificando così il più possibile le procedure in modo che le persone possano accedere ai servizi, sottolineando che “questo livello di burocrazia” e la quantità di viaggi che le persone fanno per regolarizzare la loro situazione non hanno alcun senso.

Ha citato come esempio il caso di coloro che vogliono portare la propria famiglia in Portogallo, rilevando che possono iniziare il processo solo una volta ottenuto il permesso di soggiorno, e che esso può richiedere “un anno e mezzo, due anni di attesa”, poi devono aspettare altri sei mesi per un appuntamento al consolato.

Oltre al problema burocratico, il JRS afferma che resta anche da vedere come verrà assicurato il ruolo di mediazione e facilitazione del processo di integrazione, che prima era nelle mani dell’Alto Commissariato per la Migrazione (ACM). Ha infine chiesto che la legge sull’asilo sia modificata per includere più istituzioni rispetto al solo Consiglio portoghese per i rifugiati, come avviene attualmente, ripensando il modello di accoglienza.

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