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Roma: Bou Habib, Ministro libanese degli Esteri alla SIOI parla di Europa, Italia, pace in Medioriente 

Roma: Bou Habib, Ministro libanese degli Esteri alla SIOI parla di Europa, Italia, pace in Medioriente 

K metro 0 – Roma – La Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale e l’Ambasciata del Libano a Roma  hanno organizzato, nella sede della SIOI, un colloquio con  Abdallah Bou Habib, Ministro libanese degli Affari esteri e degli Emigranti. Alla presenza di rappresentanti del Governo italiano, della stampa, di fondazioni ed enti di ricerca, l’ambasciatore emerito Riccardo Sessa, Presidente della

K metro 0 – Roma – La Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale e l’Ambasciata del Libano a Roma  hanno organizzato, nella sede della SIOI, un colloquio con  Abdallah Bou Habib, Ministro libanese degli Affari esteri e degli Emigranti.

Alla presenza di rappresentanti del Governo italiano, della stampa, di fondazioni ed enti di ricerca, l’ambasciatore emerito Riccardo Sessa, Presidente della SIOI, ha accolto cordialmente il capo della diplomazia libanese ricordando gli stretti rapporti che da sempre, sul piano sia diplomatico che commerciale, esistono tra l’Italia e il Paese dei Cedri: “la cui sicurezza è essenziale per la pace e la stabilità del Medioriente e di tutto il Mediterraneo”. Ringraziando, Habib ha ricordato il forte impegno italiano nelle varie missioni internazionali di pace in Libano dagli anni ’80 in poi, in difesa specialmente della popolazione civile: all’essenziale missione UNIFIL, ha sottolineato il ministro, l’Italia ha partecipato, negli ultimi anni, con più di 1000 militari, e un forte quantitativo di mezzi di trasporto e aerei. “Mentre molto importante è la collaborazione fra l’Italia e il nostro Paese, alle prese con una grave crisi economico-sociale, in campo economico e finanziario: ad esempio per lo sviluppo dell’energia solare, e delle energie rinnovabili in genere”. Sempre in tema economico e ambientale, Habib ha annunciato che entro la fine dell’anno Beirut avvierà l’esplorazione di gas offshore nel Mediterraneo orientale.

Nel suo intervento, Habib si è soffermato sul vertice di Gedda del 19 maggio e sul precedente, preparatorio, summit dei ministri degli esteri dei Paesi arabi al Cairo. Ha informato dell’esistenza di un comitato, formato da cinque Stati – Iraq, Giordania, Arabia Saudita, Egitto e Libano – incaricato di capire come attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU n. 254, sulla riammissione della Siria nella Lega Araba, decisa appunto a Gedda. Il “Libano è stato sempre favorevole al ritorno di Damasco nella Lega araba”, ha proseguito il capo della diplomazia libanese. ”Tuttavia, la Siria, com’è oggi, non è utile ai Paesi vicini. Non solo per la questione dei rifugiati (in Libano, attualmente oltre 2 milioni, N.d.R.), ma anche per il contrabbando di stupefacenti”. Plaudendo comunque al “buon lavoro fatto dai sauditi” per il reintegro della Siria nella Lega araba, il ministro ha aggiunto che, però, su questo terreno non c’è molto da aspettarsi dalla comunità internazionale: perché “la Siria è molto isolata ed è sotto sanzioni, i cui effetti si sono visti durante il terremoto” lo scorso febbraio, e la situazione attuale di Damasco “ha avuto effetti negativi in Libano, Giordania e Turchia”.  

“Molto positivo”, per una maggiore tranquillità di tutta l’area mediorientale, ha definito, però, il ministro l’accordo di normalizzazione delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran, raggiunto a marzo scorso con la mediazione della Cina. Accordo che ha già avuto ampi effetti positivi nello Yemen, in vista d’un pieno superamento del conflitto accesosi anni fa; e che, sempre a giudizio di Habib, potrà averli anche in Libano, specie nei rapporti tra le varie confessioni religiose. Tornando alla questione Siria, il n.1 della diplomazia di Beirut ha definito essenziale che l’Europa, su questo tema, superi le divisioni esistenti al suo interno, in vista d’una posizione unitaria; mentre non ci sono purtroppo progressi nei rapporti tra Occidente e Iran, ma se tra i due proseguirà una trattativa per una possibile distensione, Beirut non mancherà di dare il suo contributo. In Medio Oriente, tuttavia, c’è la “percezione che gli Stati Uniti si stiano ritirando dalla regione, e che l’UE non abbia influenza su di essa”: è molto importante, allora, ha proseguito ancora Habib, che UE ed USA cambino la loro politica verso tutta l’area mediorientale (come già si nota da qualche anno); anche se, in Medioriente, è anzitutto Israele che deve cambiare fortemente linea.

Michele Valensise, Segretario generale emerito del ministero degli Esteri, ha chiesto al ministro Habib una valutazione obbiettiva degli “Accordi di Abramo” conclusi nel 2020, con la mediazione USA, tra Israele ed Emirati Arabi Uniti e tra Israele e Bahrein: prima normalizzazione delle relazioni tra un Paese arabo e Tel Aviv dopo quella con l’Egitto nel 1979 e con la Giordania nel 1994 .”Non siamo assolutamente contrari all’avvio di normali relazioni tra Israele e i Paesi del Golfo”, ha risposto Habib: aggiungendo di non temerne particolari conseguenze negative per i palestinesi. “Per i quali, anzi, il fatto che si normalizzi la complessiva situazione della penisola arabica potrebbe tradursi anche in una spinta a impegnarsi per nuove soluzioni al loro problema nazionale, che persiste da troppo tempo”. Promettente, poi, hanno sottolineato sia Habib che Valensise, potrebbe essere, in questo campo, anche il nuovo impegno del Vaticano (che già si stava occupando dei rifugiati siriani in Libano e in Giordania).

In ultimo, il Presidente SIOI Riccardo Sessa ha voluto richiamare l’attenzione di tutti sulla posizione centrale dell’Europa – che attualmente attraversa una delle più gravi crisi della sua storia – nell’impegno per la soluzione dei tanti problemi del Medioriente, più complessi che altrove anche per il forte ruolo che da sempre vi ricoprono le varie religioni. “Ma attenzione”, ha concluso Sessa: perché non vorremmo proprio che l’Europa, anche se riuscisse a risolvere la crisi russo-ucraina, in futuro dovesse trovarsi, per vivere più tranquillamente, a dover rinunciare alla sicurezza nel Mediterraneo in cambio di quella al Nord e nell’ Atlantico”.

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