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Covid, studio svela chi sono le persone meno contagiose

K metro 0 – Adnkronos – California – Un nuovo studio dagli Usa conferma le doti protettive della cosiddetta ‘immunità ibrida‘ e il valore aggiunto garantito dalla vaccinazione Covid all’immunità naturale: le persone che hanno alle spalle sia un’infezione da Sars-CoV-2 pregressa che un vaccino recente hanno il 40% di probabilità in meno di trasmettere il virus.

K metro 0 – Adnkronos – California – Un nuovo studio dagli Usa conferma le doti protettive della cosiddetta ‘immunità ibrida‘ e il valore aggiunto garantito dalla vaccinazione Covid all’immunità naturale: le persone che hanno alle spalle sia un’infezione da Sars-CoV-2 pregressa che un vaccino recente hanno il 40% di probabilità in meno di trasmettere il virus. E’ uno dei principali risultati emersi da un lavoro condotto nelle carceri della California e pubblicato su ‘Nature Medicine’. Gli autori hanno rilevato che recenti vaccinazioni e richiami riducono l’infettività, anche se – ammettono – il rischio di infezione rimane elevato. In particolare quello che è stato osservato durante la prima ondata Omicron è che, quando la vaccinazione e il booster erano fatti di recente, contribuivano a limitare la diffusione di Covid all’interno degli istituti di pena esaminati. L’analisi è stata condotta da ricercatori dell’University of California San Francisco, che hanno esaminato il contagio fra persone che vivono nella stessa cella.

Lo studio dimostra i benefici della vaccinazione e dei richiami nel ridurre la trasmissione, anche in contesti in cui molte persone si stanno ancora infettando. E mostra gli effetti cumulativi del booster e la protezione aggiuntiva che la vaccinazione dà a chi si è anche infettato in precedenza. La probabilità di trasmissione risulta diminuita dell’11% per ogni dose aggiuntiva. “Molti dei benefici dei vaccini nel ridurre l’infettività erano collegati a persone sottoposte a richiami o vaccinate di recente”, ha spiegato Nathan Lo, ricercatore dell’Ucsf e autore senior dello studio.

Gli scienziati hanno analizzato i dati deidentificati raccolti dal California Department of Corrections and Rehabilitation (Cdcr): esito dei test Covid, stato vaccinale, collocazione degli alloggi per 111.687 residenti in penitenziari, il 97% dei quali maschi, tra il 15 dicembre 2021 e il 20 maggio 2022. Le infezioni ‘breakthrough’, cioè in soggetti vaccinati, erano comuni, nonostante il tasso di vaccinazione relativamente alto dei residenti, 81% con i cicli primari. Ma il tasso di malattie gravi era basso. In poco più di cinque mesi, ci sono state 22.334 infezioni confermate da Omicron, 31 ricoveri e nessun decesso Covid. I vaccinati contagiati avevano una probabilità significativamente inferiore di trasmettere il virus: 28% contro 36% dei non vaccinati. Ma la probabilità di trasmissione è aumentata del 6% per ogni 5 settimane trascorse dall’ultima vaccinazione.

Anche l’immunità naturale ottenuta da una precedente infezione aveva un effetto protettivo e il rischio di trasmettere il virus era del 23% per chi aveva una reinfezione rispetto al 33% per chi non era mai stato infettato. I carcerati con immunità ‘ibrida’, da infezione pregressa e vaccinazione, avevano il 40% in meno di probabilità di trasmettere il virus. La metà di questa protezione proveniva dall’immunità che si acquisisce combattendo l’infezione e l’altra metà dalla vaccinazione, stimano gli autori.

I ricercatori si sono detti gratificati nel vedere che la vaccinazione conferisce una protezione aggiuntiva anche a chi si è già infettato con Covid, ma sono rimasti sorpresi da quanto l’infezione abbia continuato a diffondersi, nonostante i tassi di vaccinazione relativamente alti dei carcerati. “Indipendentemente dai benefici che si vedono nella vaccinazione e nell’infezione precedente, c’è ancora un’elevata quantità di trasmissione in questo studio”, ha detto Sophia Tan, ricercatrice nel laboratorio di Lo e prima autrice dello studio. “Speriamo che questi risultati possano supportare gli sforzi in corso per proteggere questa popolazione vulnerabile”.

Ciò include compiere sforzi per mantenere la popolazione carceraria aggiornata con i richiami e aumentare il tasso di vaccinazione del personale che opera negli istituti di pena, solo il 73% dei quali aveva ricevuto la serie primaria al momento dello studio. Anche il tasso generale di richiami vaccinali potrebbe essere migliorato, fanno notare gli autori, visto che al momento della ricerca solo il 59% dei carcerati e il 41% del personale avevano ricevuto tutte le dosi raccomandate dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), in base a età e stato di salute. “Entro i due mesi successivi alla vaccinazione, le persone sono le meno contagiose, il che indica che i richiami e le grandi campagne di vaccinazione anti-Covid possono avere un ruolo nel ridurre la trasmissione nei picchi”, ha concluso Lo. “Sono necessarie nuove idee poiché il rischio di infezione in questa popolazione vulnerabile rimane molto elevato”.

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