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Il ballo del mattone mette in allarme la Banca centrale europea

Il ballo del mattone mette in allarme la Banca centrale europea

K metro 0 – Roma – L’European Systemic Risk Board (ERSB), l’agenzia per il rischio sistemico della BCE, è categorica: l’Europa è sull’orlo di una nuova e devastante bolla immobiliare. Lo scrive nel suo ultimo rapporto consegnato ai vertici degli istituti finanziari dei 28 Paesi, invitandoli a prendere provvedimenti per attenuare il rischio ormai conclamato.

K metro 0 – Roma – L’European Systemic Risk Board (ERSB), l’agenzia per il rischio sistemico della BCE, è categorica: l’Europa è sull’orlo di una nuova e devastante bolla immobiliare. Lo scrive nel suo ultimo rapporto consegnato ai vertici degli istituti finanziari dei 28 Paesi, invitandoli a prendere provvedimenti per attenuare il rischio ormai conclamato. Poche settimane dopo il grido di allarme dell’agenzia europea, anche la svizzera UBS solleva identiche previsioni destinate ai propri investitori: “Il picco potrebbe essere vicino e per le città più sopravvalutate –Monaco di Baviera, Amsterdam, Francoforte e Parigi insieme alle canadesi Toronto e Vancouver e a Hong Kong – sarebbero ormai in territorio bolla”.

Grida nel deserto. I mercati del mattone continuano la corsa pazza, anche se sono ormai evidenti crepe e forti tensioni interne. Città dove il valore delle case cresce a due cifre e aree in forte contrazione.

Nel lungo studio dell’agenzia europea si prendono in considerazione fattori globali e dinamiche locali, aspetti sociali e forze finanziarie. Un quadro destinato agli specialisti. Tralasciando tabelle e sofisticate analisi, si può comprendere il quadro della situazione partendo da alcuni esempi.

Guardiamo quel che accade a Milano, Roma e Berlino.

L’Istat certifica che in Italia ci sono 31 milioni di abitazioni e un quinto di esse, circa 7 milioni, sono vuote o abbandonate. Il tutto mentre si continua a costruire al ritmo di due metri quadrati al secondo, 14 ettari al giorno nel 2018, soprattutto a Roma e Milano.

Paolo Berdini, urbanista di fama ed ex assessore all’urbanistica della giunta capitolina Raggi (si dimise in polemica sullo stadio) scrive a proposito di Milano: “Si stanno rimettendo in moto le trasformazioni bloccate dalla crisi del 2008 perché il posto degli operatori immobiliari è stato preso da fondi sovrani e immobiliari”. Porta alcuni esempi: “Nel quartiere di Santa Giulia, il ruolo di guida di Luigi Zunino è stato rilevato dal fondo Lendlease, gruppo australiano. A Porta Vittoria, il fondo statunitense York Capital ha sostituito Danilo Coppola. La sede di Unicredit, inaugurata di recente nel nuovo quartiere di Porta Nuova, è stata acquistata dal fondo cinese Fosum. Nel quartiere Sei di Milano, opera il fondo statunitense Varde, mentre sempre a Porta Nuova sta per essere concluso il quartiere residenziale da China Investment. Anche le Ferrovie dello Stato hanno progetti per cementificare le immense aree degli scali ferroviari a nord della città. Infine, lo storico edificio delle Poste Italiane di piazza Cordusio è stato acquistato da Starbucks di proprietà del fondo Blackstone”. Conclude Paolo Berdini: “Il Sole 24Ore ha calcolato che nel decennio 2019 – 2029 i fondi dell’economia globale investiranno a Milano dieci miliardi di euro, una cifra immensa che avrà certo l’effetto di tenere alti i valori immobiliari urbani e, in quota molto più modesta, potranno avere effetti sull’intera economia cittadina”.

Sono dinamiche affatto differenti a quelle romane. Nella Capitale un’importante società ha ottenuto la possibilità di trasformare in residenze la storica sede di piazza Albania, all’interno delle mura Aureliane, a pochi passi dalla Piramide Cestia. I prezzi di vendita immobiliare si sono attestati sulla cifra di 10mila euro al metro quadrato mentre nella lontana periferia romana i valori di vendita superano raramente i mille euro a metro quadrato. Una forbice di uno a dieci, identica all’aumento delle disuguaglianze dimostrata da tutte le statistiche sociali.

A Milano la popolazione è ferma a 1.400.000 abitanti mentre continua l’espulsione nell’hinterland delle fasce di popolazione che non possono permettersi di prendere casa in centro. Anche a Roma la popolazione non cresce mentre si svuotano le zone centrali e quelle pregiate.

Ora diamo un’occhiata a quello che accade, invece, nel cuore pulsante della Germania, a Berlino.

La popolazione cresce, la città – scrive Paolo Maggiolaro sul sito specializzato Valori – è una calamita per i giovani. Il numero totale degli abitanti della città è arrivato a 3,6milioni nel 2017: oltre 200mila in più rispetto al 2008. “I tedeschi, tradizionalmente poco propensi all’acquisto di immobili (solo il 52% della popolazione vive in case di proprietà contro il 72% degli italiani) si stanno per forza di cose appassionando al mattone mentre, negli ultimi anni, sono calati con rapacità su Berlino colossi immobiliari nazionali, ma anche spagnoli, israeliani o britannici alla ricerca di guadagni rapidi e a doppia cifra. Le conseguenze sono sotto gli occhi: il prezzo medio al metro quadro di un’abitazione in città è passato dai 2.079 euro del 2011 ai 4.368 euroattuali, con una crescita del 110% in soli 7 anni”.

Il governo rosso-verde della città-regione (socialdemocratici, sinistra e verdi), insediatosi a fine 2016, non poteva stare a guardare. Tantomeno la senatrice (assessore) per lo sviluppo urbano e gli alloggi Katrin Lompscher, della Linke (sinistra). «Berlino non può diventare come Londra, Parigi o New York, nei cui centri le persone con un reddito medio non riescono più a trovare un appartamento, dove i caffè si susseguono accanto alle boutique della moda e solo le grandi aziende possono pagare affitti stellari per gli uffici, o dove le poche unità abitative rimaste sono mantenute vuote, come oggetti di speculazione».

Un rapido sguardo alle altre città europee conferma che la forbice tra immobili di lusso e quelli popolari si sta allargando. Sembra che ricalchi il grafico che disegna gli squilibri del reddito, quella dinamica della diseguaglianza globale che sta spaventando le stesse élite. A Parigi i valori sono cresciuto del 5% in un anno rispetto a un calo o alla stagnazione nelle altre città francesi. A Madrid e Barcellona i prezzi hanno registrato un balzo del 30% in meno di quattro anni.

L’elenco dei Paesi a rischio bolla, compilato dall’agenzia europea è lungo: al vertice si collocano Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Svezia e Norvegia. La lista dei vulnerabili comprende poi Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Islanda, Malta, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito.

Insomma, il mattone non è più un investimento sicuro e, anzi, rischia di tradire la storica fiducia degli investitori. D’altra parte – ricordano gli analisti – la grande crisi del 2008 negli Stati Uniti iniziò proprio dai mutui immobiliari.

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Andrea Lazzeri
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