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Ue. Ricalibrate le stime di crescita dei Paesi dell’Eurozona

Ue. Ricalibrate le stime di crescita dei Paesi dell’Eurozona

K metro 0 – Bruxelles – L’Unione europea ha dichiarato nella giornata di mercoledì di aver ricalibrato le stime della crescita economica per il prossimo anno. Il motivo sarebbe da ricercare nelle tensioni commerciali globali in corso, che pesano sulle esportazioni del settore manifatturiero dell’Unione. La commissione esecutiva dell’Ue ha ribassato le previsioni sia per

K metro 0 – Bruxelles – L’Unione europea ha dichiarato nella giornata di mercoledì di aver ricalibrato le stime della crescita economica per il prossimo anno. Il motivo sarebbe da ricercare nelle tensioni commerciali globali in corso, che pesano sulle esportazioni del settore manifatturiero dell’Unione.

La commissione esecutiva dell’Ue ha ribassato le previsioni sia per quanto riguarda i 19 Paesi dell’eurozona sia i 27 rimanenti del blocco, dopo l’uscita del Regno Unito che dovrebbe avvenire alla fine di ottobre. L’eurozona dovrebbe passare dall’1,2% attuale all’1,4% nel 2020, mentre la precedente stima prometteva un 1,5%. Per quanto riguarda l’Unione europea, invece, la crescita dovrebbe assestarsi sull’1,6% quest’anno, aumentando di uno 0,2 percentuale. La previsione precedente parlava di un 1,7%. Il commissario europeo per gli affari economici, Pierre Moscovici, ha sottolineato i rischi provenienti dalle “tensioni commerciali in aumento”. “Un paio di settori sono in difficoltà, soprattutto quello manifatturiero”, ha spiegato Moscovici illustrando le nuove stime. La crescita, ha evidenziato, è stata supportata da un robusto mercato del lavoro, ma c’è ancora il rischio che l’economia possa far peggio di quanto previsto, se dovessero ad esempio aumentare ancora gli attriti commerciali. Il governo americano ha imposto sanzioni a diversi Paesi, anche dell’Unione europea, tra cui la Cina. Le schermaglie tra le due superpotenze hanno pesato sul sentimento d’impresa in tutto il mondo e hanno colpito le realtà che producono e vendono all’interno di quei mercati.

Un resoconto della Transition Pathway Initiative, pubblicato mercoledì, ha inoltre svelato che molte compagnie provenienti dall’industria ad alte emissioni non stanno facendo abbastanza per rispondere ai cambiamenti climatici. Nel report sono state analizzate 274 aziende del settore automobilistico, metallurgico e minerario. La conclusione è che molte di esse, quasi la metà, non prendono in considerazione i rischi dei cambiamenti climatici quando è il momento di prendere decisioni imprenditoriali. Un quarto delle compagnie nella lista non esegue neanche il resoconto delle emissioni di gas serra. Tra le altre cose, su 160 di esse, solo una su otto sta cercando di seguire i dettami dell’accordo sul clima di Parigi del 2015, l’obiettivo del quale era mantenere il riscaldamento globale sotto i due gradi entro la fine del secolo, prendendo come paragone il periodo preindustriale. Queste le parole di Simon Dietz, professore della London School Economics che ha lavorato allo studio: “In generale ci sono più progressi che passi indietro, ma la maggior parte delle compagnie non sta andando avanti”. La ricerca, oltre ad esaminare i documenti delle compagnie riguardanti l’emissione di gas serra, ha analizzato come l’impresa si comporti nel dare una risposta ai cambiamenti climatici. Le aziende del settore minerario e di quello petrolifero sono quelle che fanno più attenzione a scegliere le strategie giuste, tenendo in considerazione il riscaldamento globale e come possa influire sul buon andamento degli affari.

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