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Corte di Strasburgo, condanna Francia e Grecia per violazioni della Convenzione europea sui diritti umani

Corte di Strasburgo, condanna Francia e Grecia per violazioni della Convenzione europea sui diritti umani

K metro 0 – Parigi – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato le autorità francesi per non aver protetto e fornito assistenza ad un minore immigrato non accompagnato di 12 anni, abbandonato per sei mesi nella degradante baraccopoli di Calais. La Francia dovrà ora pagare una multa di 15.000 euro. Il caso riguarda

K metro 0 – Parigi – La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato le autorità francesi per non aver protetto e fornito assistenza ad un minore immigrato non accompagnato di 12 anni, abbandonato per sei mesi nella degradante baraccopoli di Calais. La Francia dovrà ora pagare una multa di 15.000 euro.

Il caso riguarda Jamil Khan, un giovane afgano nato nel 2004, che ha attraversato la Manica nel 2016 e che ora vive a Birmingham, nel Regno Unito. Secondo la Corte di Strasburgo il governo francese ha violato l’art. 3 della Convenzione europea sui diritti umani, che proibisce la tortura e il trattamento disumano e degradante. “Il ricorrente ha vissuto per diversi mesi nella baraccopoli lande de Calais in un ambiente completamente inadatto alla sua condizione di bambino e in una situazione di insicurezza inaccettabile per la sua giovane età” si legge nella sentenza.

I fatti risalgono al 2016, quando una ONG, che si occupa di minori non accompagnati in Francia, depositò presso il giudice dei minori una domanda di autorizzazione provvisoria a favore di Jamil Khan. Il giovane, di conseguenza collocato presso il Dipartimento per l’infanzia e la famiglia di Calais, denunciò però di non essere mai stato assistito dalle istituzioni francesi. Quando il dibattito esplose, il governo francese si giustificò dicendo che i servizi sociali non avrebbero avuto più notizie del minore dalla ONG coinvolta.

Così, a marzo dello stesso anno venne presentato il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, dopo che, a causa dell’inizio dello sgombero del campo profughi di Calais, 15 minori non accompagnati, tra cui Jamil Khan, e due ONG fecero richiesta di applicazione dell’art. 39 del Regolamento della Corte Europea. Con questa norma, relativa alle misure provvisorie, si chiese allo Stato francese un’indicazione dettagliata sulle azioni da adottare per tutti gli sfollati. Di conseguenza, la Corte ordinò al governo di fornire assistenza ai minori; assistenza che tuttavia non è mai giunta.

La “Giungla”, così come la baraccopoli di Calais viene definita dalla stampa francese, ha per anni ospitato, in condizioni di sovraffollamento e senza nemmeno le essenziali misure igienico-sanitarie, fino a 10.000 richiedenti asilo, che speravano di raggiungere il Regno Unito. Dopo lo sgombero lo stato francese è spartito, nonostante le sollecitazioni del Consiglio di Stato e anche le Nazioni Unite in un rapporto hanno denunciato che i migranti disponevano di “un accesso limitato all’acqua potabile, alle docce e ad altri dispositivi igienico-sanitari”.

Nella sentenza emanata giovedì scorso, quindi, la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che il governo francese non abbia rispettato l’ordine dato precedentemente dal tribunale per garantire la protezione del giovane: è stata violata la Dichiarazione universale dei diritti umani.  La decisione giunge tra le polemiche per la proposta francese di un database di minori non accompagnati, il cui numero è sempre crescente. La cifra è, infatti, triplicata a partire dal 2015 e oggi si aggira intorno a 17.000 persone. L’ufficio francese per la protezione dei rifugiati e degli apolidi ha dichiarato, tuttavia, che queste cifre non sono reali, in quanto la maggior parte dei migranti dichiara di essere minorenne per ottenere aiuti speciali dallo stato e protezione dai governi locali. Per questo, il mese scorso, il governo francese ha emanato un decreto per la creazione di una banca dati nazionale dei migranti che hanno già ottenuto sussidi, compresa di foto e impronte digitali. Poiché si teme che questo sistema possa non rispettare la tutela della privacy e incoraggiare le autorità a respingere i giovani migranti, l’UNICEF e altri gruppi per i diritti umani si sono opposti presentando una denuncia al Consiglio di Stato.

A fare compagnia alla Francia è la Grecia, condannata per un caso analogo avvenuto sempre nel 2016. La Corte di Strasburgo ha ordinato ad Atene di risarcire con una somma di 4.000 euro per ciascuno dei nove minori non accompagnati, sei dei quali cittadini siriani, che sono stati trattenuti per varie settimane nelle celle di sicurezza al confine o nelle stazioni di polizia di frontiera. I minori in questione avevano all’epoca tra i 14 e 16 anni ed erano arrivati in Francia poco prima dell’accordo tra la Turchia e l’Unione Europea. Le stazioni di polizia, dunque, “non sono dei luoghi in cui si possono detenere le persone per più giorni” ha sottolineato la Corte nella sentenza. Inoltre, la mancanza di determinati servizi e il non poter uscire all’aria aperta sono aggravanti nel caso si tratti di minori: già nel 2017 il comitato anti-tortura del Consiglio d’Europa aveva definito “inaccettabile” la loro detenzione nelle stazioni di polizia.

I diritti dei minori devono essere sempre rispettati e tutelati e ciò vale ancor di più quando si parla di stranieri non accompagnati, che hanno intrapreso un viaggio difficile e sono in uno stato psicologico alquanto delicato.

 

di Mara Di Fuccia

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