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Spagna verso elezioni anticipate?

Spagna verso elezioni anticipate?

K metro 0 – Il Parlamento spagnolo ha rigettato la Finanziaria 2019 proposta dal governo socialista di Pedro Sanchez. Così la Spagna andrà alle elezioni anticipate. Dunque, bocciata la finanziaria in Spagna, caduto il governo socialista di Pedro Sanchez, si profila lo spettro delle elezioni anticipate, complice la questione irrisolta delle spinte separatiste in Catalogna. L’esito negativo ha già messo

K metro 0 – Il Parlamento spagnolo ha rigettato la Finanziaria 2019 proposta dal governo socialista di Pedro Sanchez. Così la Spagna andrà alle elezioni anticipate.

Dunque, bocciata la finanziaria in Spagna, caduto il governo socialista di Pedro Sanchez, si profila lo spettro delle elezioni anticipate, complice la questione irrisolta delle spinte separatiste in Catalogna. L’esito negativo ha già messo in moto la corsa alle urne.

La portavoce socialista alla Camera ha fatto sapere: “Si tratta di una crisi annunciata, dopo il rifiuto dell’esecutivo socialista di negoziare l’autodeterminazione della Catalogna e l’ingerenza politica nel processo giudiziario contro i leader indipendentisti davanti al Tribunale Supremo”.

Vani sono stati i tentativi del Psoe, di Podemos e dei nazionalisti baschi per salvare l’iter della legge di bilancio, sbarrato sul nascere da emendamenti presentati da Erc, PdeCat, oltre che dal Pp, Ciudadanos, Foro Asturias e Coalicin Canaria.

La legge Finanziaria 2019 prevedeva l’aumento della spesa sociale, la rivalutazione delle pensioni, il salario minimo interprofessionale a 900 euro e il piano da 3 miliardi per il lavoro giovanile. Neanche l’aumento del 52% degli investimenti in Catalogna (pari a oltre 2 miliardi) è bastato a persuadere gli indipendentisti.

Il ministro delle Finanze, Maria Jesus Montero, ha osservato: “Si sono uniti nel voto al blocco di destra che chiede il commissariamento sine die della Catalogna, per non fare avanzare il Paese”.

Il leader dei popolari, Pablo Casado, ha detto: “Elezioni quanto prima per frenare il degrado economico e il discredito internazionale provocato dal negoziato con i secessionisti”.  Per Ciudadanos: “In Spagna non può continuare l’agonia di una legislatura nata morta. Bisogna andare alle urne”.

La concomitanza del voto sulla Finanziaria con l’inizio del processo in Corte Suprema per i leader accusati di ribellione dopo il referendum del 2017 e i disordini a Barcellona hanno vanificato i tentativi di mantenere in piedi il governo Sanchez fino al prossimo autunno, con soli 84 deputati su 350, doppiando il voto europeo, regionale e municipale del 26 maggio. Almeno 45mila persone avevano manifestato nella capitale spagnola l’altro ieri per chiedere le dimissioni del premier, considerato un traditore per come ha gestito la partita con i separatisti catalani.

Le immagini degli imputati alla sbarra, molti dei quali già europarlamentari o comunque politici di lungo corso, accusati di ribellione, appropriazione indebita e disobbedienza per il loro ruolo nel referendum del 2017 hanno fatto il giro del mondo. Per loro si ipotizzano condanne dai 7 ai 25 anni di carcere, anche se i difensori hanno già contestato la competenza della Corte e sollevato diverse eccezioni gridando al processo politico e preannunciando un ricorso al Tribunale europeo per i diritti umani. Ad infiammare le ragioni degli indipendentisti anche le parole del leader in esilio Carles Puidgemont che in una conferenza stampa a Berlino ha parlato del processo come di uno ‘stress test’ per la democrazia spagnola chiamando l’Europa a far sentire “una voce chiara” in difesa dei diritti umani a suo giudizio violati.

Per respingere la Finanziaria anti-austerity della sinistra, sono stati decisivi i partiti nazionalisti catalani che chiedevano di poter votare per la secessione in un nuovo referendum e, non avendo ottenuto da Sanchez alcuna apertura, hanno negato il loro appoggio. Salvo ripensamenti o nuovi accordi, in questo momento impensabili, i cittadini spagnoli saranno chiamati a votare già in aprile: il 14 aprile sarebbe la prima data possibile ma, secondo fonti vicine alla Moncloa, la data più probabile sarebbe il 28 aprile, mentre resta possibile la scelta del 26 maggio, la stessa domenica delle elezioni europee.

Sanchez, a capo di un governo di minoranza, aveva messo a punto una legge di bilancio anti-austerity assieme alla sinistra radicale di Podemos affidandosi in Parlamento ai voti dei secessionisti catalani, che si erano uniti alla sinistra nello sfiduciare il governo conservatore di Mariano Rajoy solo otto mesi fa. Ma solo 158 parlamentari sui 350 totali della Camera bassa hanno votato a favore della Finanziaria, 191 sono stati invece i contrari, con un’astensione.

Dopo la votazione in Parlamento, il ministro del Tesoro, Maria Jesus Montero, ha attaccato duramente i partiti separatisti catalani e l’opposizione: “Questo governo è sempre stato aperto al dialogo all’interno delle leggi spagnole. Ma è ovvio che questo dialogo deve avere dei limiti. Abbiamo ripetuto la stessa cosa fin dall’inizio. Non metteremo mai un referendum sull’autodeterminazione della Catalogna nella nostra agenda”.

I mercati finanziari hanno reagito con freddezza di fronte alla nuova fase di incertezza politica che si sta aprendo: l’Ibex è rimasto stabile mentre lo spread dei bonos decennali si è allargato di cinque punti rispetto ai titoli tedeschi di uguale durata, con i rendimenti in leggero aumento all’1,28 per cento.

Secondo Jean-Christophe Machado di Natixis, gli investitori non sono preoccupati per la Spagna ma per gli sviluppi della Brexit e per le vicende politiche che riguardano l’Italia.  Il fatto che l’Italia sia in una brutta posizione ha dato una spinta alla Spagna. Machado ha spiegato: “Se vuoi diversificare vai sulla Spagna. Il bond spagnolo ha dimostrato fino a qui di resistere al contagio dei rendimenti italiani in crescita”.

Joao Almeida, economista di Morgan Stanley, ha detto: “La volatilità sui mercati potrebbe aumentare ma i sondaggi continuano a indicare che i grandi partiti continueranno a governare la Spagna. E questo ci suggerisce che lo scenario politico non cambierà in modo significativo e che l’economia potrebbe essere nuovamente in grado di scrollarsi di dosso le difficoltà dovute a una maggiore incertezza politica, confermando per la Spagna una crescita più sostenuta rispetto all’area dell’euro”.

Nella campagna elettorale, i temi economici e sociali si intrecceranno con la questione catalana. E il processo penale ai leader del fronte indipendentista che si è aperto mercoledì a Madrid è destinato ad alimentare le tensioni nel Paese.

Secondo gli ultimi sondaggi elettorali realizzati dal Cis, i Socialisti di Sanchez raccoglierebbero il 29,9% dei consensi ma pur essendo il primo partito difficilmente potrebbero mettere assieme una coalizione di maggioranza in Parlamento con Podemos. Le destre, dai Popolari a Ciudadanos al partito xenofobo Vox, pur lontane dal 50% dei consensi, hanno già dimostrato in Andalusia di sapersi unire per governare. Il leader dei popolari, Pablo Casado, ha detto: “Ora è finalmente chiaro che siamo arrivati al termine di una lunga agonia, gli spagnoli chiedono di votare, la Spagna ha bisogno di un governo migliore, il prima possibile”. Mentre gli indipendentisti catalani che ieri hanno affossato il governo Sanchez, fino ad ora hanno dimostrato di preferire lo scontro continuo con Madrid.  Quindi anche la destra potrebbe andare al governo facendo un compromesso politico con la sinistra.

Anche Sanchez vorrebbe andare al voto al più presto per presentarsi agli elettori rivendicando una manovra Finanziaria anti-austerity che è stata bocciata dalle opposizioni ma che conteneva numerose misure di redistribuzione del reddito: dall’aumento del salario minimo del 22%, alle pensioni legate all’inflazione; dalle tasse sui gradi patrimoni e sui redditi più alti, a quelle per i big di internet e le transazioni finanziarie; dal diritto alla casa a nuove regole per il mercato del lavoro.  Inoltre, Sanchez ha un altro grande alleato nella crescita economica: il Pil spagnolo anche nel 2019, nonostante la crisi di governo, dovrebbe crescere più del 2 per cento.

Il futuro della Spagna è tornato nelle mani degli spagnoli e del voto che esprimeranno.

 

 

di Salvatore Rondello

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