Spagna: Peste suina in Catalogna a trent’anni dalla sua eradicazione

Spagna: Peste suina in Catalogna a trent’anni dalla sua eradicazione

K metro 0 – Madrid – Dal 1994 non c’era stato più un solo caso in Catalogna. Ora la Spagna torna ad avere casi di peste suina africana. A fine novembre, infatti, è stato rilevato un focolaio nella sierra di Collserola (Barcellona), dove sono stati individuati 14 cinghiali morti, costringendo la Generalitat (il governo catalano)

K metro 0 – Madrid – Dal 1994 non c’era stato più un solo caso in Catalogna. Ora la Spagna torna ad avere casi di peste suina africana. A fine novembre, infatti, è stato rilevato un focolaio nella sierra di Collserola (Barcellona), dove sono stati individuati 14 cinghiali morti, costringendo la Generalitat (il governo catalano) a imporre restrizioni per evitarne la diffusione e a richiedere l’aiuto dell’unità di sorveglianza venatoria dell’Unità Militare di Emergenza (UME).

La peste suina africana è una malattia mortale molto contagiosa tra i suini e i cinghiali, ma non rappresenta alcun pericolo per gli esseri umani, né per contatto né per ingestione. “L’animale smette di mangiare, presenta sintomi febbrili e in molti casi finisce per morire”, ha spiegato a TVE il direttore del gruppo di Neurovirologia dell’Università Autonoma di Madrid, José Antonio López Guerrero. “Tra i suini e gli animali infetti si trasmette da uno all’altro”, precisa l’esperto.

Tra le ipotesi prese in considerazione per il contagio, potrebbe trattarsi dello spostamento dei cinghiali selvatici, dell’ingestione da parte degli stessi di qualche prodotto che ha scatenato la malattia o dell’introduzione di cinghiali nelle zone in cui si è verificato l’episodio per l’allevamento.

Il consigliere per l’Agricoltura, l’Allevamento, la Pesca e l’Alimentazione della Generalitat, Òscar Ordeig, ha affermato che ritiene “alta” la probabilità che l’origine della ricomparsa della peste suina africana (PPA) dal 1994 in Catalogna sia da ricercarsi in un salume contaminato ingerito da un cinghiale, dopo che venerdì 28 novembre sono stati annunciati due casi positivi in cinghiali morti.

Un’altra ipotesi dell’esperto è che sia stata causata “da parte di qualcuno che ha portato questi prodotti da altre parti d’Europa”. I materiali vegetali e i salumi sono una delle principali restrizioni negli aeroporti e alle frontiere perché sono una fonte di contagio di malattie e parassiti”, ha ricordato.

Lunedì 1° dicembre anche la Commissione Europea (CE) ha chiesto alla Spagna di applicare le misure previste dalla legislazione europea per frenare l’epidemia. “Abbiamo ricevuto una notifica sull’epidemia in Catalogna”, ha dichiarato la portavoce dell’Unione Europea Eva Hrncirova durante la conferenza stampa quotidiana. In risposta, la CE ha annunciato che martedì 2 dicembre avrebbe inviato veterinari europei in Catalogna per fornire consulenza alle autorità.

Per la CE, per ora è necessario “agire, adottare misure, istituire zone di controllo degli animali e adottare misure nelle aziende agricole perché l’epidemia può diffondersi facilmente”, secondo quanto riferito da queste fonti a RTVE.

Finora Taiwan, Messico e Cina hanno bloccato le importazioni di carne suina dalla Spagna, e in particolare dalla Catalogna. Dal 2007 l’afta epizootica ha colpito più di 50 paesi in Africa, Europa, America e Asia.

Al momento non esistono vaccini. Nell’Unione Europea, la malattia è classificata nella categoria A, pertanto gli Stati membri devono adottare misure specifiche per controllarla ed eradicarla il prima possibile nelle zone colpite.

È purtroppo presente anche in 14 paesi dell’Ue, introdotta in Russia dalla regione del Caucaso nel 2007. All’inizio ha colpito paesi vicini come l’Ucraina e la Bielorussia, poi ha continuato a diffondersi lentamente sempre più a ovest. D’altra parte, in Sardegna la malattia è endemica dal 1978, anno della sua introduzione.

Nel caso della Spagna, è, invece, la prima volta che viene rilevata dal 1994. “È stata eradicata grazie a una sorveglianza estrema negli allevamenti suini, con la macellazione di milioni di capi”, ricorda il professore dell’UAM.

Il focolaio di peste suina ha spinto così la Generalitat della Catalogna a creare un perimetro di sei chilometri intorno al luogo in cui sono stati trovati gli animali, al quale è stato vietato l’accesso tranne che ai residenti, e un secondo perimetro di 20 chilometri, nel quale sono state impedite le attività organizzate all’aperto, come le escursioni a piedi o in bicicletta.

Le restrizioni riguardano un totale di 76 comuni e comprendono la catena montuosa di Collserola, e l’area corrispondente al comune di Barcellona. In questa zona infetta sono stati chiusi tutti gli accessi all’ambiente naturale, vietate le attività di caccia e i lavori forestali; il perimetro è stato blindato con barriere fisiche e chimiche e sono state installate trappole per cinghiali. Proibita qualsiasi attività in zona rurale per motivi di biosicurezza.

La seconda area, di 20 chilometri, comprende 64 comuni corrispondenti alle regioni catalane di Alt Penedès, Anoia, Bages, Baix Llobregat, Barcelonès, Maresme, Vallès Occidental e Vallès Oriental.

Intanto il ministro dell’Agricoltura, della Pesca e dell’Alimentazione, Luis Planas, ha assicurato che l’approvvigionamento di carne suina “è garantito” e che “non sussiste alcuna possibilità di trasmissione o contagio” per gli esseri umani.

L’attenzione è ora rivolta alle ripercussioni sull’economia, al settore suino, che rappresenta il 40% della produzione finale zootecnica e il 17% della produzione finale agricola. Inoltre, la Spagna è il primo produttore dell’Unione Europea e il terzo al mondo, dopo Cina e Stati Uniti.

Degli 8 miliardi di euro di esportazioni di questo settore, 5,1 sono destinati all’UE e non sono interessati dal caso verificatosi a Barcellona. Tuttavia, altri 3,7 miliardi sono esportati verso paesi terzi, dove la Cina gioca un ruolo importante con 1,1 miliardi, e il governo mantiene un allarme per l’impatto che potrebbe avere la ricomparsa di casi di prodotti suini.

San/redazione

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