K metro 0 – Roma – Dal 7 ottobre 2023 a oggi, Gaza è diventata un vero e proprio cimitero dell’informazione. Almeno 246 giornalisti palestinesi sono stati uccisi sotto i bombardamenti israeliani: un numero mai visto prima, il più alto mai registrato in un conflitto moderno. Non sono caduti per caso: non vittime collaterali, ma
K metro 0 – Roma – Dal 7 ottobre 2023 a oggi, Gaza è diventata un vero e proprio cimitero dell’informazione. Almeno 246 giornalisti palestinesi sono stati uccisi sotto i bombardamenti israeliani: un numero mai visto prima, il più alto mai registrato in un conflitto moderno. Non sono caduti per caso: non vittime collaterali, ma bersagli ben individuati, colpiti anche mentre documentavano la realtà con la telecamera in mano o indossavano i giubbotti con la scritta ben visibile “PRESS”. Alcuni sono morti insieme alle loro famiglie, altri mentre trasmettevano in diretta, nel tentativo disperato di raccontare al mondo ciò che stava accadendo.
Martedì 9 settembre alle 12.00, l’Ordine dei Giornalisti del Lazio, con il consiglio al completo, Articolo 21 e tante altre realtà associative, scenderanno in piazza. Saranno letti, uno a uno, i nomi dei colleghi caduti: un rito laico di memoria e di resistenza. Un momento di raccoglimento e di denuncia, per dire forte e chiaro che raccontare non è un crimine, ma un diritto e un dovere civile.
A sottolineare il senso profondo della mobilitazione, le parole di Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio: “Ringrazio i cittadini, i politici, i personaggi di spettacolo, i colleghi. Essere in piazza il 9 settembre vuol dire dare un segnale preciso, vuol dire metterci la faccia, non accettare silenti questo sterminio. Non è una difesa corporativista, per una categoria già provata da tanti problemi. E per me, nel mio ruolo, è molto importante far sentire che il nostro non è un organismo vecchio e superato, ma una vera e propria comunità, che sa far sentire la sua voce. Che sa essere unita.”
Le adesioni sono già numerosissime: non solo giornalisti, ma anche cittadini, studenti, operatori culturali, associazioni per i diritti umani. Tutti uniti per difendere un principio semplice e universale: colpire chi informa significa colpire il diritto di tutti a conoscere la verità.