K metro 0 – Sarajevo – L’11 luglio del 1995 a Srebrenica più di ottomila cittadini bosniaco-musulmani vennero trucidati per mano delle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladić, nonostante la cittadina della Bosnia orientale fosse stata dichiarata “zona protetta” dall’aprile 1993 in base alla Risoluzione 819 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I corpi massacrati delle vittime
K metro 0 – Sarajevo – L’11 luglio del 1995 a Srebrenica più di ottomila cittadini bosniaco-musulmani vennero trucidati per mano delle truppe serbo-bosniache di Ratko Mladić, nonostante la cittadina della Bosnia orientale fosse stata dichiarata “zona protetta” dall’aprile 1993 in base alla Risoluzione 819 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I corpi massacrati delle vittime vennero poi occultati in fosse comuni anche molto distanti tra loro.
I caschi blu dell’Onu olandesi non solo non riuscirono a fermare il massacro di 8 mila musulmani di Bosnia, compiuto dalle milizie serbo-bosniache di Ratko Mladic, ma addirittura vi ebbero una parte di responsabilità, “il 10%”: con l’espulsione dalla loro base di 350 uomini che vi si erano nascosti e furono invece consegnati a morte certa.
Proprio quest’anno ricorre il trentennale del genocidio di Srebrenica: mentre ancora si tumulano i resti delle vittime di allora, sopravvissuti, familiari delle vittime e cittadini da tutto il mondo si preparano a commemorare quel drammatico evento marciando per la pace.
I militari olandesi dell’Onu, contribuirono a separare le donne dagli uomini, come chiesto da Mladic, e 350 bosniaci furono lasciati alla sua merce’. Finirono tutti tra le 8 mila vittime di una settimana di sangue nella quale i serbo-bosniaci presero da parte per presunti “interrogatori” tutti i bosgnacchi maschi dai 12 ai 77 anni sui quali riuscirono a mettere le mani. Nei cinque giorni successivi quegli uomini sarebbero stati uccisi, sovente dopo essere stati torturati, e i loro corpi sarebbero stati gettati nelle fosse comuni.
Il comandante della Dutchbat III, Thom Karremans, nel libro scritto tre anni dopo la strage, spiegò di aver invocato copertura aerea per ben quattro volte, essendo privo dei mezzi per fermare Mladic da solo. I rimpalli nella catena di comando e regole di ingaggio inadeguate fecero sì che la richiesta fosse accolta solo quel fatale 11 luglio, quando per Srebrenica non c’era già più alcuna speranza. Delle ufficiali 8372 vittime del genocidio, mancano all’appello ancora un migliaio di persone. In caso di resti già identificati tramite l’analisi del DNA, alcuni familiari preferiscono aspettare per la tumulazione, nella speranza di ricostruire gli scheletri dei loro cari allora occultati in fosse comuni primarie, secondarie, terziarie… Mentre di altri o non si è trovato ancora alcun resto, oppure giacciono senza un nome nei centri di identificazione.
La cerimonia avverrà al cimitero del Memoriale di Potočari, a pochi chilometri da Srebrenica di fronte alla ex-base del battaglione olandese dell’Onu.
Alla commemorazione dell’ 11 luglio, che ricade nel trentennale del genocidio, si prevede l’arrivo di migliaia di persone, tra rappresentanze politiche locali e internazionali, familiari delle vittime e superstiti. Tra questi, anche i quasi cinquemila che parteciperanno alla “Marcia della pace”, che si svolge ogni anno.