K metro 0 – Madrid – La Corte Costituzionale spagnola (TC) ha approvato in via preliminare la gran parte della controversa legge sull’amnistia, al centro del dibattito politico e giuridico in Spagna. La bozza della sentenza, redatta dalla vicepresidente Inmaculada Montalbán, è stata distribuita ai giudici e sarà discussa formalmente nella sessione plenaria prevista per
K metro 0 – Madrid – La Corte Costituzionale spagnola (TC) ha approvato in via preliminare la gran parte della controversa legge sull’amnistia, al centro del dibattito politico e giuridico in Spagna. La bozza della sentenza, redatta dalla vicepresidente Inmaculada Montalbán, è stata distribuita ai giudici e sarà discussa formalmente nella sessione plenaria prevista per il 24 giugno. Il testo risponde al ricorso di incostituzionalità presentato dal Partito Popolare (PP), respingendone gran parte delle accuse ma accogliendo parzialmente tre motivazioni minori.
La Corte ha escluso che l’amnistia sia arbitraria o incostituzionale, anche se non esplicitamente prevista nella Costituzione spagnola. Secondo la bozza, “il legislatore può fare tutto ciò che la Costituzione non vieta esplicitamente” e “l’amnistia è giuridicamente distinta dagli indulti generali, che invece sono vietati”.
La Corte non ha invece affrontato il nodo più sensibile: il reato di appropriazione indebita, che riguarda direttamente il leader catalano Carles Puigdemont, il suo vice Oriol Junqueras e altri dirigenti pro-indipendenza. La Corte ha preferito lasciare questo aspetto fuori dalla pronuncia, poiché il PP non aveva fatto ricorso su questo punto specifico.
Il progetto di sentenza conferma l’impianto generale della legge ma annulla alcune parti:
dichiara incostituzionale l’esclusione dai benefici dell’amnistia per chi ha manifestato contro il “procès”;
limita il periodo coperto dalla norma dal 1° novembre 2011 al 13 novembre 2023;
impone che tutte le parti, comprese le accuse popolari, siano ascoltate nei procedimenti della Corte dei Conti.
Tuttavia, il vero impatto della sentenza rimane incerto. Infatti, la Corte Suprema ha già stabilito che i casi di Puigdemont e Junqueras rientrano nelle eccezioni previste dalla legge, in quanto vi sarebbe stato un “guadagno personale” nell’uso di fondi pubblici per finanziare il referendum illegale del 1° ottobre 2017. Una circostanza che escluderebbe l’applicabilità dell’amnistia.
Inoltre, secondo la Corte costituzionale, il “procés” danneggiò anche gli interessi finanziari dell’Unione europea, un altro elemento che permette l’esclusione di questi reati dalla legge.
Fonti legali citate da Europa Press prevedono che, anche dopo la pronuncia definitiva, resteranno in vigore i mandati di arresto contro Puigdemont, Toni Comín e Lluís Puig, così come le pene accessorie (come l’interdizione dai pubblici uffici) inflitte a Junqueras, Raul Romeva, Dolors Bassa e Jordi Turull. Si parla di misure valide almeno fino al 2031.
Per questo motivo, si apre un nuovo scenario legale: i difensori dei leader indipendentisti si preparano a fare ricorso alla Corte Suprema e, eventualmente, a spingere affinché quest’ultima sollevi una questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE). La Corte Suprema, da parte sua, ha già manifestato l’intenzione di mantenere aperta questa strada per difendere la propria interpretazione.
Nel frattempo, anche altre giurisdizioni – come l’Audiencia Nacional, il TSJ della Catalogna e la Corte dei Conti – hanno già interpellato la CGUE per verificare la compatibilità della legge con il diritto dell’UE.
Il presidente della Corte costituzionale, Cándido Conde-Pumpido, ha escluso di sospendere la sentenza in attesa delle decisioni di Lussemburgo, ribadendo che il controllo di costituzionalità spetta esclusivamente alla Corte spagnola, indipendentemente dai procedimenti europei.
La bozza, che dovrebbe passare con sei voti contro quattro, sarà oggetto di confronto tra i magistrati nella sessione del 24 giugno. Il giudice progressista Juan Carlos Campo si è ritirato dal caso, mentre il conservatore José María Macías è stato ricusato, lasciando al TC una maggioranza progressista.
La battaglia legale, tuttavia, è tutt’altro che finita. Anche con una legge dichiarata costituzionale, la sua reale applicazione ai leader catalani resta soggetta a molteplici livelli di interpretazione e giudizio, sia nazionali che europei.
di Sandro Doria