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Argentina, la disputa sulle Falkland potrebbe durare decenni

Argentina, la disputa sulle Falkland potrebbe durare decenni

K metro 0 – Buenos Aires – Il presidente argentino Javier Milei ha dichiarato di volere che le isole diventino argentine “nel quadro della pace”. “Non rinunceremo alla nostra sovranità, né cercheremo un conflitto con il Regno Unito”. Si è rifiutato tuttavia di indicare una data, affermando che “ci vorrà tempo” e che si tratterà

K metro 0 – Buenos Aires – Il presidente argentino Javier Milei ha dichiarato di volere che le isole diventino argentine “nel quadro della pace”. “Non rinunceremo alla nostra sovranità, né cercheremo un conflitto con il Regno Unito”. Si è rifiutato tuttavia di indicare una data, affermando che “ci vorrà tempo” e che si tratterà di un “negoziato a lungo termine”. Quando gli è stato chiesto perché il Regno Unito avrebbe accettato, ha risposto alla Bbc: “Potrebbero non voler negoziare oggi. In un secondo momento potrebbero volerlo fare. Molte posizioni sono cambiate nel tempo”. Ha negato che non si tratti di una sua priorità ma, quando è stato incalzato, ha ammesso che “naturalmente” potrebbero volerci decenni – facendo riferimento al passaggio di Hong Kong dal Regno Unito alla Cina nel 1997.

Il Regno Unito e l’Argentina sono entrati in guerra per il territorio britannico d’oltremare nel 1982. L’invasione costò la vita a 255 militari britannici, tre isolani e 649 argentini. Ma il Presidente Milei ha elogiato Margaret Thatcher, primo ministro britannico durante la guerra delle Falkland. Lady Thatcher ordinò il siluramento dell’incrociatore navale argentino General Belgrano durante la guerra, che causò la morte di 323 persone a bordo. Alla domanda se la ammirava ancora, il Presidente Milei ha risposto: “Criticare qualcuno a causa della sua nazionalità o razza è molto precario dal punto di vista intellettuale. Ho ascoltato molti discorsi di Margaret Thatcher. Era brillante. Quindi qual è il problema?”.

L’Argentina ha da tempo rivendicato la sovranità sulle isole dell’Oceano Atlantico sud-occidentale, a 300 miglia dalla sua costa e a 8.000 miglia dal Regno Unito. Una targa che le raffigura è esposta nel cortile del palazzo presidenziale di Buenos Aires. Il ministro degli Esteri britannico, Lord Cameron, ha visitato le isole a febbraio e ha detto che la loro sovranità non è in discussione. Il Presidente Milei ha così risposto: “Se quel territorio è ora nelle mani del Regno Unito, ha il diritto di farlo. Non la vedo come una provocazione”. Sembra un’osservazione significativa, dato che i leader del passato e molti argentini hanno sempre rifiutato di accettare che le isole fossero britanniche. Milei ha dunque comunicato di accettare che le isole Falkland siano attualmente “nelle mani del Regno Unito”.

In un’intervista all’emittente britannica, il politico di destra ha poi promesso di riavere le isole attraverso i canali diplomatici, ma ha ribadito che “non c’è una soluzione immediata”. Il suo linguaggio sullo status delle Falkland è però diverso da quello dei leader del passato, che storicamente hanno sostenuto che le isole sono argentine.

Milei ha così ammesso che potrebbero essere necessari decenni per cercare di ottenere la sovranità delle isole Falkland dal Regno Unito e ha affermato che l’Argentina non “cerca il conflitto”. Il presidente ha promesso una “tabella di marcia” affinché le isole diventino argentine, in occasione del 42° anniversario della guerra delle Falkland, all’inizio di aprile.

Ha così criticato i politici che “si battono il petto chiedendo la sovranità delle isole, ma senza alcun risultato”. Nel 2013, quando Lord Cameron era primo ministro, gli isolani votarono a favore della permanenza nel Regno Unito come territorio d’oltremare. L’approccio del Presidente Milei ha sorpreso alcuni, dato il suo approccio radicale ad altre politiche durante la sua campagna elettorale; ad esempio, la campagna con una motosega per simboleggiare il suo desiderio di tagliare la spesa pubblica e lo Stato, che ha anche difeso nell’intervista.

Invece è bastata una parola, come riferisce Avvenire, “Islas Malvinas”, usata in un documento dell’Unione europea, a scatenare le proteste del premier britannico Rishi Sunak. Ma quella parola è ricca di significati geopolitici perché indica l’arcipelago delle “Falkland”, nell’Oceano Atlantico meridionale, che ha lo status di “British overseas territory”, ovvero dipendente dal Regno Unito per la difesa e i rapporti con l’estero e guidato dal sovrano britannico come capo dello stato, ma rivendicato dall’Argentina.

Ne Si tratta di oltre 740 isolette, tra il punto estremo sud del Sud America e l’Antartide, che i britannici chiamano “Falklands” e gli argentini, appunto, “Islas Malvinas”. Da qui l’irritazione del premier Suna che ha criticato l’Unione europea per “l’infelice scelta di parole”. La definizione “Silas Malvina” era contenuta in una dichiarazione, promossa dall’Argentina, durante l’ultimo summit dei leader europei con i loro corrispondenti del “Celaci”, la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, che è il blocco regionale di nazioni dell’America Latina e dei Caraibi.

“Per quanto riguarda la questione della sovranità sulle Islas Malvinas/Falkland Islands la Ue ha notato la posizione storica del Celac, basata sull’importanza del dialogo e del rispetto per la legislazione internazionale, nella soluzione pacifica delle dispute”, si legge nella lunga lista di dichiarazioni firmate dalla Ue e dal Celac, che appoggia l’Argentina nelle sue rivendicazioni.

Insomma, mentre il Celac appoggia l’Argentina che chiede, da tempo, che il Regno Unito riapra un negoziato sulle Malvinas/Falkland, la Ue strizza l’occhiolino al Celac. Una richiesta di chiarimento è stata, quindi inviata alla Ue dalla diplomazia del Regno Unito mentre Buenos Aires, comprensibilmente, ha definito un trionfo diplomatico la scelta di parole.

Tuttavia la crisi sembra, per ora, rientrata. Sollecitato dalle proteste del premier Sunak, che chiedeva alla Ue di chiarire la sua posizione, Peter Stano, portavoce per il Servizio europeo per l’Azione esterna, il servizio diplomatico della Ue, ha fatto sapere che il blocco non ha cambiato la propria posizione sul tanto disputato arcipelago.

di Sandro Doria

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