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Iran e Israele, da alleati ad acerrimi nemici

Iran e Israele, da alleati ad acerrimi nemici

K metro 0 – Bruxelles – Reculer pour mieux sauter, come dicono i francesi. Due passi indietro per fare un balzo in avanti: nella comprensione dei rapporti Iran-Israele e per  districarsi nel ginepraio del Medio Oriente seguendo il filo d’Arianna di un reportage di Maziar Motamedi, corrispondente da Teheran di Al Jazeera, la TV satellitare

K metro 0 – Bruxelles – Reculer pour mieux sauter, come dicono i francesi. Due passi indietro per fare un balzo in avanti: nella comprensione dei rapporti Iran-Israele e per  districarsi nel ginepraio del Medio Oriente seguendo il filo d’Arianna di un reportage di Maziar Motamedi, corrispondente da Teheran di Al Jazeera, la TV satellitare (con sede in Qatar) più popolare nei paesi di lingua araba.

I rapporti tra Iran e Israele sono stati a lungo tutt’altro che ostili sotto la dinastia Pahlavi, al potere dal 1925 fino alla rivoluzione khomeynista del 1979.

L’Iran, è stato il secondo paese a maggioranza musulmana (dopo la Turchia) a riconoscere Israele dopo la sua fondazione nel 1948. Prima, insieme a India e Jugoslavia, fu uno dei tre membri  del comitato speciale delle Nazioni Unite (formato nel 1947 per elaborare una soluzione per la Palestina dopo la fine del mandato britannico su questo territorio) a votare contro il piano di spartizione proponendo,  in alternativa, la creazione di un unico Stato, di tipo federale,  con un parlamento, ma diviso in cantoni arabi ed ebrei, come prospettava la Risoluzione 181 dell’ONU.

Senza dispute territoriali che li dividevano, con una comunità ebraica storicamente ben inserita nel contesto persiano (Teheran, Shiraz e Isfahan erano diventate nei secoli “casa” per circa 150mila ebrei) e con il nazionalismo pan-arabo come minaccia per entrambi, Iran e Israele per decenni sono stati alleati.

Il riconoscimento di Israele nel 1948 era servito all’Iran a mantenere buoni rapporti sia con l’Occidente filosionista e col movimento sionista, sia con i paesi vicini arabi e musulmani.  

Questo allo scopo di ottenere l’appoggio degli Stati Uniti, rivelatosi poi utile nel contro-golpe dello Scià (organizzato proprio grazie all’intervento di Washington e di Londra) per riprendere il controllo del paese, nel 1953, dopo il tentativo di Mossadeq (eletto primo ministro nel 1951) di limitare l’influenza dello scià sulla vita politica del paese.

La “dottrina della periferia”  di Ben Gurion

Per Israele, l’Iran rientrava nella strategia teorizzata da Ben-Gurion come “dottrina della periferia”, secondo la quale tutti i paesi  e i gruppi etnici non arabi della regione dovevano considerarsi alleati di Tel Aviv per la sua sopravvivenza. Ciò includeva anche l’Etiopia, ma Iran e Turchia furono i casi di maggior successo di questa politica, come spiega Eirik Kvindesland storico dell’Università di Oxford.

Le cose cambiarono quando Mossadeq nazionalizzò l’industria petrolifera del paese, monopolizzata dalla Gran Bretagna e ruppe i legami con Israele, considerato al servizio degli interessi occidentali nella regione.

In concomitanza, vi fu una certa mobilitazione antisionista in Iran, animata dall’influente religioso sciita Navvab Safavi. Ma secondo  Kvindesland, la questione principale per l’Iran restava, all’epoca, quella del petrolio, (che Mossadeq voleva sottrarre al controllo britannico col sostegno degli Stati arabi circostanti) e dello strapotere della monarchia.

Le cose cambiarono radicalmente quando il suo governo fu rovesciato da un colpo di stato sostenuto dai servizi di intelligence inglesi e americani nel 1953 per   reintegrare lo Scià  che divenne un fedele alleato dell’Occidente nella regione.

Israele istituì un’ambasciata de facto a Teheran e alla fine i due paesi scambiarono gli ambasciatori negli anni ’70. I legami commerciali crebbero e presto l’Iran divenne un importante fornitore di petrolio per Israele inviato attraverso un oleodotto destinato in seguito  a trasportarlo anche in Europa.

L’amicizia fra Iran e Israele è stata reciprocamente vantaggiosa. Nell’Iran, un paese non arabo che negli anni ’70 conobbe un enorme boom economico, lo Stato ebraico aveva un importante alleato in una regione ostile, che oltre a fornirgli petrolio traeva profitto dal know-how di Israele nel campo dell’agricoltura, degli affari e, soprattutto, in quello militare.

Prima della Rivoluzione Islamica, molti diplomatici e uomini d’affari israeliani fecero fortuna in Iran. C’erano voli che collegavano ogni giorno Theran con  Tel Aviv. E nella capitale iraniana c’era una scuola israeliana – una delle uniche due esistenti fuori dai confini d’Israele. 

Teheran e Tel Aviv hanno avuto inoltre un’ampia cooperazione militare e di sicurezza (il SAVAK [il servizio di intelligence iraniano] è stato in parte addestrato dal Mossad) sottaciuta per non provocare le nazioni arabe della regione.

La rivoluzione khomeinista

Nel 1979, lo Scià fu rovesciato da una rivoluzione che modificò radicalmente il corso della storia mediorientale  e instaurò la Repubblica Islamica dell’Iran, che come primo gesto, interruppe i legami diplomatici con Israele.

La sua guida, l’ayatollah Khomeyni, esaltava l’Islam e si opponeva alle potenze mondiali “arroganti” e ai loro alleati regionali, che opprimevano gli altri – compresi i palestinesi – per fare i propri interessi.

Così Israele divenne noto in Iran come “Il piccolo Satana” alleato del “Grande Satana”: gli Stati Uniti.

Teheran tagliò tutti i legami con Israele. I cittadini non potevano più viaggiare e le rotte aeree furono cancellate. L’ambasciata israeliana a Teheran fu trasformata nell’ambasciata palestinese. Dopo il 1979  le autorità iraniane non si riferiscono più a Israele con il suo nome: usano termini come “il regime sionista” o “Palestina occupata”. E sui passaporti iraniani  è scritto: “Al portatore di questo passaporto è vietato recarsi nella Palestina occupata”.

La Rivoluzione Islamica fu motivo di consistenti migrazioni di ebrei iraniani verso Israele, dove circa 134.000 di essi si erano già trasferiti dopo la nascita dello Stato ebraico nel 1948. Con l’avvento del regime di  khomeynista, nel 1979,  una nuova ondata migratoria fu provocata dalla drammatica condanna a morte di Habibollah Elghanian. Imprenditore e filantropo, presidente della comunità ebraica di Theran, fu il primo ebreo e uomo d’affari ad essere giustiziato dal Consiglio della Rivoluzione islamica, dopo un processo di soli venti minuti, con l’accusa di essere una “spia sionista”. Aveva passato la vita a far rifiorire la comunità  ebraica iraniana e a facilitare gli ebrei che desideravano far ritorno in Israele. Il suo assassinio contribuì a convincere migliaia di  ebrei iraniani a lasciare il paese. Quasi il 90% degli 80mila membri della Comunità emigrarono. Chi rimase, dovette sottostare alle rigide regole opprimenti del regime degli Ayatollah.

L’Iran si poneva ormai come potenza alternativa a Israele, l’alleato numero uno dell’Occidente nella regione. Nel 1942, prima della nascita dello Stato ebraico, la Jewish Agency (istituita ne 1923 per rappresentare la comunità ebraica in Palestina all’epoca del mandato britannico) aprì un suo ufficio a Theran, che servì come sede della missione diplomatica di Israele fino al 1979, poi soppiantata dall’Ufficio dell’OLP di Arafat, nello stesso anno in cui molti ebrei iraniani lasciarono il paese.     

Nel 1979, Khomeyni  proclamò ogni ultimo venerdì del mese sacro di Ramadan,  “La Giornata di Al- Quds”, nome arabo di Gerusalemme (Al-Quds: “La [città] santa”) e da allora, in quel giorno, si sono svolte grandi manifestazioni a sostegno dei palestinesi in tutto l’Iran.

Ma Khomeini, non considerò mai la questione palestinese come una causa nazionalista araba. Cercò invece di trasformarla in una causa islamica per consentire all’Iran non solo di sostenerla,  ma di guidarla, per affermare così la sua leadership nel mondo islamico.

L’inimicizia è cresciuta nel corso dei decenni mentre entrambe le parti cercavano di consolidare e accrescere la propria influenza in tutta la regione.

Oggi l’Iran sostiene un “Asse della resistenza” anti-israeliana formato da gruppi politici e milizie di diversi paesi tra cui, Siria, Hezbollah in Libano, Iraq, e Yemen, che sostengono anche la causa palestinese e vedono Israele come un grande nemico.

Dal canto suo, Israele, nel corso degli anni, ha sostenuto una serie di gruppi che si oppongono violentemente all’establishment iraniano. Tra questi, organizzazioni, secondo Theran “terroristiche”, quali Mojahedin-e Khalq (MEK), un’organizzazione con sede in Europa, organizzazioni sunnite nella provincia iraniana sud-orientale del Sistan e del Baluchistan, e gruppi armati curdi  nel Kurdistan iracheno.

Nel corso degli anni, ci sono stati molti sabotaggi contro gli impianti nucleari e militari dell’Iran di cui Teheran ha incolpato Israele. Mentre Israele e i suoi alleati occidentali accusano l’Iran di essere dietro una serie di attacchi contro gli interessi israeliani, inclusi lanci di droni contro petroliere di proprietà israeliana e attacchi informatici.

Potrà mai esserci una normalizzazione?

Vari Stati arabi della regione hanno scelto di normalizzare le loro relazioni con Israele mentre cercano maggiore sostegno occidentale. Nel frattempo, l’Arabia Saudita, l’altra potenza della regione, quest’anno ha ripristinato le relazioni diplomatiche con l’Iran, dopo una spaccatura durata sette anni, grazie  a un accordo mediato dalla Cina a marzo.

Washington ha cercato di mediare un accordo simile tra Arabia Saudita e Israele. Ma qualsiasi prospettiva di normalizzazione tra Tel Aviv e Riyadh è stata sospesa, almeno per ora, mentre Israele continua a bombardare Gaza, avendo già causato un incubo umanitario.

Per l’attuale leadership iraniana qualsiasi riavvicinamento a Israele è fuori discussione. I comuni imperativi di sicurezza che in passato avevano portato l’Iran e lo Stato ebraico ad allearsi, come l’esigenza di far fronte alla minaccia degli Stati nazionalisti arabi e dell’impero sovietico, sono venuti meno all’inizio degli anni ’90.

Teheran si oppone all’egemonia statunitense in Medio Oriente, mentre Israele  è contrario a qualsiasi tentativo degli Stati Uniti di smiobilitare le loro truppe dalla regione. Gruppi legati all’Iran intanto hanno regolarmente attaccato le basi statunitensi in Iraq e Siria.

E’ una “rivalità per il dominio e il potere nella regione, che vede coinvolti Iran e Israele in una guerra a bassa intensità da più di un decennio. E  non ci sono segnali alle viste che la situazione possa cambiare.   

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