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Stati Uniti: raid in Iraq e Siria, arriva la risposta di Biden

Stati Uniti: raid in Iraq e Siria, arriva la risposta di Biden

K metro 0 – Baghdad –  La rappresaglia americana per l’attacco con droni che ha ucciso tre soldati Usa in Giordania è iniziata. Ieri l’esercito americano ha infatti effettuato raid aerei su 85 obiettivi in Iraq e Siria. L’operazione, durata circa mezz’ora, è stata definita “un successo” dalla Casa Bianca, ma non si conoscono ancora maggiori dettagli

K metro 0 – Baghdad –  La rappresaglia americana per l’attacco con droni che ha ucciso tre soldati Usa in Giordania è iniziata. Ieri l’esercito americano ha infatti effettuato raid aerei su 85 obiettivi in Iraq e Siria. L’operazione, durata circa mezz’ora, è stata definita “un successo” dalla Casa Bianca, ma non si conoscono ancora maggiori dettagli su danni, feriti o vittime. Tuttavia, Biden non cerca il conflitto in Medio Oriente, ma un delicato equilibrio: scoraggiare ulteriori attacchi alle sue truppe evitando nel contempo un conflitto su vasta scala con l’Iran.

Dall’inizio della guerra a Gaza, infatti la tensione è generalmente aumentata nella regione e su diversi fronti, dall’Iraq alla Siria, allo Yemen e al Libano. Le basi militari che ospitano le forze americane in Iraq e Siria sono state oggetto di oltre 100 attacchi dallo scorso ottobre. Il presidente Joe Biden considera l’Iran “responsabile” dell’ultimo attacco in Giordania che ha provocato la morte di tre soldati Usa. Washington ha deciso di rispondere all’attacco e ha anche scelto la soluzione. Teheran rischia di essere trascinato in una guerra aperta con gli Stati Uniti proprio a causa degli attori che sinora avevano consentito al Paese di estendere la propria influenza regionale. I media internazionali sottolineano che l’Iran costituisce il fulcro militare ed economico del cosiddetto Asse della resistenza, ma non ne ha mai avuto il pieno controllo: non tutti i membri di questa variegata galassia condividono “la medesima ideologia sciita”, e ciascun gruppo è animato da agende particolari “che talvolta sono in contraddizione con quella di Teheran”.

L’attacco in Giordania fa seguito a settimane di sforzi da parte degli Stati Uniti e dei leader regionali per prevenire una guerra più ampia in Medio Oriente, anche se i conflitti si sono estesi coinvolgendo i rappresentanti di Teheran, come Hezbollah in Libano e i ribelli Houthi nello Yemen.

La minaccia di una destabilizzazione risulta ancora maggiore, aveva sostenuto il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ricordando che l’aggravarsi della crisi israelo-palestinese è dovuto ai tentativi Usa di monopolizzare gli sforzi di mediazione nel conflitto.

Quindi nel Medio Oriente la diplomazia regge sulla “tensione”, ma sembra che nessuno vuole il conflitto diretto, infatti, al centro dell’incontro recente in Turchia, tra il presidente Erdogan e l’iraniano Raisi i due leader avevano concordato di evitare passi che potrebbero minacciare la stabilità di tutta la regione.

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Joseph Villeroy
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