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Zucchero e riso, prezzi in aumento in tutto il mondo dopo i danni di El Nino all’Asia

Zucchero e riso, prezzi in aumento in tutto il mondo dopo i danni di El Nino all’Asia

K metro 0 – Hanoi – L’aumento vertiginoso dei prezzi dello zucchero ha raggiunto il picco dal 2011, e la riduzione delle forniture globali deriva del clima secco che ha danneggiato i raccolti in India e Thailandia, secondo e terzo esportatore mondiale. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura prevede così un calo del

K metro 0 – Hanoi – L’aumento vertiginoso dei prezzi dello zucchero ha raggiunto il picco dal 2011, e la riduzione delle forniture globali deriva del clima secco che ha danneggiato i raccolti in India e Thailandia, secondo e terzo esportatore mondiale.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura prevede così un calo del 2% della produzione mondiale di zucchero nella stagione 2023-24, rispetto all’anno precedente, che si tradurrà in una perdita di circa 3,5 milioni di tonnellate metriche (3,8 milioni di tonnellate statunitensi), ha dichiarato Fabio Palmeri, ricercatore FAO sul mercato mondiale delle materie prime. Lo zucchero viene difatti sempre più utilizzato per i biocarburanti come l’etanolo, per cui le sue riserve mondiali sono al minimo dal 2009. Il Brasile è sì il più grande esportatore, ma il suo raccolto contribuirà a colmare le lacune solo nel 2024. Fino ad allora, i Paesi dipendenti dalle importazioni, come la maggior parte di quelli dell’Africa sub-sahariana, rimarranno vulnerabili. Fra l’altro, lo zucchero serve per fare il pane.

Questo è solo l’ultimo colpo per i Paesi in via di sviluppo che stanno già affrontando la carenza di prodotti di base come il riso e i divieti sul commercio alimentare che hanno aumentato l’inflazione alimentare. Tutto ciò contribuisce all’insicurezza alimentare a causa degli effetti combinati del fenomeno climatico naturale El Nino, della guerra in Ucraina e delle valute più deboli. Le nazioni occidentali più ricche sono in grado di assorbire i costi più elevati, ma quelle più povere sono in difficoltà. Ne ha parlato Associated Press.

L’India ha vissuto il suo agosto più secco da oltre un secolo a questa parte e i raccolti nello stato occidentale di Maharashtra, che rappresenta oltre un terzo della produzione di canna da zucchero, sono stati bloccati durante la fase cruciale della crescita. Secondo l’Associazione indiana dei mulini da zucchero, quest’anno la produzione di zucchero dell’India dovrebbe diminuire dell’8%. La nazione più popolata del mondo è anche il più grande consumatore di zucchero e ora ne sta limitando le esportazioni.

In Thailandia, gli effetti di El Nino all’inizio della stagione di crescita hanno alterato non solo la quantità ma anche la qualità del raccolto, secondo Naradhip Anantasuk, leader della Thailand Sugar Planters Association. Egli prevede che nella stagione del raccolto 2024 verranno macinati solo 76 milioni di tonnellate metriche (84 milioni di tonnellate statunitensi) di canna da zucchero, rispetto ai 93 milioni di tonnellate metriche (103 milioni di tonnellate statunitensi) di quest’anno.

L’Indonesia – il più grande importatore di zucchero dell’anno scorso, secondo l’USDA – ha ridotto le importazioni e la Cina, il secondo importatore, è stata costretta a liberare zucchero dalle sue scorte per compensare i prezzi elevati a livello nazionale per la prima volta in sei anni, ha detto Palmeri. Per alcuni Paesi, l’importazione di zucchero più costoso consuma riserve di valuta estera, come dollari ed euro, che sono necessarie anche per pagare il petrolio e altri prodotti di prima necessità, ha evidenziato El Mamoun Amrouk, un economista della FAO.

Il Kenya, un tempo autosufficiente per lo zucchero, ora importa 200.000 tonnellate metriche (110.000 tonnellate statunitensi) all’anno da un blocco commerciale regionale. Nel 2021, il governo aveva limitato le importazioni per proteggere i coltivatori locali dalla concorrenza straniera, ma ha poi annullato la decisione quando i raccolti si sono ridotti a causa delle piogge insufficienti e della cattiva gestione.

Anche la carenza di riso sta facendo impennare i prezzi in tutto il mondo. E le cose potrebbero peggiorare. I prezzi del riso coltivato in Kenya hanno subito un’impennata qualche tempo fa, a causa dell’aumento dei valori dei fertilizzanti e di una siccità di anni nel Corno d’Africa che ha ridotto la produzione. Il riso a basso costo importato dall’India ha colmato il divario, sfamando molte delle centinaia di migliaia di abitanti dello slum Kibera di Nairobi che sopravvivono con meno di 2 dollari al giorno.

Insomma, la sicurezza alimentare globale è già minacciata da quando la Russia ha bloccato un accordo che permetteva all’Ucraina di esportare grano, e il fenomeno climatico El Nino ostacola la produzione di riso. Ora i prezzi del riso si stanno impennando – i prezzi delle esportazioni di riso del Vietnam, ad esempio, hanno raggiunto un massimo di 15 anni – mettendo a rischio le persone più vulnerabili in alcune delle nazioni più povere.

I Paesi asiatici, dove viene coltivato e consumato il 90% del riso mondiale, sono in difficoltà con la produzione. Le Filippine stavano gestendo con attenzione l’acqua in previsione di una diminuzione delle piogge a causa di El Nino, quando il tifone Doksuri si è abbattuto sulla sua regione settentrionale produttrice di riso, danneggiando coltivazioni di riso per 32 milioni di dollari, pari a circa il 22% della sua produzione annuale.

Il Vietnam, un altro grande esportatore di riso, spera di trarne vantaggio. Con i prezzi all’esportazione del riso ai massimi da 15 anni e le aspettative di una produzione annuale marginalmente superiore a quella dell’anno scorso, la nazione del sud-est asiatico sta cercando di mantenere stabili i prezzi interni, incrementando al contempo le esportazioni. Il ministero dell’Agricoltura ha dichiarato di essere al lavoro per aumentare la superficie del Delta del Mekong dedicata alla coltivazione del riso di circa 500 chilometri quadrati, un’area più grande di 90.000 campi da calcio.

Le Filippine sono già in trattativa con il Vietnam per cercare di ottenere il grano a prezzi più bassi, mentre il Vietnam sta cercando di puntare anche al Regno Unito, che riceve gran parte del suo riso dall’India.

Ma la mancanza di chiarezza sulle prossime mosse dell’India e le preoccupazioni per El Nino fanno sì che gli esportatori thailandesi siano riluttanti ad accettare ordini, gli operatori dei mulini non siano disposti a vendere e gli agricoltori abbiano aumentato i prezzi del riso non lavorato, ha dichiarato Laothamatas, presidente dell’Associazione degli esportatori di riso thailandesi. Con i prezzi fluttuanti, gli esportatori non sanno quali prezzi quotare, perché il giorno dopo potrebbero subire un’altra impennata. “E nessuno vuole correre il rischio”, ha detto Laothamatas.

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