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Case green, scatta l’opposizione della destra al Parlamento europeo

K metro 0 – Strasburgo – La direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici entra in dirittura d’arrivo questa settimana al Parlamento europeo, dove l’opposizione è in agguato. Per ridurre il consumo energetico degli edifici, la Commissione europea ha intanto proposto di introdurre standard minimi di rendimento energetico per il 15% degli edifici con le

K metro 0 – Strasburgo – La direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici entra in dirittura d’arrivo questa settimana al Parlamento europeo, dove l’opposizione è in agguato. Per ridurre il consumo energetico degli edifici, la Commissione europea ha intanto proposto di introdurre standard minimi di rendimento energetico per il 15% degli edifici con le peggiori prestazioni, che verrebbero classificati come “G” nella scala di rendimento energetico dell’Ue.

Inizialmente guidata da Roma e Varsavia, la ribellione sta ora prendendo piede anche al Parlamento europeo, dove la direttiva EPBD dovrà essere votata in plenaria martedì14 marzo: i legislatori Ue voteranno su un testo concordato il mese scorso dalla commissione industria del Parlamento.

Il testo votato in commissione è sostenuto da tutti i principali gruppi politici di sinistra e di centro, ma il gruppo di estrema destra Identità e Democrazia (ID) si oppone fermamente alla direttiva EPBD, affermando che l’intera legge deve essere rinegoziata da zero. In totale, l’estrema destra ha elencato 22 modifiche che vuole introdurre nel testo. La ribellione sta conquistando anche i ranghi di altri partiti di destra. Primo fra tutti il partito nazionalista Conservatori e Riformisti Europei (ECR), dominato dal partito polacco Diritto e Giustizia (PiS), che ha sollevato una lista di 25 obiezioni alla bozza di testo.

Più inaspettato, invece, è stato l’intervento all’ultimo minuto di un legislatore del partito liberale tedesco FDP, Andreas Glück, che ha destato sospetti in Parlamento. Il 3 marzo, tutti i 705 eurodeputati hanno difatti ricevuto un’e-mail da Glück che chiedeva loro di sostenere i suoi emendamenti, volti a concedere ai Paesi dell’Ue “una maggiore flessibilità quando si tratta di eventuali adeguamenti degli standard minimi di prestazione energetica”.

In teoria, i Paesi dell’Ue possono richiedere un’esenzione temporanea dagli standard minimi, con un tetto massimo. Il politico dell’FDP vuole però che il limite venga rimosso, aprendo la strada a esenzioni illimitate per i Paesi dell’Ue in caso di ristrutturazione. Il legislatore tedesco non è certo un fan della direttiva edilizia europea; egli, però, deve affrontare un ultimo ostacolo prima del voto.

Per far votare i suoi emendamenti martedì, ha bisogno del sostegno di almeno altri 35 legislatori, secondo il regolamento del Parlamento. Tuttavia, il gruppo di Glück, il centrista Renew Europe, ha appoggiato l’accordo raggiunto in commissione e non gli ha dato il suo sostegno. Così il politico tedesco dell’FDP è andato a cercare alleati in altri gruppi politici. E ne ha trovati.

Ricapitolando, secondo la proposta, presentata nel dicembre 2021, tutti gli edifici in Europa dovranno raggiungere una soglia minima di rendimento entro il 2033, indipendentemente dal fatto che siano residenziali o meno. Entro il 2050, l’intero settore edilizio dovrebbe essere quasi completamente privo di emissioni. Tuttavia, non è chiaro se gli standard minimi di prestazione energetica (MEPS) sopravviveranno alla crescente opposizione dei Paesi dell’Ue. “Ci opporremo alla direttiva EPBD come governo ma soprattutto come italiani”, ha dichiarato difatti il ministro italiano delle Infrastrutture Matteo Salvini.

Con i partiti di destra che si muovono per neutralizzare la direttiva EPBD, tutta l’attenzione si sposta ora sul Partito Popolare Europeo (PPE), il gruppo conservatore più numeroso del Parlamento. Anche in questo caso, l’umore è quello di ridimensionare le ambizioni. “La direttiva EPBD avrà senza dubbio un impatto diretto sui cittadini”, afferma Seán Kelly, eurodeputato irlandese che rappresenta il PPE nei negoziati del Parlamento. Per evitare “rappresentazioni imprecise” delle implicazioni sociali della stessa e scongiurare un contraccolpo politico, egli suggerisce di eliminare tutti i riferimenti alle sanzioni nel testo.

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