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Mario Merz e i grandi pittori del Novecento al Palazzo delle Esposizioni a Roma

Mario Merz e i grandi pittori del Novecento al Palazzo delle Esposizioni a Roma

K metro 0 – Roma – Mario Merz. Un nome che racchiude un destino. Merz, si dà il caso, è anche un termine inventato da Kurt Schwitters (un artista tedesco, nella prima metà del Novecento) che puo’ essere paragonato a “dada”.  Esponente dell’arte materica, Schwitters è stato un precursore dell’”arte povera”: una tendenza dell’arte contemporanea,

K metro 0 – Roma – Mario Merz. Un nome che racchiude un destino. Merz, si dà il caso, è anche un termine inventato da Kurt Schwitters (un artista tedesco, nella prima metà del Novecento) che puo’ essere paragonato a “dada”. 

Esponente dell’arte materica, Schwitters è stato un precursore dell’”arte povera”: una tendenza dell’arte contemporanea, di cui Mario Merz è stato una  figura di spicco in Italia (insieme a Giulio Paolini, Pino Pascali, Luciano Fabro, Renato Mambor, Kounellis,  Pistoletto, Penone  e altri).

Come Schwitters, con i suoi Merzbild (collage o assemblaggi di vari oggetti, uniti sulla tela in un accumulo compulsivo), anche Mario Merz utilizza materiali inusuali, come ferro, cera e pietra. Crea installazioni con tubi al neon che simboleggiano l’infusione di energia nella materia organica.

Famosi i suoi igloo, in varie versioni che differiscono per dimensioni e materiali (come iuta, pietra, argilla, etc.), destinati a diventare l’elemento distintivo con cui Merz è maggiormente conosciuto.

E uno dei suoi igloo, insieme ad altre opere (i “neon”, i “numeri di Fibonacci”, il “Crocodilus” imbalsamato, “Vento preistorico delle montagne gelate”, una tela senza cornice affiancata da fascine di faggio e castagno) esposte alla Galleria dell’Oca a Roma (il 15 marzo 1978) vengono riproposte al Palazzo delle Esposizioni (di Via Nazionale a Roma) in una mostra rievocativa (visitabile fino al 26 febbraio 2023) dal titolo: “Mario Merz. Balla, Carrà, de Chirico, de Pisis, Morandi, Savinio, Severini” a cura di Daniela Lancioni ( con la preziosa collaborazione di Laureati Briganti, fondatrice della Galleria dell’Oca, che la organizzò, 44 anni fa,  insieme ai galleristi Luciano Pistoi e Gian Enzo Sperone.

L’iniziativa fa a parte del ciclo Mostre in mostra con il quale il Palazzo delle Esposizioni propone la ricostruzione di alcune tra le esposizioni più significative  che hanno caratterizzato il panorama artistico a Roma nel secondo Novecento.

Una rievocazione che colpisce per l’accostamento, all’epoca del tutto inusuale, tra i lavori di Mario Merz, esponente dell’arte povera, e i principali pittori italiani del Novecento.

Un confronto fra un artista che fuoriesce dal quadro e rinuncia al cavalletto e  alla pittura. Dimostrando, come già Schwitters, nella prima metà del Novecento, e poi Dubuffet e l’Art Brut nella seconda metà, che non c’è separazione tra lo spazio reale e quello dell’arte. Per cui “le cose della realtà   possono passare in pittura senza mutare sostanza” (Argan, L’arte moderna, 1770/1970, Firenze Sansoni). E che un semplice oggetto, che in passato  “costituiva soltanto lo spunto per un’immagine plastica, diventa oggi la creazione stessa, per il semplice fatto di essere stato scoperto o trovato; non solo, ma permette di far assurgere ad opera d’arte anche un elemento triviale, rozzo, che ha l’unico merito di possedere delle caratteristiche  formali, ‘tissulari’, cromatiche che lo rendono appetibile e suscitatore di immagini” (Gillo Dorfles, Ultime tendenze dell’arte d’oggi, Feltrinelli, 1962).

La riedizione della mostra della Galleria dell’Oca del 1978, riproposta oggi al Palazzo delle Esposizioni,  segna un passaggio importante dell’arte moderna e contemporanea in Italia.  Proprio perché  ha abbattuto  barriere stilistiche, cronologiche e ideologiche. E ha fatto convivere un interprete di quelle Neoavanguardie (come Mario Merz) che in nome di un rapporto autentico con il mondo avevano rinunciato alla pittura, con i più celebri tra gli artisti che il mondo lo avevano invece  riversato nei loro quadri rendendo incandescente la pittura italiana della prima metà del XX secolo.

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