fbpx

Savina Tavano e Manlio Amodeo, una vita, insieme, nell’amore per l’arte

Savina Tavano e Manlio Amodeo, una vita, insieme, nell’amore per l’arte

K metro 0 – Roma – Una vita ben spesa, sotto la stella di una inesauribile creatività, quella di Savina Tavano e Manlio Amodeo. Due artisti torinesi trapiantati in seguito a Roma che dedica a entrambi una mostra (fino al 30 ottobre) allestita nel Casino dei Principi di Villa Torlonia (oggi archivio della Scuola romana,

K metro 0 – Roma – Una vita ben spesa, sotto la stella di una inesauribile creatività, quella di Savina Tavano e Manlio Amodeo. Due artisti torinesi trapiantati in seguito a Roma che dedica a entrambi una mostra (fino al 30 ottobre) allestita nel Casino dei Principi di Villa Torlonia (oggi archivio della Scuola romana, un gruppo di pittori che tra gli anni ‘20 e ’40 del Novecento cercarono un incontro tra la modernità post-cubista e l’arte antica).

Una sede che ben si attaglia a due artisti poco inclini al moderno ad ogni costo. E affascinati dall’arte antica, dal Novecento e dalla padronanza delle tecniche del “mestiere”.

Due artisti uniti (anche nella vita, da un lungo legame sentimentale) ma distinti. Dopo aver frequentato, insieme, l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, hanno lavorato, insieme, come grafici e illustratori di libri, a Milano, dove si sono sposati nel 1960, e a Firenze. Calimero, il pulcino nero di Carosello degli anni ’60, è un personaggio inventato da Savina per un suo libro per bambini.

Nel 1966, dopo il loro trasferimento a Roma, sono passati gradualmente dall’arte “applicata” dell’illustrazione all’arte “pura”.

Scoperti, già prima, da due talent scout d’eccezione, come Gaspero del Corso e Irene Brin (proprietari della Galleria L’Obelisco, fucina della ricerca artistica contemporanea tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’70) organizzano la loro prima mostra presso la Galleria San Sebastianello a Roma.

Uniti, ma distinti, fin da quell’occasione. Su una parete i lavori di Manlio, su quella opposta i lavori di Savina. E da allora in poi sarà sempre così. Ognuno lavora per contro proprio ma li hanno sempre fatti esporre insieme.

Ed è così anche nella mostra in corso, oggi a Roma, al Casino dei Principi di Villa Torlonia. Una retrospettiva antologica di dipinti e opere grafiche (1955-2018) alcune di proprietà dei due artisti, altre prestate da numerosi collezionisti. Esposte su due livelli: al piano terra le opere di Savina, al primo piano quelle di Manlio. Due percorsi diversi per “sottolineare la peculiarità di ciascuno dei due, ciò che li rende diversi” come ha scritto Laura Gigliotti, “nonostante i tanti elementi in comune.

Il mondo fantastico di Manlio, con i suoi personaggi zoomorfi, le architetture impossibili, le geometrie fantastiche, i labirinti, il passaggio dall’astratto al concreto che richiamano le opere di Escher. Geometrie e architetture che diversamente da quelle di Escher sembrano composte con blocchetti colorati di legno, come nei giochi di costruzione dei bambini… e qui riaffiora il vecchio mestiere di illustratore di libri per l’infanzia.

E accanto alle opere di Manlio, quelle di Savina. Nature morte, scene di vita quotidiana, paesaggi urbani, brani di vita di Roma anni ’60 ‘70. Con moto, vespe, lambrette, resti archittettonici, vecchi e affascinanti portoni. Vestigia del passato e oggetti della moderna vita quotidiana.

Negli anni ’80 Manlio e Savina di sono gradualmente spostati in Maremma. Hanno scoperto il fascino discreto della campagna che avvolge, come un velo ammantato di vigneti e uliveti, i borghi di Montemerano, Scansano e Saturnia e hanno preso casa nei pressi di Magliano in Toscana. Preferendo questo territorio al “promontorio dei vip” (l’Argentario) ad alta densità di personaggi mondani…

Una sala a parte della mostra allestita al Casino dei Principi è dedicata proprio ai paesaggi di Maremma, con i suoi cipressi, gli ampi orizzonti da Magliano a Orbetello e Talamone. Paesaggi che richiamano la pittura rinascimentale. Ma in cui si trasfonde un sentimento personale.

“L’occhio di Savina” ha scritto Vittorio Sgarbi, “è felice quando può spaziare davanti a un paesaggio ancora incontaminato. Con la stessa potenziata soddisfazione di un maestro antico”. Paesaggi dipinti “con sicura e raffinata eleganza, compositiva e coloristica” (Vittorio Emiliani), che rappresentano come un fermo-immagine di uno stato d’animo incantato.

Luci, colori, invenzioni sorprendenti. La mostra di Svina Tavano e Manlio Amodeo è una ricca antologia della loro inesauribile felicità creativa. Una gioia per gli occhi dello spettatore. Parafrasando il titolo di un famoso libro di Angelo Maria Ripellino potremmo dire: “La pittura come itinerario nel meraviglioso”.

Condividi su:

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: