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Libano, tensione per una nave israeliana di produzione gas in una zona contesa

Libano, tensione per una nave israeliana di produzione gas in una zona contesa

K metro 0 – Beirut – Nella zona marittima da anni contesa tra Israele e Libano, è arrivata domenica 05 giugno, un’unità di estrazione di gas galleggiante israeliana. Il Libano ha chiesto agli Stati Uniti di riprendere a mediare nei colloqui indiretti sui confini marittimi con Israele. L’Arrivo della nave, infatti, ha causato la rabbia

K metro 0 – Beirut – Nella zona marittima da anni contesa tra Israele e Libano, è arrivata domenica 05 giugno, un’unità di estrazione di gas galleggiante israeliana. Il Libano ha chiesto agli Stati Uniti di riprendere a mediare nei colloqui indiretti sui confini marittimi con Israele. L’Arrivo della nave, infatti, ha causato la rabbia del governo libanese, che ha messo in guardia quello israeliano contro qualsiasi “azione aggressiva” nell’area marittima contesa, informa l’Afp.

Dopo l’arrivo dell’unità galleggiante di produzione, stoccaggio e scarico della società Energean (quotata sia a Tel Aviv che a Londra), la questione dei confini marittimi tra i due Paesi è riemersa evidente: il giacimento di gas di Karish che Israele sta esplorando si trova, infatti, in un’area contesa di 860 km2 al centro del Mediterraneo orientale. Il governo libanese ha chiesto all’inviato statunitense Amos Hochstein – incaricato dal presidente Biden di mediare tra i due Paesi – di aiutarlo a riprendere i colloqui sulla questione con Israele.

Qualsiasi lavoro di esplorazione, perforazione o estrazione che Israele svolga nelle aree contese costituirebbe una “provocazione e atto di aggressione”, ha affermato una dichiarazione congiunta del presidente libanese Michel Aoun e del premier uscente Najib Mikati. Tuttavia, Anche se le tensioni stanno ora divampando tra i due paesi, il ministro dell’Energia israeliano Karine Elharrar ha minimizzato le preoccupazioni su un potenziale conflitto e ha respinto le rivendicazioni del Libano sul territorio, definendole “molto lontane dalla realtà”. Tel Aviv, vede il giacimento di gas di Karish come parte della sua zona economica esclusiva, e quindi lo ritiene non rilevante per la disputa di confine col Libano.

La soluzione di questa controversia è fondamentale per il Libano – intrappolato in una grave crisi economica dal 2019 – per poter svolgere la sua esplorazione di idrocarburi nell’area contesa, dove si trova il Blocco 9 della Zona Economica Esclusiva Libanese. Situata appena al largo della costa meridionale del Libano, quest’area è considerata una delle più promettenti in termini di risorse di gas naturale. I colloqui israelo-libanesi per risolvere la controversia marittima sono iniziati nell’ottobre 2020, sotto l’egida dell’ONU e degli Stati Uniti, proseguendo nella sede provvisoria delle Nazioni Unite nel Libano meridionale dopo che i due Paesi hanno concordato un quadro per i colloqui. Ma due mesi dopo si è verificata un’altra empasse, perché la delegazione libanese ha rivendicato 860 km2 in più nel sud.

A febbraio scorso, al termine di una visita di due giorni a Beirut, Hochstein ha invitato il governo libanese ad adottare una posizione unitaria sulla disputa marittima con Israele per consentirgli di andare avanti. Ha anche respinto la proposta massimalista del Libano sulla linea 29, dando così implicitamente a Israele il via libera per sfruttare il giacimento di gas di Karish. Dal canto Aoun ha finito per dire che la linea 23 più limitata era davvero il confine marittimo libanese tornando indietro rispetto alla sua originale posizione massimalista. Tuttavia, le trattative rimangono bloccate.

Entrambe le parti hanno un ulteriore incentivo a risolvere la disputa: perché il conflitto di confine marittimo, rischia di interagire pericolosamente con le tensioni in corso tra lo Stato ebraico e Hezbollah, il movimento libanese che si è autoproclamato difensore delle risorse di idrocarburi del Paese, con il suo leader Nasrallah, che infatti, ha più volte minacciato Israele di bombardare le sue installazioni in caso di esplorazione unilaterale in aree marittime contese tra i due Stati.

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