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L’acciaio a zero emissioni di CO2 si produce in Svezia

L’acciaio a zero emissioni di CO2 si produce in Svezia

K metro 0 – Stoccolma – Per centinaia di anni, gli altiforni alimentati con carbone hanno forgiato l’acciaio usato in automobili, ferrovie, ponti e grattacieli. Ma gli sbuffi di fumo del carbone da coke sono una grande fonte di anidride carbonica, il gas che intrappola purtroppo il calore e che determina il cambiamento climatico. Secondo

K metro 0 – Stoccolma – Per centinaia di anni, gli altiforni alimentati con carbone hanno forgiato l’acciaio usato in automobili, ferrovie, ponti e grattacieli. Ma gli sbuffi di fumo del carbone da coke sono una grande fonte di anidride carbonica, il gas che intrappola purtroppo il calore e che determina il cambiamento climatico.

Secondo la World Steel Association, ogni tonnellata di acciaio prodotta nel 2020 ha emesso quasi il doppio di anidride carbonica (1,8 tonnellate) nell’atmosfera. Il totale delle emissioni provenienti dalla produzione di acciaio è stato di circa 2,6 miliardi di tonnellate nel 2020, pari circa al 7% delle emissioni globali di CO2. In Svezia, però, una sola azienda, il gigante dell’acciaio SSAB, rappresenta circa il 10% delle emissioni del paese a causa dei forni che gestisce in stabilimenti come quello nella città settentrionale di Lulea. Ma non lontano, un impianto pilota ad alta tecnologia sta cercando invece di ridurre in modo significativo le emissioni di carbonio coinvolte nella produzione dell’acciaio, trasferendo parte di quel processo dalla combustione di carbone da coke alla combustione di idrogeno prodotto con energia rinnovabile.

Si chiama Hybrit – o Hydrogen Breakthrough Ironmaking Technology – la joint venture tra SSAB, la società mineraria LKAB e l’azienda elettrica statale svedese Vattenfall, lanciata nel 2016. L’industria siderurgica è in effetti sempre più sotto pressione per ridurre l’impatto ambientale e contribuire all’accordo di Parigi sul clima de 2015, che punta a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius.

Un gruppo di esperti dell’Onu pubblicherà presto un rapporto sugli sforzi per frenare il cambiamento climatico. I nuovi veicoli devono avere una media di 40 mpg entro il 2026, rispetto ai 28 mpg. “Il costo dell’energia rinnovabile, l’energia senza fossili, era sceso drasticamente e al contempo si aveva una crescente consapevolezza dell’importanza dell’accordo di Parigi 2015 per ridurre le emissioni globali” ha detto Mikael Nordlander, capo della decarbonizzazione industriale di Vattenfall.”Ci siamo resi conto che ora potremmo avere la possibilità di superare l’uso dei combustibili fossili nell’industria con questa elettricità proveniente da fonti prive di fossili”, ha aggiunto. L’anno scorso, l’impianto ha fatto la sua prima consegna commerciale.

Le case automobilistiche europee che si sono impegnate a ridurre drasticamente le loro emissioni hanno bisogno di acciaio più pulito. Il gruppo cinese Volvo è diventato la prima casa automobilistica a collaborare con Hybrit. Anche altre aziende, tra cui Volkswagen, segnalano la richiesta di acciaio verde. I produttori della preziosa lega ferrosa in Europa hanno annunciato programmi per aumentare la produzione di acciaio realizzato senza l’utilizzo di carbone.

Il processo Hybrit mira in sostanza a sostituire il carbone da coke, tradizionalmente usato per la produzione di acciaio basato sul minerale, con idrogeno ed elettricità rinnovabile. Si inizia con pellet di minerale di ferro di colore marrone che reagiscono con l’idrogeno gassoso e vengono ridotti a forma di palla “ferro spugna”, che prende il nome dai pori lasciati dopo la rimozione dell’ossigeno. Questo viene poi fuso in un forno elettrico. Se anche l’idrogeno è prodotto con energia rinnovabile, il processo non produce CO2. “Otteniamo il ferro e poi il vapore acqueo”, ha spiegato Martin Pei, responsabile della tecnologia di SSAB. Il vapore acqueo può essere condensato, ricircolato e riutilizzato nel processo”.

E così, “risolviamo davvero la causa principale delle emissioni di anidride carbonica nella produzione dell’acciaio”, ha detto. L’acciaio è un materiale riciclabile, ma la domanda commerciale di questa lega è destinata a crescere nei prossimi anni per via della spinta a trasformare la società e a costruire turbine eoliche, impianti solari, linee di trasmissione di energia e nuovi veicoli elettrici.

Entro la fine di questo decennio, l’Unione europea punta a ridurre le emissioni complessive di CO2 da parte dei 27 paesi membri del 55% rispetto ai livelli del 1990. Parte di questo sforzo include anche il far pagare alle aziende le loro emissioni di CO2 e incoraggiare il passaggio ad alternative a basso contenuto di carbonio.

L’industria svedese dell’acciaio ha così stabilito dei termini di tempo precisi per raggiungere operazioni “senza fossili”: il 2045. La SSAB a gennaio ha anticipato i suoi piani per eliminare in gran parte le emissioni di anidride carbonica nei processi di produzione dell’acciaio entro la fine di questo decennio. “Le aziende sono ben consapevoli delle loro possibilità e limiti nei processi attuali, e che devono fare qualcosa”, ha detto Helen Axelsson, direttore di energia e ambiente al Jernkontoret, l’associazione svedese dei produttori di acciaio.

Ma la World Steel Association ha precisato che oltre il 70% della produzione globale di acciaio avviene però in Asia, dove i produttori della lega ferrosa non hanno accesso alle stesse quantità di vecchi rottami di acciaio dei paesi industrializzati da più tempo. Questo è un altro motivo per cui le emissioni medie per tonnellata di acciaio sono più alte nel sud del mondo. Filip Johnsson, professore di tecnologia energetica all’Università Chalmers di Göteborg, ha dichiarato che le grandi quantità di elettricità rinnovabile necessarie per produrre idrogeno e acciaio più pulito potrebbero rendere difficile l’introduzione del processo Hybrit in altre parti del mondo. “Direi che la sfida principale è quella di ottenere invece carichi di elettricità e anche di fornirla costantemente”.

Il piccolo impianto pilota di Lulea in Svezia è ancora una semplice struttura di ricerca, e finora ha prodotto solo un paio di centinaia di tonnellate. Si punta però a costruire un impianto dimostrativo più grande e iniziare le consegne commerciali entro il 2026.

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