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Schmidt, rappresentante Ue a Sarajevo: la Bosnia rischia un’altra guerra civile

Schmidt, rappresentante Ue a Sarajevo: la Bosnia rischia un’altra guerra civile

K metro 0 – Sarajevo – La Bosnia-Erzegovina, l’ex-repubblica della Federazione jugoslava che, nella guerra civile del 1991–’95 fu teatro di molti dei più sanguinosi crimini bellici da parte di alcuni milizie serbi, potrebbe tornare scenario di nuovi laceranti conflitti interetnici, a causa di un’escalation che dura da mesi, e che rischia di far precipitare

K metro 0 – Sarajevo – La Bosnia-Erzegovina, l’ex-repubblica della Federazione jugoslava che, nella guerra civile del 1991–’95 fu teatro di molti dei più sanguinosi crimini bellici da parte di alcuni milizie serbi, potrebbe tornare scenario di nuovi laceranti conflitti interetnici, a causa di un’escalation che dura da mesi, e che rischia di far precipitare il Paese balcanico nel caos. È l’allarmante denuncia lanciata da fonte più che attendibile, l’Alto rappresentante della comunità internazionale a Sarajevo, il tedesco Christian Schmidt.

Sarebbe “Inaccettabile annullare le conquiste degli ultimi 26 anni”, ha detto Schmidt, rivolgendosi al Parlamento bosniaco. Qualsiasi disfacimento unilaterale delle istituzioni statali sarebbe una “battuta d’arresto molto grave” per questo Paese. Ma a cosa si riferiva, esattamente, il rappresentante della comunità internazionale (e soprattutto della UE) a Sarajevo?

La situazione nel Paese è molto tesa dopo la crisi istituzionale aperta dal leader serbo-bosniaco Milorad Dodik (erede ideale del defunto Radovan Karadzic), membro della presidenza confederale che governa l’ex repubblica jugoslava: che ha minacciato di ritirare la sua componente dalle forze armate e formare un esercito esclusivamente serbo all’interno della Bosnia. Dodik ritiene, infatti, che le tensioni in Bosnia siano fomentate da potenze straniere che vorrebbero creare, secondo lui, “uno Stato musulmano”. E avverte che qualsiasi mossa della UE per escludere la Republika Srpska (l’entità serbo-bosniaca con capoluogo Banja Luka, a maggioranza serba, dove il partito di Dodik, Alleanza dei Socialdemocratici Indipendenti, è al potere) dalle sue iniziative in questo Paese non farebbe altro che “cementare l’indipendenza” di questa entità politica.

Un altro “Caso Catalogna” in Bosnia? La realtà è assai più complessa e preoccupante. Molti osservatori, infatti (“confortati” dall’appoggio, neanche troppo velato, di Belgrado, Mosca e Pechino a Dodik), temono che, agitando lo spauracchio d’uno Stato musulmano all’interno della Bosnia, governato magari dagli integralisti islamici, il leader serbo-bosniaco punti, in realtà, a resuscitare la famigerata “Repubblica serba di Bosnia”, la cui creazione, nel 1991 –’95, non fece altro che inasprire un conflitto già abbastanza sanguinoso e lacerante.

Tutto questo, inoltre, mentre le attuali forze armate della Bosnia-Erzegovina (OSBiH), incorporanti componenti serbe, croate e bosniache che si sono combattute nella guerra degli anni ’90, son considerate dalla gente come il più grande risultato dalla fine del conflitto civile ed etnico degli anni ‘90 i(n cui morirono circa 100.000 persone). Un simbolo, insomma, della ritrovata unità interetnica e istuzionale del Paese dopo anni di tragedie.

Le accuse mosse al leader serbo-bosniaco, insomma, sono quelle di voler smantellare le istituzioni dello Stato, e i vertici di Sarajevo hanno scritto all’UE e agli USA parlando di accordi di pace (quelli di Dayton del 1995, che posero fine al conflitto nell’ex-Jugoslavia).in pericolo. Quegli accordi, patrocinati da USA, UE  e altri Stati europei, avevano fissato i criteri per una pace più solida possibile, in un’area in cui da sempre si annidano pericolosi rigurgiti nazionalisti e oscure pulsioni alla “pulizia etnica”..

Nella lettera a Bruxelles, indirizzata tra gli altri alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e ai presidenti del Parlamento europeo David Sassoli e del Consiglio europeo Charles Michel, i presidenti della Camera dei Rappresentanti (la Camera bassa), Denis Zvizdic, e della Camera dei Popoli della Bosnia (la Camera Alta, rappresentativa delle varie regioni del Paese), Bakir Izetbegovic, lanciano l’allarme su una possibile escalation delle tensioni. “Solo con una decisa reazione congiunta”, affermano i due leader, si possono “fermare le conseguenze catastrofiche che deriverebbero dalle minacce dei seguaci politici di Dodik”. “L’alternativa è il collasso dell’accordo di pace di Dayton, e quindi della pace in Bosnia-Erzegovina”, conclude la lettera. “Occorre impedire questo scenario con tutti i mezzi”.

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