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Il ddl Zan, l’ultima presa di posizione del Vaticano: intervista a Bobo Craxi

Il ddl Zan, l’ultima presa di posizione del Vaticano: intervista a Bobo Craxi

K metro 0 – Roma – Mentre il panorama politico italiano s’interroga sulla recente presa di posizione del Vaticano sul disegno di legge Zan (attualmente fermo al Senato, e di cui la Segreteria di Stato di Oltretevere ha suggerito all’Italia di rivedere alcuni punti), interroghiamo su questi temi un socialista, parlamentare emerito, particolarmente competente in

K metro 0 – Roma – Mentre il panorama politico italiano s’interroga sulla recente presa di posizione del Vaticano sul disegno di legge Zan (attualmente fermo al Senato, e di cui la Segreteria di Stato di Oltretevere ha suggerito all’Italia di rivedere alcuni punti), interroghiamo su questi temi un socialista, parlamentare emerito, particolarmente competente in materia: Bobo (all’anagrafe, Vittorio) Craxi, che ha voluto parlare con Kmetro0.it

Esordito in politica a Milano nei primissimi anni ’90, figlio dello statista Bettino Craxi, firmatario, nel 1984, del nuovo Concordato con la Chiesa dopo quello del ’29, Bobo, dopo la tempesta di “Mani pulite” e la scomparsa del padre, milita inizialmente nel Nuovo PSI di Gianni De Michelis, schierato col Centrodestra (nelle cui file viene eletto nel 2001 alla Camera: dove, per la XIV Legislatura, sarà membro della III Commissione). Schieratosi poi col Centrosinistra, Craxi nel 2006 è Sottosegretario agli Esteri (con l’importante delega ai rapporti con l’ONU e per le grandi questioni economiche) nel II governo Prodi. Nel nuovo Partito socialista rifondato nel 2007, Bobo, come dirigente nazionale, segue specialmente i temi di politica internazionale (a settembre 2017, con Piero Fassino e Romano Prodi, ha lanciato un appello per il dialogo tra il Governo di Madrid e i separatisti catalani: appello , ultimamente, in parte raccolto dal premier spagnolo Pedro Sanchez).

D. Onorevole Craxi, cosa pensa di questi recenti suggerimenti della Segreteria di Stato vaticana al Parlamento italiano, che sta discutendo il ddl Zan contro omofobia e transfobia ( proprio mercoledì prossimo, 30 giugno, i capigruppo di maggioranza cercheranno di raggiungere un’intesa sulla sua discussione al Senato)?

R. La questione è complessa, investendo diversi temi. Ma anzitutto direi che la presa di posizione della Chiesa è abbastanza inusuale sul piano formale, esprimendo una sorta di “dissenso preventivo” nei confronti delle prossime deliberazioni del Parlamento italiano: che, ricordiamolo, non ha ancora deciso sul ddl Zan. Mentre, sul piano sostanziale, questa sorta di “altolà”, quasi, fa capire che la Chiesa, in complesso, non è propensa a riconoscere altro che la forma tradizionale di famiglia e dei sessi: dimostrando una scarsa capacità di capire l’evoluzione della società, inevitabilmente cambiata, negli ultimi decenni, anche su questi piani. Con la nascita di nuove forme di di famiglia, e di movimenti che lottano per i diritti dei cittadini omosessuali, bisessuali, e transgender.

D. Ecco: anzitutto, qual è, a suo giudizio, il vero fine del ddl Zan?

R- A guardar bene, questo tanto chiacchierato ddl Zan, n.2005, in sintesi non impone alcuna verità ideologica o “di regime”, ma si limita, in sostanza, ad estendere ai cittadini, da un lato, disabili, dall’altro appunto, GLBT, la tutela già introdotta dalla legge Mancino nel 1993: sanzionando penalmente le forme di discriminazione, o di offesa e attacco, contro queste categorie di cittadini, “per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». L’art. 4 del ddl, poi, precisa che, ovviamente, è lecito anche avere, su questi temi, una visione diversa: purchè questo non si traduca in comportamenti pratici che rappresentino un pericolo concreto di atti discriminatori o violenti. Quest’ultimo punto, direi, rappresenta un’effettiva lacuna del ddl, perché conferirebbe eccessiva discrezionalità al giudice chiamato a valutare la liceità di un certo comportamento. Però, tornando alla Chiesa, la sua contrarietà a un disegno di legge come questo esprime una visione della società a dir poco conservatrice.

D. Il Vaticano non entra tanto nel dettaglio di questo ddl: nella nota consegnata il 17 giugno all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede, la Segreteria di Stato “si limita” a rilevare che alcuni contenuti dello “Zan”— specie “nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi ‘fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere’ — avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”. Libertà assicurate specialmente dall’articolo 2 del Concordato dell’84, che “riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa”. E’ fondato questo rilievo, a Suo giudizio?

R. Direi proprio di no. Tant’è vero che l’art. 7 del ddl, oltre a istituire , per il 17 maggio, la Giornata nazionale della lotta ad omofobia, lesbofobia, bifobia, transfobia, prevedendo che le scuole pubbliche e private organizzino, per tale data, cerimonie e iniziative di dibattito, non contempla però alcuna sanzione – amministrativa o di altro genere – per gli istituti che non volessero farlo. E’ direi, una situazione analoga, “mutatis mutandis”, a quella già esistente da anni per l’aborto: autorizzato da una normativa nazionale che prevede, però, anche il diritto all’obiezione di coscienza per i sanitari che non volessero effettuare un’interruzione di gravidanza. La posizione della Chiesa su questo tema dei diritti delle minoranze GLBT è, purtroppo, quasi prepolitica, comunque preilluministica: il Vaticano, insomma, non vuol riconoscere (nonostante effettivi passi avanti fatti, negli ultimi anni, da Pontefici come Francesco, Benedetto XVI e lo stesso Giovanni Paolo II,.N.d.R.) che la società, oggi, contempla l’esistenza anche di queste minoranze. La religione è immanente, certo, ma la società è cangiante, in continuo mutamento.

D. Come valuta, allora, la presa di posizione del Premier Mario Draghi, che al Vaticano ha ricordato che, su questo tema, solo il Parlamento e il Governo italiani possono decidere?

R. Bene ha fatto Draghi a ricordare il principio fondamentale della laicità dello Stato. Su come questa laicità, però, debba realizzarsi nell’Italia del 2000 (se, cioè, sia giusto seguire un modello di totale divisione tra Stato e Chiesa, sull’esempio della Francia, o, invece, il tradizionale modello italiano, cavouriano, di separazione, “Libera Chiesa in libero Stato”, coi necessari aggiustamenti), il dibattito resta aperto. E’ molto importante, però, che la Chiesa si renda conto che un regime comunque di reciproco rispetto, senza reciproche interferenze, tra essa e lo Stato, senza furori né clericali, né laicisti, è anche nel suo stesso interesse, serve proprio a tutelare la libertà d’azione e la stessa dignità sua e di tutte le altre confessioni religiose.

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