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Artico: il riscaldamento amplifica i danni all’ecosistema

Artico: il riscaldamento amplifica i danni all’ecosistema

K metro 0 – Mosca – Secondo un rapporto della National Oceanic and Atmospheric Administration, i vasti incendi di quest’anno nell’estremo nord-est della Russia sono stati causati da innalzamenti sconcertanti del riscaldamento dell’Artico. Gli incendi sono parte naturale di molti ecosistemi boreali, ma l’entità delle fiamme durante la passata stagione degli incendi è stata direttamente

K metro 0 – Mosca – Secondo un rapporto della National Oceanic and Atmospheric Administration, i vasti incendi di quest’anno nell’estremo nord-est della Russia sono stati causati da innalzamenti sconcertanti del riscaldamento dell’Artico.

Gli incendi sono parte naturale di molti ecosistemi boreali, ma l’entità delle fiamme durante la passata stagione degli incendi è stata direttamente influenzata dai cambiamenti climatici, lo ha affermato Alison York, “fire scientistdell’Università dell’Alaska Fairbanks e collaboratrice dell’annuale Arctic Report Card.

Il rapporto della studiosa ha rivelato che i recenti incendi sono stati amplificati dalle elevate temperature dell’aria e dalla diminuzione del manto nevoso sul terreno nella regione artica.

L’anno trascorso tra ottobre 2019 e settembre 2020 è stato il secondo anno più caldo mai registrato nell’Artico, aggiunge la relazione della York, che ha evidenziato anche come a giugno l’estensione della neve sul suolo dell’Artico eurasiatico sia stata la più bassa mai registrata in 54 anni.

“In quelle condizioni, alberi e piante sono solo più infiammabili”, ha affermato la ricercatrice.

Don Perovich, scienziato del ghiaccio marino di Dartmouth che ha contribuito al rapporto, ha aggiunto che “l’Artico non è solo una miniera di componenti, ma è davvero un sistema complesso ed interconnesso: quando succede qualcosa in una parte del sistema, risultano effetti a cascata”.

Infatti, per quanto riguarda la quantità di ghiaccio sul nostro pianeta, a settembre i satelliti hanno registrato la seconda estensione più bassa del ghiaccio marino dall’inizio delle registrazioni, cominciate ben 42 anni fa.

Lo scioglimento del ghiaccio è sia il risultato dell’aumento delle temperature sia un acceleratore di ulteriori cambiamenti, ha detto Perovich. “Man mano che il ghiaccio marino si assottiglia, più luce può penetrare nell’oceano, con impatti poco chiari per gli ecosistemi”, ha asserito il ricercatore.

Man mano che la copertura di neve e ghiaccio diminuisce, anche le superfici terrestri e oceaniche assorbono più calore ed in conseguenza “i cambiamenti nel clima artico sono importanti perché l’Artico funge da frigorifero per il resto del mondo, aiuta a raffreddare il pianeta”, come affermato da Lawrence Mudryk, collaboratore della ricerca e del rapporto e scienziato del clima presso Environment and Climate Change Canada, che ha inoltre sottolineato che “la superficie dell’Artico che continua ad essere coperta dalla neve e dal ghiaccio marino riflette in parte l’efficienza del funzionamento di quel frigorifero”.

Importante è evidenziare come il rapporto dell’anno scorso includesse, per la prima volta, saggi e ricerche fornite dalle comunità indigene dell’Artico. Ma nel 2020, non è stata possibile una stretta collaborazione tra scienziati in visita e comunità autoctone a causa delle restrizioni legate alla pandemia in atto.

Matthew Druckenmiller, scienziato del clima presso l’Università del Colorado Boulder e anch’esso collaboratore dello studio, ha affermato che gli sforzi per coinvolgere le comunità indigene riprenderanno dopo che la pandemia si sarà placata.

Ma ciò che dovrebbe spaventare il mondo intero è che le conseguenze del riscaldamento delle regioni boreali si fanno già sentire ben oltre le regioni stesse.

L’Artico continua ad essere una sirena di avvertimento su come il nostro sistema terrestre sta cambiando ed è importante che sia i rappresentati politici che il pubblico comprendano che gli impatti non rimarranno nell’Artico con gli orsi polari”, ha affermato il professore di meteorologia dell’Università della Georgia Marshall Shepherd, che non ha ancora preso parte al progetto, e che ha commentato questi ultimi allarmanti dati scientifici asserendo che “li percepiamo anche attraverso i cambiamenti nei nostri modelli meteorologici, l’innalzamento del livello del mare e la pesca”.

Continuando di questo passo, non solo l’Artico, ma tutto il sistema naturale mondiale dovrà fare i conti con danni irrimediabili, causati principalmente da uno sfruttamento incontrollato e deleterio del nostro patrimonio più importante, ovvero la nostra Terra.

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Daniele Marrone
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