Nel cammino della civiltà – (prima parte)

Nel cammino della civiltà – (prima parte)

K metro 0 – Roma – Il concetto di giustizia si riferisce oggi al dato meramente formale ed estrinseco della conformità di un fatto alla legge; quello di equità al criterio sostanziale della sua aderenza alla coscienza collettiva in un determinato momento storico. La legge non può e non deve essere creazione arbitraria del Legislatore,

K metro 0 – Roma – Il concetto di giustizia si riferisce oggi al dato meramente formale ed estrinseco della conformità di un fatto alla legge; quello di equità al criterio sostanziale della sua aderenza alla coscienza collettiva in un determinato momento storico.

La legge non può e non deve essere creazione arbitraria del Legislatore, bensì il frutto consapevole della coscienza razionale, al pari del linguaggio, del costume, dell’arte, della letteratura. Essa è pertanto un fatto naturale e sociale, condizionata quindi a quella norma essenziale di vita che regola ogni altro accadimento naturale e sociale: la legge dell’evoluzione.

L’ultima frontiera dell’equità o della giustizia in assoluto che dir si voglia, va posta nella corrispondenza delle norme fondamentali di uno Stato, a quella razionalità naturale che solo la cultura è in grado di fare emergere ovunque ed in ognuno, con caratteri di oggettività incontrovertibile.

Attraverso la diffusione della cultura, nel Medioevo la classe che si avviò a divenire protagonista in Europa della storia dell’età moderna e contemporanea, fu la borghesia

L’economia fondiaria fu superata da quella monetaria, tipica del nascente sistema capitalistico, che offriva nuove prospettive agli artigiani, ai contadini ed ai commercianti, i quali uscendo da un’esperienza di interscambio puramente locale, furono attratti dalle nuove prospettive offerte dalle Fiere.

La rapidità dei commerci e la loro espansione esigevano strumenti agili di contrattazione, per cui si diffusero le Lettere di cambio, progenitrici della moderna cambiale, fra operatori che si trovavano a migliaia di chilometri di distanza fra di loro.

La Chiesa cattolica, che aveva severamente condannato l’usura, ritenendola insita in ogni interesse, nella pratica applicò il relativo divieto con molta mitezza, ma fu Calvino ad elaborare la teoria della liceità morale dell’interesse, influenzato da una realtà già matura ed operante nel suo tempo.

Fra diritto ed economia vi sono certo dei nessi assai profondi, senza peraltro che si possa ridurre l’ordine giuridico a mera espressione di istanze economiche, essendo fondamentale il momento etico.

Coloro che operano nel mondo economico debbono dunque avere una certa sensibilità etica e devono tener ben certo che non solo l’attività economica ha le sue insopprimibili leggi, di cui anche il diritto è tenuto doverosamente a tener conto; ma che il diritto stesso ha il compito di porre condizioni e limiti necessari all’attività economica, per fini che vanno ben oltre degli interessi contingenti ed immediati.

Nel mondo islamico, viceversa, il danaro non poteva dare (e non può dare tuttora) interessi (Riba) sul denaro prestato, anche senza sconfinare nella patologia dell’usura. La finanza islamica –allora come oggi- consente solo il prestito qard-el-hassan (letteralmente“buon prestito”), dove il creditore non addebita alcun interesse alla cifra prestata.

Come stabilito nella Shari’ah (legge islamica), la finanza islamica si fonda sulla tesi che colui che eroga il capitale e colui che lo utilizza, devono ripartire egualmente il rischio di impresa, onde –nel campo bancario in specie- il depositante, la banca e il debitore dividano i rischi ed i guadagni (“maggiori rischi, maggiori guadagni”)

Tornando all’Basso Medioevo, la riscoperta dell’antichità classica in Italia tra il XIV ed il XV secolo non nacque dal nulla, poiché un atteggiamento di devota ammirazione verso i modelli del passato, ancorché circoscritto ad una ristretta cerchia di dotti laici ed ecclesiastici, si era manifestato sin dalla Rinascenza medioevale

Un ben più ampio e diffuso interesse verso i menzionati modelli, si verificò nel periodo denominato dell’Umanesimo, sia per il culto delle humanae literae che lo contraddistinse, che per la centralità accordata alla dignità dell’Uomo.

L’Umanesimo giuridico comportò la limitazione della tortura, la condanna della rappresaglia, la denunzia della tirannide, la creazione di una scienza dei delitti e delle pene, l’elaborazione di un diritto della guerra e della pace.

Dal culto per l’antico tipico dell’Umanesimo, il Rinascimento passò ad una più vigorosa affermazione di tutto ciò che era nuovo, proiettandosi verso nuovi traguardi di conoscenza e di progresso, senza peraltro che ciò comportasse come corollario, il dover rinnegare le radici cristiane, ben saldamente testimoniate dall’espressione artistica, poetica e prosastica, che continuarono a trarne alti motivi di ispirazione.

Il domenicano Bartolomeo de Las Casas partendo dal presupposto giusnaturalistico di una razionalità comune a tutti gli uomini, a prescindere dal loro credo religioso, ritenne che i vari popoli avessero pari dignità e che, pertanto, essendo anche stati creati liberi ad immagine di Dio, la schiavitù era contro natura.

Domingo de Soto teologo domenicano anche egli, sostenne che pure gli infedeli del Nuovo Mondo avevano una legittima titolarità dei loro beni ed i loro singoli governanti erano lecitamente supportati dal loro consenso. La schiavitù che i conquistadores volevano loro imporre, era contraria al diritto naturale, avendo Iddio creato liberi tutti gli uomini.

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