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Taiwan, nessun aereo cinese abbattuto, ma le mire di Pechino continuano

Taiwan, nessun aereo cinese abbattuto, ma le mire di Pechino continuano

K metro 0 – Taiwan – È stata da poche ore smentita ufficialmente dalla Forza Aerea di Taiwan la “fake news“, dell’abbattimento da parte della difesa aerea di Taiwan di un cacciabombardiere cinese che era penetrato nello spazio aereo della “Cina democratica”. Il caccia, che avrebbe dovuto essere un Sukhoi Su-35, di cui Pechino annovera nei suoi arsenali

K metro 0 – Taiwan – È stata da poche ore smentita ufficialmente dalla Forza Aerea di Taiwan la “fake news“, dell’abbattimento da parte della difesa aerea di Taiwan di un cacciabombardiere cinese che era penetrato nello spazio aereo della “Cina democratica”. Il caccia, che avrebbe dovuto essere un Sukhoi Su-35, di cui Pechino annovera nei suoi arsenali 24 esemplari acquisiti dalla Russia. L’aereo sarebbe poi, secondo la falsa notizia, precipitato sull’isola.

Purtroppo, la Cina comunista non ha mai rinunciato a quello che dice è il suo diritto di “riunificare” Taiwan anche con la forza se i suoi “cosiddetti” mezzi pacifici fossero ostacolati. Quindi gli eserciti di entrambe le parti devono continuamente tenersi in stato di allerta, per quanto remota una guerra possa sembrare. Negli ultimi tempi il numero di esercitazioni navali condotte dalla Cina ha destato allarme, tanto più in un momento di peggioramento delle relazioni tra Cina e America su diversi fronti. Il delicato status quo, in cui la Cina insiste che Taiwan fa parte del suo territorio, ma l’isola funziona come un paese indipendente, si sta logorando. Come afferma il Global Times, un tabloid ufficiale cinese: “La possibilità di una riunificazione pacifica sta diminuendo drasticamente”. Per fortuna, questo non significa che la guerra sia imminente. Il 28 agosto il presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ha partecipato all’apertura di un impianto di manutenzione per i caccia F-16 di fabbricazione americana sull’isola. Nel suo discorso ha detto che voleva che “il mondo vedesse la nostra forte volontà di proteggere il Paese”.

Nonostante quanto precede, Pechino ha organizzato una serie di esercitazioni, definite “realistiche”, su tre diverse aree marittime nello Stretto di Taiwan, sia all’estremità nord sia a quello sud dell’isola. In particolare, la stampa cinese ha descritto queste manovre come una “massiccia” esercitazione nello stretto all’inizio del mese, concepita sia come “deterrenza chiara e senza precedenti” sia come addestramento militare. Senza dubbio, con lo stesso messaggio di sfida, il 10 agosto, i caccia cinesi hanno attraversato la linea mediana nello stretto che simboleggia il confine aereo non ufficiale.

Le esercitazioni sembrano intese a ricordare a Taiwan e all’America quanto seriamente Pechino tratti la sua “sacra missione” di riportare Taiwan sotto la sua sovranità, ma anche a ostentare che la capacità militare cinese sia in rapido miglioramento. È difficile non vedere quest’ostentazione di capacità militare come parte di un approccio cinese più deciso alla sua regione. Ciò è stato evidente nel Mar Cinese Meridionale, dove Pechino ha costantemente rafforzato la presenza militare in acque contese in tutto o in parte con Brunei, Malesia, Filippine, la stessa Taiwan e Vietnam. Le rivendicazioni della Cina sul controllo del mare sono state, comunque, già respinte sia da un tribunale internazionale nel 2016 sia, da Washington proprio il mese scorso,

Nelle ultime settimane un membro del gabinetto di Trump, Alex Azar, il segretario alla sanità, ha visitato Taiwan e ha incontrato la Presidente Tsai (apparentemente creando le condizioni per l’ennesima provocazione di Pechino che ha organizzato in quelle ore di visita un’incursione di un jet da combattimento nello spazio aereo di Taiwan). Ancora più preoccupanti, dal punto di vista della Cina, sono gli appelli di alcuni politici ed ex funzionari americani affinché il governo se impegni più chiaramente a difendere Taiwan. Al momento tale difesa è vincolata solo da una legge approvata nel 1979 che s’impegna a “considerare qualsiasi sforzo per determinare il futuro di Taiwan con mezzi diversi da quelli pacifici, inclusi boicottaggi o embarghi, una minaccia alla pace e alla sicurezza dell’area del Pacifico occidentale e di grave preoccupazione per gli Stati Uniti”.

Nel suo libro di memorie pubblicato quest’anno, John Bolton, uno dei consiglieri per la sicurezza nazionale licenziati da Trump, ipotizza che Taiwan potrebbe essere il prossimo alleato americano a essere “scaricato” dal suo ex capo. Come ha affermato questo mese un commentatore del Global Times: “Taiwan per gli Stati Uniti è solo un pezzo degli scacchi negoziabile”. Dopo tutto, il presidente Trump ha sempre messo “l’America al primo posto”. Le concessioni commerciali gli sono sempre sembrate più importanti delle alleanze. Credere anche a Bolton si può, ricordando però che ha scritto tutto questo dopo essere stato destituito.

Facendo specifico riferimento proprio alla pandemia da Virus di Wuhan, gli esiti tragici degli errori di Pechino hanno, reso la comunità internazionale profondamente consapevole dell’ingiusta esclusione e discriminatoria di Taiwan dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal sistema delle Nazioni Unite. La Repubblica Democratica di Cina, in particolare, il governo di Taipei democraticamente eletto continuano a fare pressioni sull’ONU affinché ponga fine al blocco di Taiwan che, ricordiamolo sempre contro ogni falso storico o balla mediatica (pare tutto sia possibile dopo di quella dell’abbattimento), non è mai stata parte della Cina Popolare. Il Presidente e il parlamento di Taipei sono eletti direttamente dal popolo di Taiwanese chiedono, con forza e a ragione, che l’ONU riconosca che solo il governo eletto di Taiwan può rappresentare i suoi 23,5 milioni di persone.

In sintesi, Pechino non ha il diritto di parlare a nome di Taiwan. Viktor Taransky scrisse: “La nostra capacità di creare il falso ora supera la nostra capacità di scoprirlo.”

Generale Giuseppe Morabito

 

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