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Rassegna internazionale. Il mondo e l’economia nella morsa del Covid-19

Rassegna internazionale. Il mondo e l’economia nella morsa del Covid-19

K metro 0 – Parigi – I domenicali di Times e Guardian puntano il dito sulle esitazioni, le lacune, gli errori attribuiti alle autorità britanniche, sia a livello politico sia di consulenti scientifici. A cominciare dall’aver ignorato non solo quanto stava accadendo in Cina tra dicembre e gennaio, ma anche gli avvertimenti lanciati dall’Organizzazione Mondiale

K metro 0 – Parigi – I domenicali di Times e Guardian puntano il dito sulle esitazioni, le lacune, gli errori attribuiti alle autorità britanniche, sia a livello politico sia di consulenti scientifici. A cominciare dall’aver ignorato non solo quanto stava accadendo in Cina tra dicembre e gennaio, ma anche gli avvertimenti lanciati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità da fine gennaio. Fra le accuse al governo conservatore di Boris Johnson, quella d’aver minimizzato per tutto il mese di febbraio i rischi dell’epidemia, mentre qualche consigliere discettava su ipotesi di “immunità di gregge”. Sottovalutazioni comuni ad altri Paesi fino al 20 febbraio e oltre, ma che in Gran Bretagna si sono associate ai limiti strutturali e alle fragilità specifiche di un servizio sanitario (Nhs) investito fra l’altro da due decenni di tagli al budget, aperture ai privati, riduzione di personale. Non solo: quando il coronavirus è finalmente stato messo al centro dell’agenda politica, Johnson ha atteso sino al 24 marzo per il lockdown totale, con una decina di giorni di ritardo rispetto all’esempio di altri Paesi, scrive il Guardian. Una scelta il cui impatto è impossibile da calcolare con certezza in assenza di controprove, ma che per il Times potrebbe essere stato causa, o concausa, di alcune migliaia di morti in più. “Al posto di imparare da altre nazioni, e di adeguarsi alle indicazioni dell’Oms, il Regno Unito ha deciso di seguire la sua via”, tuona uno degli accademici più severi verso Johnson e il suo team, Devi Sridhar, dell’Università di Edimburgo. Una via di cui il premier della Brexit potrebbe esser chiamato a rispondere presto o tardi in prima persona: giocandosi una fetta non piccola della sua tuttora notevole popolarità.

Gli Stati federali Usa a caccia di liquidità per pagare i disoccupati. Lo rivela il Wall Street Journal. Lo Stato di New York ha chiesto al governo federale un prestito senza interessi di 4 miliardi di dollari per coprire le indennità di disoccupazione per le persone rimaste senza lavoro, mentre altri Stati spendono i fondi accantonati per pagare le richieste di sussidi di disoccupazione e hanno quasi esaurito i fondi a loro disposizione. Secondo il Wsj, che cita dati del Tesoro, quasi la metà degli Stati federali Usa dalla fine di febbraio ha registrato cali percentuali a due cifre nei saldi dei loro fondi fiduciari, mentre gli assegni da 600 dollari al mese sono stati erogati direttamente attraverso il pacchetto da 2.300 miliardi di aiuti approvati dal Congresso. Il Massachusetts ha utilizzato circa la metà dei suoi fondi disponibili e la California ha registrato il terzo calo più grande in questo periodo: il saldo dei suoi fondi fiduciari è sceso di quasi il 40% da febbraio a 1,9 miliardi dollari a metà aprile.

La stampa contro i tweet di Trump. Il New York Times chiede ai network americani di mettere fine alla diretta dei briefing quotidiani di Donald Trump sul coronavirus ritenendoli solo propaganda politica. La Cnn ha già deciso da alcuni giorni di non trasmetterla, riaccendendo i riflettori solo quando inizia il botta e risposta con i giornalisti, che possono obiettare e confutare le risposte del presidente. “I briefing sono caratterizzati dalla disinformazione di Trump, dai suoi inganni e dalla sua rabbia, dal suo dare colpe e dalle sue vanità”, scrive Charles Blow. Trump, prosegue, “fa disinformazione fiancheggiato da scienziati e dirigenti, la cui presenza serve solo a dare credibilità a performance propagandistiche che hanno semplicemente rimpiazzato i suoi comizi politici”. Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia, in un’intervista al quotidiano britannico Guardian denuncia come milioni di americani siano costretti a rivolgersi alle banche del cibo, a presentarsi al lavoro non avendo la malattia pagata e stiano morendo a causa delle diseguaglianze di accesso alle cure. “I numeri delle persone che si stanno rivolgendo alle banche del cibo sono assolutamente enormi e oltre le loro capacità. È come un Paese del Terzo mondo. La rete di protezione sociale pubblica non funziona”, ha denunciato. Da tempo critico nei confronti di Trump, l’ex Senior Vice President della Banca mondiale ha sottolineato che il 14% della popolazione dipende dai buoni spesa e che gli ammortizzatori sociali non sono in grado di fronteggiare un tasso di disoccupazione che potrebbe arrivare a toccare il 30% nei prossimi mesi.

La Spagna proporrà al vertice europeo del 23 aprile un grande fondo da 1500 miliardi di euro finanziato con debito perpetuo per rispondere alla crisi causata dal Covid-19 scrive il quotidiano El Paìs. Il governo di Pedro Sanchez ha deciso di mettere sul tavolo delle soluzioni diverse da poter negoziare con la Germania, la cui cancelliera Angela Merkel si à già detta contraria a qualsiasi tipo di eurobond, una soluzione che invece i paesi del sud difendono. La Spagna intende aggirare il problema proponendo un grande fondo “finanziato con debito perpetuo da ripartire come trasferimenti – e non come debito – tra i Paesi più colpiti dalla crisi”, scrive il quotidiano e che potrà essere collegato al bilancio dell’Ue, un’idea simile a quella della Francia e che la Germania potrebbe accettare perché non comporterebbe voti complessi al Parlamento tedesco e possibili ricorsi dinanzi alla Corte costituzionale. Gli ultimi contatti tra Angela Merkel e Pedro Sanchez hanno poi aperto un’area di intesa sulla quale si potrebbe costruire un accordo definitivo attorno al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Secondo le fonti consultate da El Paìs, l’accordo del Consiglio europeo potrebbe essere forgiato grazie proprio al terreno di compromesso aperto da Berlino e Madrid.

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Joseph Villeroy
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