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Cipro. Violenza di gruppo su 19enne britannica, Londra preoccupata

Cipro. Violenza di gruppo su 19enne britannica, Londra preoccupata

K metro 0 – Londra – Il Regno Unito è seriamente preoccupato per la possibilità che nel caso di una donna accusata di aver mentito riguardo una violenza di gruppo perpetrata da 12 israeliani a Cipro non sia stato concesso “un processo equo”. Un portavoce del ministero degli Esteri, come riportato dalla BBC, ha definito

K metro 0 – Londra – Il Regno Unito è seriamente preoccupato per la possibilità che nel caso di una donna accusata di aver mentito riguardo una violenza di gruppo perpetrata da 12 israeliani a Cipro non sia stato concesso “un processo equo”. Un portavoce del ministero degli Esteri, come riportato dalla BBC, ha definito quanto avvenuto “profondamente desolante” e ha annunciato che si rivolgerà al più presto alle autorità cipriote. Un intervento inusuale, visto che spesso il Foreign Office evita qualsiasi commento pubblico su procedure legali in corso riguardanti cittadini britannici all’estero.

La ragazza accusata di calunnia, è stata arrestata dopo aver ritirato una denuncia per aver subito uno stupro nel luglio scorso. La 19enne ha spiegato che la polizia cipriota la costrinse a confessare di aver mentito su quanto avvenuto ma le autorità hanno finora negato di aver agito in tale modo. Il giudice del tribunale distrettuale di Famagusta a Paralimni ha aggiornato l’udienza al 7 gennaio, la ragazza potrebbe rischiare fino a un anno di carcere e una multa di 1.500 sterline. I suoi legali hanno chiesto una sospensione della pena. Il legale Michael Polak, a capo di Justice Abroad che sta seguendo la donna, ai microfoni di BBC News ha rivelato che ricorreranno in appello contro la sentenza, visto che la dichiarazione di ritiro della denuncia non è stata fornita al cospetto di avvocati e traduttori, il che violerebbe la norma europea sui diritti umani. Tra le altre cose ha anche criticato la gestione del caso da parte del giudice Michalis Papathanasiou, che si sarebbe rifiutato di ascoltare qualsiasi testimonianza riguardante l’avvenimento della violenza o meno. Inoltre, un altro legale della donna, Nicoletta Charalambidou, agli organi di stampa ha detto che se non dovesse andare in porto l’appello, il caso verrebbe portato al cospetto della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ha fatto presente di non essere d’accordo con la sentenza, viste le violazioni alla procedura e la negazione di un processo equo alla propria assistita. I procuratori hanno risposto che la donna ha scritto e firmato la dichiarazione a dieci giorni dalla denuncia ma questo, secondo quanto riferito dalla 19enne, sarebbe avvenuto a causa della minaccia di arresto. Questa la sentenza del giudice Papathanasiou: “L’imputata ha presentato una denuncia falsa di stupro alla polizia, essendo pienamente cosciente della non veridicità della stessa”, aggiungendo poi che avrebbe cercato di “fuorviare” la corte nella sua testimonianza. Secondo Papathanasiou non ci sarebbe stato “né stupro né violenza” e la polizia avrebbe indagato a fondo “compiendo gli arresti necessari”. Il giudice sostiene che alcune prove video dimostrerebbero che la 19enne abbia agito consensualmente e che avrebbe “inizialmente fornito una versione non reale” perché “in imbarazzo” dopo aver scoperto che alcuni del gruppo la stessero filmando. I suoi legali hanno controbattuto spiegando che il video ritrovato nei telefoni degli israeliani immortalerebbe sì un rapporto consensuale, ma con uno solo del gruppo, mentre gli altri tentavano di entrare nella stanza contro la volontà della ragazza.

La madre di quest’ultima ha definito la sentenza “incredibilmente assurda” e “un incubo”, in un’intervista rilasciata a ITV News ha detto: “Non riesco a credere alle violazioni dei diritti umani avvenute durante tutta la vicenda, come per esempio non avere accesso a un legale mentre si è interrogati per ore” e che al gruppo di israeliani è stata fornita “una difesa in poche ore”. Poi ha concluso invocando il ritorno della figlia nel Regno Unito per beneficiare di un supporto medico per il disturbo post-traumatico.

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