L’allarme di Washington: i migranti una minaccia per la civiltà occidentale

L’allarme di Washington: i migranti una minaccia per la civiltà occidentale

K metro 0 – Bruxelles – E’ passato inosservato il cablo che una decina di giorni fa è partito dal Dipartimento di Stato USA in direzione delle ambasciate e dei consolati in Europa, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Una direttiva con  la quale  si chiede di raccogliere dati e informazioni su crimini commessi da persone

K metro 0 – Bruxelles – E’ passato inosservato il cablo che una decina di giorni fa è partito dal Dipartimento di Stato USA in direzione delle ambasciate e dei consolati in Europa, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Una direttiva con  la quale  si chiede di raccogliere dati e informazioni su crimini commessi da persone di provenienza  migratoria (migrant-related crimes) e le relative violazioni dei diritti umani.

In Italia solo alcuni  siti si  sono occupati della richiesta che è scivolata inosservata nella valanga di notizie da cui siamo inondati. Nessun responsabile del Dipartimento di Stato ha voluto mettere la propria firma sulla notizia, lasciando che fossero gli ” anonimi” a dare i dettagli della richiesta. Tra cui anche la choccante definizione  delle migrazioni di massa come ” una minaccia esistenziale alla civiltà occidentale, capace di minare la stabilità degli alleati- chiave americani”. Dove a destare scalpore è il riferimento alla minaccia esistenziale, ma anche scoprire che per l’amministrazione Trump, che sin qui ha giudicato gli alleati dei parassiti, sfruttatori, in questo contesto li riscopre alleati. Parole usate come clave e la diplomazia ridotta a wrestling. Nessuno dei governi oggetto dell’attenzione particolare del  Dipartimento era stato avvertito. La consultazione rimandata ad un momento successivo: “Abbiamo indicato alle  nostre ambasciate di contattare i governi per comunicare le nostre preoccupazioni e la nostra disponibilità ad individuare alcuni casi di cui magari non hanno mai sentito parlare”.

Insomma gli alleati maltrattati lungo tutta la filiera dei rapporti atlantici e di vicinato, dall’imposizione di dazi alla rimozione dell’ombrello protettivo contro le pretese russe, sono chiamati a dare supporto alle politiche anti-migrazioni dell’amministrazione Trump. E in questo contesto viene espressa una grandissima opinione sulla premier Meloni, “in particolare per il fatto che è pronta a chiamare le migrazioni di massa per quello che sono. E l’Italia è uno di un paio di governi in Europa che hanno avuto il grande coraggio di contrastare la narrazione prevalente, le bugie dell’apertura radicale dei confini”. Il paio di governi sono oltre quello italiano, quello dell’ungherese Orban, alla guida di una “democrazia illiberale”. I dati sulle violazioni dei diritti umani che il governo americano vuole raccogliere includono violenze e aggressioni sessuali contro donne e ragazze, ” da parte di persone con un background migratorio e di origini islamiche estremiste”.

E non si tratta solo di raccogliere informazioni, in una sorta di schedatura di massa globale, il Dipartimento attraverso i social-condivisi da Marco Rubio- chiedeva ai governi ” azioni coraggiose per difendere i cittadini dalle migrazioni di massa”. Nel mirino di Washington c’è il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo che entrerà in vigore a metà del 2026, bocciato da Ungheria e Polonia, e destinato ad andare incontro ai paesi che subiscono la maggior pressione migratoria, ossia Italia, Grecia, Cipro e Spagna. 

Brutta pagina per l’America, ma per niente sorprendente. La guerra ai migranti è uno dei connotati più forti dell’amministrazione del Trump 2; la Casa Bianca l’ha trasformata in una bandiera da sventolare ad ogni raduno dei Maga e dintorni, – qualche giorno dopo il cablo, il presidente su Truth ha annunciato che saranno  sospese in via permanente le migrazioni da tutti i paesi del Terzo Mondo, mettendo fine a benefici e sovvenzioni per i non cittadini e promettendo di denaturalizzare i migranti minacciosi-  dunque non meraviglia che l’effetto lungo arrivi sino ai paesi che tornano a chiamare alleati in questa occasione. Nel breve ed anonimo briefing concesso ai giornalisti, il funzionario non ha esitato a definire gli USA preoccupati per le migrazioni nell’Unione Europea e per le politiche di asilo prevalenti, entrambi destinati a minare la sovranità degli Stati.

Lo slittamento americano verso politiche dal forte contenuto razzista denota un degrado galoppante del discorso pubblico, in America ma anche tra i seguaci del suprematismo bianco e cristiano, in ogni angolo del globo. La riproposizione dell’immagine di un’Europa invasa da frotte di migranti non corrisponde ai dati: gli ingressi irregolari nell’Unione sono diminuiti del 22 per cento quest’anno. Né i migranti regolarmente ospitati si connotano per una particolare predisposizione al crimine. Nonostante le condizioni socio-economiche più fragili i migranti regolari palesano  una predisposizione al crimine, non più elevata rispetto ai nativi. Populismo e qualunquismo si associano nel diffondere una lettura dei fatti del tutto alienata dalla realtà, all’unico scopo di rafforzare i legami interni alle comunità di riferimento, aizzate contro i nemici esterni, ossia i migranti. Per tacere del rischio di generalizzare rilievi con l’effetto di stigmatizzare intere comunità, alimentando xenofobia e razzismo e marginalizzando comunità con i rischi impliciti di regressione. 

Una richiesta rozza, quella americana, che costringe tuttavia i paesi cui è rivolta la richiesta USA ad affrontare apertamente la relazione complessa e spesso scomoda tra immigrazione, sicurezza, identità culturale. Raccogliere i dati sarà un problema, l’interpretazione che ne verrà data sarà ancora più cruciale. Anche in Europa soffia un vento non proprio amichevole verso i migranti e sempre più frequentemente si sentono evocare le “soluzioni innovative” che talvolta potrebbero somigliare alle deportazioni. 

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Rossana Livolsi
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