K metro 0 – Torino – Secondo numerosi attivisti e associazioni, il governo Meloni ricorre sempre più spesso ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) come strumento per colpire persone straniere considerate “scomode” dal punto di vista politico. Una pratica che viene definita illegittima e lesiva dei diritti fondamentali. Detenzione amministrativa o prigionia? Chi
K metro 0 – Torino – Secondo numerosi attivisti e associazioni, il governo Meloni ricorre sempre più spesso ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) come strumento per colpire persone straniere considerate “scomode” dal punto di vista politico. Una pratica che viene definita illegittima e lesiva dei diritti fondamentali.
Detenzione amministrativa o prigionia?
Chi viene rinchiuso in un Cpr non è in una condizione di normale detenzione amministrativa. Questa forma di trattenimento, già di per sé controversa, viene descritta dagli attivisti come una vera e propria prigionia, priva di adeguate garanzie giudiziarie.
La maggior parte delle persone trattenute non ha commesso alcun reato né è passata davanti a un tribunale. È sufficiente la conferma di un giudice di pace perché una persona venga privata della libertà e rinchiusa in celle dove, secondo molte testimonianze, si verificano pestaggi, cure mediche negate, somministrazioni massicce di psicofarmaci e condizioni igieniche gravissime. Non mancano casi estremi in cui i detenuti arrivano a farsi del male pur di ottenere l’arrivo di un’ambulanza.
Il caso dell’imam di Torino
Un episodio considerato emblematico è quello di Mohamed Shahin, imam e attivista per la causa palestinese residente in Italia da decenni. La revoca improvvisa della sua carta di soggiorno ha permesso alle autorità di prelevarlo dalla sua abitazione e trasferirlo nel Cpr di Caltanissetta, nonostante nel centro di Torino – più vicino alla sua rete legale – risultassero posti disponibili.
Shahin è integrato, ha due figli nati in Italia e in Egitto rischierebbe la vita. Per gli attivisti, la sua collocazione nel Cpr sarebbe legata alle sue opinioni politiche più che alla sua posizione migratoria. Non si tratta, sottolineano, di un caso isolato: mesi fa anche un insegnante che aveva pubblicamente criticato il governo israeliano è stato rinchiuso nel Cpr di Ponte Galeria.
L’allarme degli attivisti: “Si puniscono i dissidenti stranieri”
La rete Mai più lager – No ai Cpr segnala che questi episodi stanno aumentando. Gli attivisti denunciano che il trattenimento nei Cpr verrebbe talvolta usato come strumento per silenziare il dissenso politico di persone straniere:
“L’irregolarità del soggiorno è spesso solo un pretesto, o talvolta viene creata artificialmente revocando il permesso di soggiorno. Così si può applicare una reclusione vera e propria in assenza di reato, colpendo non la ‘clandestinità’ ma un comportamento politico non gradito.”
Secondo la rete, la mancanza di controlli adeguati sull’operato dell’esecutivo avrebbe ampliato i poteri del Viminale e delle Prefetture, permettendo interventi senza un effettivo controllo giurisdizionale.
Meccanismi rapidi e poteri estesi
Per “far precipitare” una persona straniera nell’incubo del Cpr bastano pochi passaggi amministrativi:
- Revoca del permesso di soggiorno per motivi di ordine pubblico;
- Decreto di espulsione emesso dal Viminale nei casi considerati più gravi;
- Trasferimento in un Cpr, da cui la persona può essere deportata o comunque isolata.
Il riferimento normativo utilizzato è il comma 1 dell’articolo 13 del Testo unico sull’immigrazione del 1998, che consente l’espulsione per motivi di sicurezza.
Una deriva che preoccupa
Gli attivisti denunciano una progressiva erosione dei diritti, avallata da governi di diverso colore politico nel corso dei decenni. Tale erosione avrebbe aperto la strada a un uso estensivo e discrezionale della detenzione amministrativa, con particolare preoccupazione per i casi che riguardano sostenitori della causa palestinese.
Il lavoro di monitoraggio – osservano – ricade su poche realtà associative e su pochissimi parlamentari, mentre le istituzioni nel loro complesso rimangono ampiamente in silenzio.
Fonte: l’Unità













