K metro 0 – Roma – La sicurezza energetica, soprattutto nella sua dimensione di accessibilità dei prezzi, è diventata negli ultimi anni una priorità per l’Italia. Lo strumento principale attraverso il quale il MASE sembra voler affrontare questa sfida nel medio periodo è l’espansione della produzione di elettricità tramite fonti rinnovabili, principalmente eolico e solare,
K metro 0 – Roma – La sicurezza energetica, soprattutto nella sua dimensione di accessibilità dei prezzi, è diventata negli ultimi anni una priorità per l’Italia. Lo strumento principale attraverso il quale il MASE sembra voler affrontare questa sfida nel medio periodo è l’espansione della produzione di elettricità tramite fonti rinnovabili, principalmente eolico e solare, che è già passata da 11 TWh a 58,3 TWh di output annuale 2010 a oggi.
La posizione del MASE può essere riassunta dalla seguente affermazione tratta dal PNIEC 2024: “Le tecnologie con significativo potenziale innovativo includono l’eolico offshore, il solare termodinamico, […] e le tecnologie fotovoltaiche, come le installazioni galleggianti e agrivoltaiche”. Parlando di proporzioni di questa espansione, Terna prevede un aumento della capacità installata di energia solare ed eolica nel periodo 2023-2030 di 65 GW.
Quali sono i maggiori rischi e difficoltà per un investitore nel settore delle rinnovabili in Italia?
Il processo autorizzativo (permitting) in Italia è eccessivamente lungo (in media 13 mesi per il fotovoltaico e 34 mesi per gli impianti eolici), coinvolge il ministero così come la regione o la provincia competente e infine il gestore della rete, Terna, per la connessione. Questa condivisione di competenze dà luogo a due pain points: decisioni disomogenee frutto di 20 attitudini regionali diverse; differenze tra le posizioni dei governatori locali e quella ministeriale.
Il più recente conflitto istituzionale è sorto con la moratoria della giunta Todde in Sardegna per bloccare per 18 mesi qualsiasi nuovo progetto di installazione di rinnovabili. Il blocco è durato oltre sei mesi, fino alla decisione della Corte Costituzionale che ne ha sancito l’illegittimità.
Inoltre, è in corso un braccio di ferro all’interno del governo Meloni tra il Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida e il vertice del MASE Pichetto Fratin: il primo, con il Decreto Agricoltura del 2024, ha ostacolato gli impianti di rinnovabili limitando significativamente l’installazione su terreno agricolo, mentre il secondo sta spingendo per semplificare il processo autorizzativo e facilitare nuove installazioni il più possibile. Questo conflitto è a quanto pare alla radice del ritardo del Dl Energia 2025, il cui arrivo sul tavolo del CdM è stato annunciato più volte, a partire da prima della pausa estiva.
Altro elemento cruciale è la saturazione virtuale della rete elettrica a causa dell’enorme (più del triplo dell’intera capacità installata in Italia) quantità di richieste di connessione per nuovi impianti progettati,
richieste che fino ad ora non sono state limitate per incentivare lo sviluppo. Non da ultimo, l’opposizione militante “NIMBY” è molto comune in Italia, e sempre più spesso si rivolge a impianti di produzione di energia rinnovabile, colpevoli, secondo le proteste, di deturpare qualsiasi paesaggio li ospiti. Abbastanza preoccupante è anche il fatto che il sabotaggio è una realtà con cui le aziende si devono misurare, con l’azione più dannosa -ma tutt’altro che unica- costituita dall’incendio di 2000 pannelli fotovoltaici in Sardegna lo scorso anno.
Cosa ci aspetta con il Dl Energia?
Le problematiche sopra menzionate sono tutte attuali, ma alcune di esse, in diversa misura, diminuiranno il loro impatto nei prossimi anni.
Anche se l’ostilità delle amministrazioni regionali potrebbe persistere, il rischio che una regione blocchi completamente gli impianti è stato esorcizzato dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla Sardegna. L’intera disputa sarà probabilmente risolta con il prossimo Dl Energia, che dovrebbe imporre un termine di tempo alle regioni per definire, una volta per tutte e senza limitazioni aprioristiche, le aree idonee all’installazione, introducendo inoltre il conferimento al Ministero dell’autorità per intervenire qualora la legislazione regionale non venisse emanata entro il periodo specificato -sembra di 120 giorni-.
A partire dall’applicazione del decreto, il Ministro ha anche dichiarato che solo le richieste di connessione di progetti autorizzati saranno prese in considerazione, per affrontare la saturazione virtuale della rete. Sulla prevenzione di una reale saturazione a lungo termine sta lavorando Terna, con investimenti sull’espansione della rete, che dovrebbero includere anche (in un arco di tempo ultradecennale, ma basandosi solo su progetti già in corso di realizzazione o di autorizzazione) a un aumento del 40% della possibilità di volume scambio con l’estero, nonché con una riforma della sua organizzazione geografica, che prevede la divisione della rete in 76 microzone, con l’obiettivo di efficientare la diagnostica sulla capacità e bisogni di modifiche.
Resta infine il nodo del permitting: è improbabile che il processo autorizzativo si accorci in modo significativo, anche se una maggiore chiarezza normativa potrebbe alleggerirne i tempi. mentre l’elemento che certamente non mostra segni di indebolimento è l’opposizione NIMBY. Tuttavia, vale la pena notare che gli impianti eolici off-shore rappresentano una prospettiva interessante per gli investitori da questo punto di vista: tali impianti sono fuori dalle dispute interistituzionali e dalle proteste locali, o perlomeno non sono ancora percepiti con la stessa intensità, a causa della forte attenzione per la tutela del paesaggio più che per l’ambiente legata all’attuale movimento NIMBY.













