K metro 0 – New Delhi – Fuoco incrociato tra ribelli e forze di sicurezza. E chi ci rimette sono le comunità locali e tribali. Accade in India. Dove i naxaliti (da Naxalbari, nome del villaggio del distretto di Darjeeling nel Bengala occidentale) movimenti di guerriglieri accomunati dall’ideologia maoista, hanno dato vita alla più longeva
K metro 0 – New Delhi – Fuoco incrociato tra ribelli e forze di sicurezza. E chi ci rimette sono le comunità locali e tribali. Accade in India. Dove i naxaliti (da Naxalbari, nome del villaggio del distretto di Darjeeling nel Bengala occidentale) movimenti di guerriglieri accomunati dall’ideologia maoista, hanno dato vita alla più longeva e tenace organizzazione paramilitare in India.
Nata nel 1967, da una rivolta di contadini contro i latifondisti locali, si era estesa, a metà degli anni 2000, in quasi un terzo dei distretti del Subcontinente. Dal 2004, i due gruppi ribelli più importanti si sono uniti dando origine al Communist party of India-Maoist (CPI-Maoist) e alla sua ala armata. Da allora la crescente capacità operativa del CPI-Maoist si è manifestata in una serie di azioni armate sempre più frequenti, audaci e spettacolari
Nel 2006 l’intelligence indiana stimava il numero dei guerriglieri maoisti nei vari Stati in 20 mila, cui si aggiungevano 55 mila militanti politici.
La loro crescente influenza aveva spinto, nel 2009, il premier Manmohan Singh a dichiararli “la minaccia interna più grave per la sicurezza del paese”, dopo l’attentato al ministro capo dell’Andhra Pradesh, Chandrababu Naidu.
L’insurrezione maoista, che mira a fondare uno Stato comunista, è attiva da quasi sei decenni e ha causato migliaia di vittime. Ma, anche se appoggiati da Cina e Pakistan i naxaliti-maoisti non sono riusciti a imporsi in nessuno Stato indiano.
Nel 2009 il governo federale dell’India ha varato un’ampia iniziativa per affrontare la situazione nei 10 Stati dove i maoisti erano presenti. Il piano comprendeva fondi per progetti di sviluppo nelle zone dei ribelli. Secondo il governo l’iniziativa ha ridotto in modo sensibile la loro presenza in alcune aree.
Negli ultimi tempi, il governo centrale di Nuova Dehli ha intensificato l’attività repressiva attraverso una “spietata” strategia di contenimento. Tra gennaio 2024 e settembre di quest’anno, le forze di sicurezza hanno ucciso più di 600 presunti ribelli, secondo il South Asia Terrorism Portal (SATP). Tra questi, esponenti del Partito Comunista Indiano (Maoista) fuorilegge (nato da una rottura del Partito Comunista d’India , di matrice Marxista, in piccoli partiti d’estrema sinistra, tra cui il gruppo CPI(ML), di stampo Maoista) che decise di intraprendere la “rivoluzione armata”.
Per rafforzare il controllo sulle regioni a predominanza maoista, il governo ha anche allestito decine di nuovi campi di sicurezza, in particolare nel Chhattisgarh, uno Stato dell’India centrale dove le comunità tribali rappresentano circa il 30% della popolazione e vivono in fitte foreste. Malgrado il territorio in cui l’influenza esercitata dai maoisti si sia ristretto negli ultimi anni, attualmente i ribelli controllano aree di foresta in diversi distretti, soprattutto nel distretto di Bastar e in quello di Dantewada.
Nel mezzo della repressione, i ribelli hanno annunciato, all’inizio di quest’anno, la disponibilità a colloqui di pace condizionati con il governo.
I funzionari, tuttavia, hanno escluso negoziati a meno che i maoisti non depongano le armi. Convinti che le azioni del governo non sono solo necessarie, ma sembrano anche efficaci.
Secondo il rapporto annuale del ministero degli Interni federale, le forze di sicurezza hanno condotto quasi il doppio delle operazioni anti-maoiste all’inizio del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023 e il numero di ribelli uccisi è stato cinque volte superiore.
Ma gli attivisti per i diritti umani sono preoccupati per il costo umano di queste operazioni.
Le regioni colpite dai maoisti rimangono tra le più povere e sottosviluppate dell’India, nonostante le ricche risorse naturali, e i cittadini comuni, in particolare le comunità tribali, sopportano il peso maggiore.
E sostengono che queste operazioni di sicurezza, in cui il confine tra ribelli armati e civili inermi è spesso labile, siano comuni. Nel 2021, gli agenti di polizia hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco cinque manifestanti nel distretto di Sukma che si opponevano a un nuovo campo di sicurezza, secondo quanto affermato dalla gente del posto. La polizia ha affermato che sono stati attaccati da una folla incitata dai ribelli, ma gli abitanti del villaggio insistono sul fatto che i manifestanti hanno solo bloccato le strade per impedire agli agenti di raggiungere il sito.
Il governo indiano afferma che la sua politica di “tolleranza zero” contro il maoismo ha avuto successo, grazie all’appoggio della DRG, la Guardia di Riserva Distrettuale – composta da residenti locali e maoisti che si sono arresi – che aiuta le forze di sicurezza a svelare le tattiche e i nascondigli dei ribelli.
Ma gli attivisti per i diritti umani si oppongono all’inclusione di persone del posto in queste unità, paragonandole alla forza degli Agenti di Polizia Speciale (SPO), ora sciolta, che faceva anch’essa affidamento su reclute locali.
Nel 2011, la Corte Suprema ha ordinato allo Stato di Chhattisgarh di sciogliere questa forza, definendola incostituzionale. E avvertendo che le reclute tribali erano poco addestrate e utilizzate come “carne da cannone” contro i ribelli.
La polizia nega tutto ciò, affermando che tutto il personale riceve un addestramento adeguato prima delle operazioni, mentre gli attivisti esortano il governo a impedire agli ex ribelli di tornare a imbracciare le armi.
Il governo ha anche lanciato incentivi per ottenere il sostegno locale, tra cui un fondo di sviluppo da 10 milioni di rupie (113.000 dollari; 84.000 sterline) per i villaggi che ottengono la piena resa dei maoisti, insieme alla promessa di nuove scuole, strade e ripetitori per telefonia mobile nelle aree colpite dagli insorti.
Ma i residenti locali rimangono contrari a questi progetti, temendo di perdere le proprie terre, di essere sfollati e di vedere danneggiate le foreste da cui dipendono. E questi timori, secondo molti di loro, contribuiscono a mantenere un certo sostegno locale ai maoisti.