K metro 0 – Brasilia – È di 27 anni e tre mesi la pena inflitta all’ex presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, condannato per la partecipazione nel presunto colpo di Stato del 2022. Lo ha deciso a maggioranza la prima sezione della Corte suprema del Brasile (Supremo tribunal federal, Stf). La pena dovrà essere scontata in carcere
K metro 0 – Brasilia – È di 27 anni e tre mesi la pena inflitta all’ex presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, condannato per la partecipazione nel presunto colpo di Stato del 2022. Lo ha deciso a maggioranza la prima sezione della Corte suprema del Brasile (Supremo tribunal federal, Stf). La pena dovrà essere scontata in carcere per 24 anni e nove mesi.
Con quattro voti favorevoli e uno solo contrario, la decisione, inedita nella storia repubblicana del Brasile, giunge al termine di quattro giorni di dibattito ed è stata sostenuta dal relatore del processo, Alexandre de Moraes, dai giudici Flavio Dino e Carmen Lucia e, da ultimo, dal presidente della sezione, Cristiano Zanin. Unico voto contrario quello dichiarato da Luiz Fux, al termine di un intervento durato oltre undici ore. I giudici sono ora chiamati a discutere l’entità della pena da comminare a Bolsonaro e gli altri sette imputati: si parte dalla base fissata per legge rispetto ai diversi reati, per poi esaminare le possibili cause aggravanti o attenuanti. Si rischiano pene fino a 43 anni di carcere, scontate necessariamente a 40, limite massimo di detenzione previsto dall’ordinamento brasiliano. A seguire, si aprono i termini per la presentazione di eventuali ricorsi, passati i quali, si inizia l’esecuzione della pena, riferisce Nova.
Con un solo voto contrario alla condanna, e non due, diventa impraticabile la strada di un ricorso (“embargo infringente”) che avrebbe portato la causa all’esame della plenaria della Corte. Sarebbero cioè coinvolti tutti e undici i magistrati che compongono l’alto tribunale, e il dibattito avrebbe potuto prendere una piega diversa, garantendo innanzitutto un primo rinvio – di mesi, se non anni – per la pronuncia della sentenza definitiva. I legali degli imputati possono ora solo agire per ottenere chiarimenti su possibili omissioni o contraddizioni nella sentenza (il cosiddetto “embargo de declaracao”), ma senza nutrire particolari speranze sul ribaltamento del merito della decisioni o su ulteriori ritardi nell’applicazione della pena.
La difesa di Bolsonaro, ha espresso “profonda discordanza e indignazione” rispetto alla condanna. L’intenzione dei legali è quella di presentare ogni tipo di ricorso possibile, compresi quelli esperibili dinanzi alla giustizia internazionale. Gli avvocati Celso Vilardi e Paulo Amador da Cunha hanno firmato una nota nella quale insistono nel sostenere che l’ex presidente “non ha mai partecipato a nessun piano e men che meno alle manifestazioni dell’8 gennaio 2023”.
Secondo la tesi della procura, accolta in gran parte dalla maggioranza dei giudici, il gruppo criminale ha organizzato ed eseguito – tra il 2021 e il 2023 – una serie di azioni per impedire a Luiz Inacio Lula da Silva di insediarsi alla guida del Paese, nonostante la vittoria alle presidenziali dell’autunno 2022. Oltre a Bolsonaro, vengono ritenuti colpevoli il generale Walter Braga Netto, ex ministro della Difesa e della Casa Civile, il tenente colonnello Mauro Cid, aiutante di campo del presidente e principale testimone a favore dell’accusa, Almir Garnier, ex comandante della Marina Militare, Alexandre Ramagem, già direttore dell’intelligence (Abin), i generali Augusto Heleno (ex ministro del Gabinetto di sicurezza) e Paulo Sergio Noguera (ec ministro della Difesa), e Anderson Torres, già ministro della Giustizia.
Quella inflitta all’ex presidente è la pena più consistente comminata nel processo. Oltre al leader conservatore, la prima sezione della Corte ha condannato Braga Netto a una pena di 26 anni, di cui 24 in carcere. Per Garnier e Torres la pena è di 24 anni di prigione. Di 21 anni, di cui 18 anni e undici mesi in carcere, è la sanzione per Hleno. L’ex ministro della Difesa dovrà scontare 19 anni in prigione, mentre Ramagem ha ricevuto una pena di 16 anni un mese e 15 giorni (oltre alla revoca del mandato da parlamentare).
Di soli due anni, in regime di libertà vigilata, è invece la pena comminata al tenente colonnello Cid, già aiutante di campo di Bolsonaro: a lui spettano infatti i benefici concordati con la procura in virtù delle testimonianze e denunce risultate chiave per la stesura del fascicolo processuale.
Con la sentenza, la Corte suprema del Brasile ha chiuso la prima parte del processo. Gli otto condannati compongono infatti il cosiddetto primo “nucleo” dei 37 imputati totali, il gruppo di leader con posizioni di comando che hanno secondo la giustizia pianificato e coordinato il golpe, tra le altre cose alimentando la narrativa sulle presunte frodi elettorali e redigendo la bozza del decreto legge per proclamare lo stato di emergenza, una delle prove chiave dell’intero processo. I reati contestati sono “colpo di Stato”, “abolizione violenta dello Stato democratico di diritto”, “organizzazione criminale”, “danno aggravato al patrimonio della Federazione”, “deterioramento del patrimonio storico e culturale”. La procura ha diviso il totale degli imputati in cinque “nuclei”.
Il secondo fascicolo, in attesa dell’esame della Corte, riguarda i funzionari che avrebbero fornito sostegno legale, operativo e di intelligence al tentativo di colpo di Stato, soprattutto nella redazione della bozza di decreto per l’emergenza. Il terzo gruppo comprende imprenditori e professionisti che si ritiene abbiano finanziato la trama golpista, compreso il sostegno ai raduni e alle azioni “anti-democratiche”, come l’invasione della piazza dei Tre Poteri a Brasilia, l’8 gennaio 2023. Per loro il processo è ancora in fase istruttoria, e la denuncia formale non è stata ancora presentata. Ex militari ed esponenti di secondo piano delle forze di sicurezza sono stati invece inclusi nel quarto “nucleo” perché accusati di aver organizzato il possibile reclutamento di membri dell’esercito e dei “kids pretos” il corpo speciale delle Forze armate. Alcuni dei componenti di questo gruppo sono stati già giudicati nell’ambito del processo che ha condannato l’invasione dell’8 gennaio, mentre i militari rischiano di essere processati dal Supremo tribunale militare. Al quinto e ultimo gruppo appartengono gli imputati che avrebbero alimentato la campagna di false informazioni sulle frodi compiute alle urne: si tratta di influencer, titolari di blog e simpatizzanti del presidente, già in parte soggetti ai processi legati al caso “fake news” istruiti soprattutto dal tribunale elettorale (lo stesso che ha comminato l’inabilitazione per Bolsonaro alle prossime elezioni).