K metro 0 – Pristina – I paracadutisti italiani del 183° Reggimento “Nembo” della Brigata “Folgore”, inquadrati nella missione Nato Kosovo Force (Kfor), hanno recentemente intensificato le attività di pattugliamento e sorveglianza nel sud del Kosovo. L’obiettivo è chiaro: garantire la sicurezza e la libertà di movimento per tutte le comunità presenti nell’area. A comunicarlo
K metro 0 – Pristina – I paracadutisti italiani del 183° Reggimento “Nembo” della Brigata “Folgore”, inquadrati nella missione Nato Kosovo Force (Kfor), hanno recentemente intensificato le attività di pattugliamento e sorveglianza nel sud del Kosovo. L’obiettivo è chiaro: garantire la sicurezza e la libertà di movimento per tutte le comunità presenti nell’area. A comunicarlo è stato il comando di Kfor, che ha sottolineato il contributo decisivo delle unità italiane del Regional Command West nel mantenimento della stabilità nella regione.
Durante l’operazione, i militari italiani hanno interagito attivamente con la popolazione e con le autorità locali. Queste attività sul campo non solo rafforzano la fiducia della cittadinanza nella missione internazionale, ma riaffermano anche la presenza imparziale e professionale dell’Italia nel contesto kosovaro. L’impegno italiano in Kosovo continua a essere un pilastro della stabilità nei Balcani occidentali, in linea con quanto previsto dalla Risoluzione 1244 delle Nazioni Unite, adottata il 10 giugno 1999.
A guidare la missione Kfor c’è il generale di divisione Enrico Barduani, che ha assunto il comando l’11 ottobre 2024. La sua leadership arriva in un momento delicato, segnato da tensioni persistenti tra Kosovo e Serbia.
Proprio le relazioni tese tra Pristina e Belgrado ostacolano ancora oggi l’attuazione dell’accordo firmato nel 2023 per cooperare nella localizzazione dei corpi dei dispersi. È uno dei punti critici messi in evidenza nel nuovo rapporto annuale di Amnesty International, pubblicato oggi. Il documento traccia un bilancio preoccupante dello stato dei diritti umani in Kosovo.
Secondo Amnesty, le famiglie delle persone scomparse continuano ad aspettare verità e giustizia. La mancanza di cooperazione tra i due governi alimenta il dolore e l’incertezza, rallentando il processo di riconciliazione.
Il rapporto accende anche i riflettori sui diritti delle donne. Il Centro per la Riabilitazione dei Sopravvissuti alla Tortura ha chiesto di eliminare il termine di scadenza per la presentazione delle domande per ottenere lo status di vittima di violenza sessuale in tempo di guerra. Una misura considerata necessaria per garantire giustizia a chi, per paura o stigma sociale, non ha potuto parlare prima.
Nel campo della salute riproduttiva, il Parlamento del Kosovo ha mancato l’approvazione di una legge che avrebbe regolato l’accesso ai servizi negli ospedali pubblici. Amnesty denuncia che il dibattito parlamentare è stato caratterizzato da disinformazione e linguaggio discriminatorio, con attacchi verbali rivolti in particolare alle donne single.
La relazione critica anche la mancata votazione sulle riforme del Codice civile, che avrebbero aperto la strada alla registrazione legale delle unioni tra persone dello stesso sesso. I diritti della comunità Lgbti restano quindi vulnerabili. Amnesty sottolinea che, nonostante le promesse ufficiali, non esistono ancora rifugi specializzati per le vittime di violenza appartenenti a questa comunità.
In questo contesto complesso, il ruolo della Kfor — e in particolare delle forze italiane — si rivela cruciale. La presenza militare non si limita al controllo del territorio, ma si traduce anche in un sostegno concreto alla società civile, alla coesione sociale e alla costruzione della pace. L’Italia continua a offrire un contributo fondamentale in un’area dove la sicurezza è ancora fragile e i diritti umani devono essere costantemente difesi.