K metro 0 – Nuova Delhi – Al termine di una maratona di quasi 14 ore, la Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano – composta di 552 deputati – ha approvato, con 288 voti a favore e 232 contrari, la riforma dei Wakf, antiche istituzioni islamich che gestiscono beni, generalmente immobiliari, donati a
K metro 0 – Nuova Delhi – Al termine di una maratona di quasi 14 ore, la Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano – composta di 552 deputati – ha approvato, con 288 voti a favore e 232 contrari, la riforma dei Wakf, antiche istituzioni islamich che gestiscono beni, generalmente immobiliari, donati a scopi assistenziali o caritatevoli, spesso utilizzati come moschee, cimiteri, orfanotrofi e madrase (le scuole islamiche).
La discussione, iniziata il 2 aprile alla Lok Sabha, è continuata poi al Rajya Sabha, la camera alta del parlamento indiano, dove il Consiglio degli Stati ha dato il via libera definitivo al disegno di legge sulla riforma del Waqf Act del 1995, con 128 voti a favore e 95 contro. Il testo è stato poi inviato alla presidente della Repubblica indiana, Droupadi Murmu (in carica dal 25 luglio 2022) per il suo assenso prima di diventare legge.
Nelle intenzioni del governo di Delhi la nuova versione della legge mira ad aumentare l’efficienza dei consigli dei Waqf, migliorando i sistemi di registrazione e di gestione dei registri, riferisce Neyaz Farooquee (BBC News, Delhi). Ma di buone intenzioni, come dice l’antico proverbio, è spesso lastricata la via dell’inferno…
I partiti di opposizione e i gruppi musulmani lo hanno definito, in realtà, un tentativo di indebolire i diritti costituzionali della più grande minoranza religiosa indiana (200 milioni di persone, il 14% della popolazione).
La vicenda sta in effetti dividendo profondamente il paese, con l’accusa rivolta al governo Modi di voler imporre nuovi strumenti di controllo sulla comunità musulmana.
Secondo diversi leader dell’opposizione l’emendamento rischia di riaccendere le tensioni comunitarie. Una delle disposizioni più controverse della riforma è l’inclusione di membri non musulmani nel Central Waqf Council.
Il ministro dell’Interno, Amit Shah, sostiene che questa misura è necessaria per garantire maggiore trasparenza e il rispetto della destinazione d’uso di ciascun bene donato. Ma i critici obiettano che questo cambiamento rappresenta un’ingerenza governativa nei diritti e nelle tradizioni della comunità musulmana. E si sono opposti a questa disposizione, sostenendo che la maggior parte delle istituzioni religiose non musulmane non ammette seguaci di altre fedi nella propria amministrazione.
In tutta l’India esistono almeno 872.351 che si estendono su oltre 940.000 acri, con un valore stimato di 1,2 trilioni di rupie (quasi 13 miliardi di euro).
Il governo, insomma, sostiene che la riforma garantisce trasparenza. Ma secondo i gruppi musulmani “mira a indebolire le leggi sul waqf e ad aprire la strada al sequestro e alla distruzione delle loro proprietà”.
Nella tradizione islamica, un waqf è una donazione caritatevole o religiosa fatta dai musulmani a beneficio della comunità. Le sue proprietà pertanto non possono essere vendute o utilizzate per altri scopi”.
Una delle principali obiezioni mosse dagli oppositori della riforma è che conferisce al governo un potere indebito di regolamentare la gestione di queste donazioni e di determinare se una proprietà venga riconosciuta legalmente come “waqf“. Finora ciò avveniva in modo consuetudinario: erano infatti sufficienti una dichiarazione orale e un utilizzo continuativo da parte della comunità musulmana.
Con la nuova legge invece i comitati saranno obbligati a presentare documenti che attestino l’avvenuta donazione e il suo scopo religioso o filantropico. Cosa che in molti casi potrebbe essere difficile o impossibile, specialmente in aree rurali dove la documentazione formale può non essere sempre disponibile.
In eventuali controversie (come nel caso in cui un immobile si trovi su un terreno che il governo considera di sua proprietà), la decisione finale spetterà al governo.
Ma al di la dei singoli casi, resta il problema del contesto più generale in cui si inserisce questa riforma: quello di un’ostilità crescente delle frange nazionaliste indù verso la comunità musulmana in generale.
I suoi esponenti temono in effetti che la nuova legge andrà a marginalizzarla ulteriormente, con un maggior controllo del governo sui beni religiosi finora unicamente amministrati dal Waqf Board.
La riforma prevede inoltre un intervento della giustizia ordinaria nelle controversie sui wakf, che in precedenza eranogestito da tribunali interni islamici. Questo potrebbe portare a un aumento delle tensioni legali, specie nel caso di conflitti sulla proprietà, già frequenti in un contesto in cui il governo centrale ha rivendicato diritti su terreni ritenuti dello Stato.
La riforma fissa, in aggiunta, un termine di sei mesi, dall’entrata in vigore del provvedimento, per la registrazione di tutti gli immobili classificati come waqf. Un obbligo che potrebbe complicare ulteriormente la situazione per le comunità musulmane. La scadenza imposta potrebbe risultare irrealistica, dato il numero elevato di proprietà e la necessità di documentazione dettagliata.
Le reazioni alla riforma sono state immediate e forti. La recente approvazione della legge sui waqf in India sta generando un dibattito acceso non solo sulla gestione dei beni della comunità musulmana, ma anche sul futuro dei diritti delle minoranze religiose nel paese. Le organizzazioni per i diritti umani hanno avvertito che questa legge potrebbe aggravare le disuguaglianze esistenti e alimentare tensioni religiose nel paese.
“La legge sul Waqf, – ha dichiarato il gesuita padre Cedric Prakash, un gesuita da sempre attivo nella difesa dei diritti umani – deve essere contrastata in toto da tutti coloro che hanno a cuore e valorizzano la Costituzione indiana“.
Da parte sua l’All India Muslim Personal Law Board ha già annunciato che ricorrerà in tribunale contro l’approvazione della riforma. “Organizzeremo manifestazioni in tutto il paese… Se necessario, bloccheremo le strade e adotteremo tutte le misure pacifiche per opporci al disegno di legge”, ha dichiarato il portavoce Mohammad Mohsin.