K metro 0 – Roma – Nelle previsioni di fine anno, tra mille improbabili maghi che vendono sogni per il 2020, l’oroscopo delle Borse dedica agli analisti finanziari un nuovo segno zodiacale: il mitico unicorno. Questi cavallini volanti con un corno sulla fronte sono il simbolo felice della nuova ricchezza ma, al contempo, l’incubo dei
K metro 0 – Roma – Nelle previsioni di fine anno, tra mille improbabili maghi che vendono sogni per il 2020, l’oroscopo delle Borse dedica agli analisti finanziari un nuovo segno zodiacale: il mitico unicorno. Questi cavallini volanti con un corno sulla fronte sono il simbolo felice della nuova ricchezza ma, al contempo, l’incubo dei grandi investitori.
Col termine unicorno si indicano le aziende hi-tech che, ancora prima del debutto a Wall Street, sono valutate un miliardo di dollari. Non si sa come andrà il loro mercato, non si prevede come reagirà la concorrenza o se, dopo pochi mesi, spunterà un nuovo algoritmo capace di cancellarle dai listini e dalla memoria. Un’unica certezza vola su quelle ali: migliaia di miliardi di dollari trascinano altrettanti volumi di finanziamento in una spirale di cui è impossibile conoscere la fine. Ecco perché da mesi i massimi esperti di sistemi economici discutono se siamo alla vigilia di una nuova bolla finanziaria o se l’unicorno potrà volteggiare ancora a lungo nell’Empireo dei biglietti verdi.
I pareri sono opposti e i giudizi si intrecciano con toni che superano spesso l’ovattata discussione accademica. Insomma, se ne dicono di tutti i colori. Ci si muove in uno scenario in continua espansione, un universo che cresce secondo dinamiche sconosciute prima. Mondi che stanno nel palmo di una mano, quella che regge lo smartphone. Uno studio Mc Kinsey prevede che entro il 2025 ci saranno 50 milioni dispositivi connessi nel mondo e, secondo alcuni, è un calcolo sottostimato perché non tiene conto – tra l’altro – dei sistemi che saranno inventati nel frattempo. Tutti gli unicorni offrono servizi o prodotti per questo universo che, secondo alcuni economisti, non segue le tradizionali logiche di mercato e pertanto non può essere valutato riferendosi alle serie storiche dell’economia.
Alfiere di questa linea di pensiero è il premio nobel Eugene Fama. A chi gli chiede un giudizio su possibili bolle speculative legate all’hi tech o alle criptovalute, il professore risponde che non si possono prevedere. Motiva la sua convinzione con un ragionamento disarmante: “Per sapere se esiste una bolla hi-tech, occorre conoscere quando finisce. Non essendoci ad oggi criteri oggettivi per predire la fine di un periodo di gonfiamento dei prezzi – aggiunge Fama – possiamo definire una bolla solo quando è ormai scoppiata”.
Quella di Fama è un’opinione che trova molti pareri opposti. Sul Journal of Financial Economics, tre autorevoli economisti statunitensi (Robin Greenwood, Andrei Shleifer e Yang You) fanno presente che il comportamento anomalo dei prezzi e la forte volatilità aumentano la probabilità di un crash. Individuati tali andamenti e scoperti i parametri – secondo questa teoria – è possibile prevedere in anticipo lo scoppio della bolla.
Tra i maggiori sostenitori che gli unicorni stiano drogando il mercato è l’Economist che sembra restare fedele alla convinzione “tradizionale” secondo la quale al valore di un’azione deve corrispondere, in ultima analisi, una redditività dell’economia reale. Considerazioni espresse in occasione dell’ingresso in borsa di due gioielli hi-tech, Zoom (azienda che offre servizi per teleconferenze) e Pinterest (social di immagini). In pochissimo tempo Zoom ha capitalizzato 16 miliardi di dollari mentre Printerest ha sfondato quota 12 miliardi. Questo accadeva poco prima che si affacciassero ai listi anche Uber , Airbnb, SpaceX (società aerospaziale), Stripe (piattaforma finanziaria) e altre ancora. Una girandola di centinaia di miliardi di dollari che la redazione dell’Economist guarda con grande sospetto. La critica del settimanale britannico è di quelle molto pesanti: il loro modello di business non convince. Le società stanno raccogliendo dagli investitori molti più soldi di quanti poi ne faranno dai clienti dei loro prodotti.
Alcune di queste aziende hanno già cominciato a denunciare perdite. L’Economist afferma che nel nuovo mondo ad alto contenuto di innovazione, sopravviveranno soltanto quelle realtà che diventeranno enormi e, in pratica, monopolistiche. E’ il processo denominato “blitzscaling”, parola che sottolinea la velocità con cui tutto ciò deve accadere.
Il problema, in Italia, è stato sollevato anche dal Corriere della Sera che mette a fuoco un tema cruciale per il prossimo futuro: “Il vero pericolo arriverà più che dai rivali o dalla bolla sui mercati finanziari, dalle autorità di regolamentazione: molte di queste società sono in regime di oligopolio o peggio e, come propongono alcuni candidati democratici alla Casa Bianca, è venuto il momento di imporre uno spezzativo per avere maggiore concorrenza e creare nuove opportunità anche per altri”.
di Andrea Lazzeri