K metro 0 – Buenos Aires – Si riparla di fosse comuni in Argentina e Cile. Le dittature e le guerre civili della seconda metà del XX secolo in America Latina hanno difatti lasciato una scia di grandi violazioni dei diritti umani, omicidi e sparizioni, simili a quelle della guerra civile e del franchismo in
K metro 0 – Buenos Aires – Si riparla di fosse comuni in Argentina e Cile. Le dittature e le guerre civili della seconda metà del XX secolo in America Latina hanno difatti lasciato una scia di grandi violazioni dei diritti umani, omicidi e sparizioni, simili a quelle della guerra civile e del franchismo in Spagna. La fine dei regimi militari e dei conflitti armati è stata accompagnata, nella maggior parte dei casi, da qualche processo di indagine e riparazione, con “commissioni della verità” ufficiali o semi-ufficiali in Argentina, Cile, Uruguay, Bolivia, Colombia, Guatemala ed El Salvador.
In Argentina, la richiesta di verità e giustizia è partita dai familiari e dalla società civile, con la sfida alla dittatura delle Madri e delle Nonne di Plaza de Mayo. La Commissione Nazionale sulla Scomparsa delle Persone durante la dittatura militare del 1976-1983 (CONADEP) non ha fornito un numero preciso di desaparecidos, ma le stime delle ONG lo fissano ad almeno 30.000.
L’identificazione dei desaparecidos delle dittature latinoamericane è più facile rispetto a quella delle vittime del caso spagnolo, poiché sono passati più di 80 anni: i resti sono in condizioni peggiori e sono rimasti meno parenti diretti.
La memoria è diventata politica di Stato in Argentina a partire dal governo di Néstor Kirchner (2003-2007): sono state abrogate le leggi sull’Obbedienza Dovuta e sul Punto Finale, aprendo la strada ai processi per crimini contro l’umanità; è stato così aperto un registro unificato delle vittime e gli ex centri di repressione, come la Scuola di Meccanica della Marina (ESMA), sono stati dichiarati luoghi della memoria.
“Si tratta di una politica statale in cui intervengono diversi attori, che hanno risposto alla lotta del movimento per i diritti umani”, ha dichiarato a RTVE.es Cinthia Balé, dottoressa in Scienze Sociali presso l’Università di Buenos Aires.
In Spagna è ancora in vigore la legge sull’amnistia del 1977, nonostante l’ONU chieda che non venga applicata ai casi di sparizione forzata. L’iniziativa del giudice Baltasar Garzón nel 2008 di indagare sui crimini del franchismo come crimini contro l’umanità ha portato alla sospensione dello stesso inquirente. Per questo motivo, nel 2010 un gruppo di familiari ha fatto ricorso alla giustizia argentina affinché fossero indagati, nella cosiddetta “querella argentina”, tuttora aperta.
Il Pozo de Vargas, a 25 chilometri da San Miguel de Tucumán, in Argentina, è la più grande fossa clandestina del Paese. Si tratta di un antico pozzo che riforniva d’acqua la ferrovia. I ricercatori sono riusciti a dare un nome a 130 vittime, mentre ci sono i resti di altre 30 non identificate. Altre fosse nello stesso luogo sono state svuotate alla fine della dittatura e i resti sono stati trasferiti o bruciati.
Durante la dittatura di Augusto Pinochet in Cile (1973-1990), anche i familiari e le organizzazioni civili furono i primi ad allertare su quanto stava accadendo: la Vicaría de la Solidaridad ricevette le prime denunce di sepolture illegali nel 1979.
La Commissione Nazionale per la Verità e la Riconciliazione (1990) ha pubblicato il Rapporto Retting, un primo bilancio delle violazioni dei diritti umani. Il suo lavoro è stato seguito dalla Corporación Nacional de Reparación y Reconciliación (1996). Entrambe hanno quantificato le vittime in oltre 3.100, tra assassinati e scomparsi.
Il Programma per i diritti umani, dipendente dal Ministero della Giustizia, continua questa politica. Il governo cileno di Gabriel Boric ha dato un impulso con la creazione del Piano nazionale di ricerca, verità e giustizia nel 2023 e di un registro dei dispersi nel 2025. I dispersi sono ora 1.469 e 306 resti sono stati recuperati e consegnati alle famiglie. Dal 2006, in virtù della legislazione internazionale, la legge di amnistia decretata dalla dittatura nel 1978 non è più applicabile, pertanto la ricerca include l’accertamento delle responsabilità.
Oggi sono in corso procedimenti giudiziari in oltre 100 località, dove più che corpi interi si cercano resti di vario tipo. La dittatura cilena ha cercato di cancellare ogni traccia dei propri crimini con la cosiddetta “Operazione Ritiro dei Televisori”, nome in codice dato dai militari alla riapertura delle fosse comuni a metà degli anni ’70 per sbarazzarsi dei corpi. Alcuni li gettarono in mare, altri li bruciarono e ne sparsero le ceneri.
Uno di questi luoghi è Cerro Chena, un terreno militare alla periferia di Santiago, dove potrebbero essere state uccise un centinaio di persone. Nel 2002 sono stati trovati piccoli resti ossei, che non sono ancora stati identificati. Nel 2024 sono state avviate nuove ricerche.
Altre fosse sono quelle di Pisagua (19 corpi e vari resti ritrovati nel 1990); il cimitero di Copiapó (13 persone ritrovate nel 1990 e altri resti nel 2021); o il Patio 29 del cimitero di Santiago (resti di 124 persone ritrovati nel 1991), che oggi è monumento nazionale.
Malgrado il trauma che ancora oggi rappresentano i desaparecidos in Argentina e Cile, i cambiamenti politici incidono sul consenso riguardo alla memoria.
In Argentina, ad esempio, il presidente Javier Milei ha giustificato la repressione militare come parte di una “guerra” contro il terrorismo e ha ridotto i finanziamenti a luoghi della memoria come l’ESMA. In Cile, i candidati di estrema destra che potrebbero passare al secondo turno delle presidenziali di domenica prossima cercano di minimizzare la dittatura o parlano di graziare i militari condannati.
di Sandro Doria













