K metro 0 – Washington – Per soddisfare la crescente domanda di energia dei loro data center, le grandi aziende tecnologiche americane, come Microsoft e Google, stanno scommettendo sul nucleare. Anche se persistono grandi interrogativi sulle reazioni dell’opinione pubblica, sui costi e, forse soprattutto, sui tempi necessari affinché una potenziale nuova tecnologia nucleare diventi praticabile,
K metro 0 – Washington – Per soddisfare la crescente domanda di energia dei loro data center, le grandi aziende tecnologiche americane, come Microsoft e Google, stanno scommettendo sul nucleare. Anche se persistono grandi interrogativi sulle reazioni dell’opinione pubblica, sui costi e, forse soprattutto, sui tempi necessari affinché una potenziale nuova tecnologia nucleare diventi praticabile, come spiega Mike Wendling in un suo reportage per la BBC.
Il ricordo dell’incidente della centrale nucleare di Three Mile Island (marzo 1979) il più grave nella storia degli Sati Uniti, è ancora vivo nella memoria degli americani. Menzionarlo in una conversazione è come rievocare “Fukushima” o “Chernobyl”. Anche se provocò solo una piccola frazione dei danni causati da quei disastri in Giappone e Unione Sovietica.
Three Mile Island, chiusa il 20 settembre 2019, è tornata di recente al centro dell’attenzione per un accordo preannunciato da Microsoft per l’acquisto di energia da un reattore che dovrebbe essere riavviato entro il 2028 (a un costo di circa 1,6 miliardi di dollari), sempre che ottenga il nulla osta della Nuclear Regulatory Commission.
Silicon Valley è alla ricerca di nuove fonti di energia per alimentare enormi data center e, in particolare, i chip ad alta potenza che sono diventati la spina dorsale del settore dell’intelligenza artificiale (IA). Il nucleare potrebbe fornire un contributo in questo senso sotto due aspetti: è una potenziale fonte di energia “sempre attiva” e, a differenza dei combustibili fossili, è a zero emissioni di carbonio.
Microsoft è persino entrata di recente nel gruppo di pressione del settore, la World Nuclear Association. Ma non è la sola. Anche Google, Amazon e altri stanno finanziando progetti nucleari, sebbene adottando una strategia diversa con una tecnologia più recente come i piccoli reattori modulari (SMR), che funzionano a temperature più basse, riducono, teoricamente, il rischio di fusione, e per le loro dimensioni ridotte comportano anche minori costi di costruzione.
Gli SMR sembrano la soluzione perfetta alla crescente domanda di energia per l’IA. Se solo fosse così semplice… “La maggior parte degli SMR è ancora sulla carta” afferma Allison Macfarlane, ex presidentessa della Nuclear Regulatory Commission statunitense e ora docente presso l’Università della British Columbia in Canada.
Commercializzare questa tecnologia sarà difficile, afferma Macfarlane, perché un nocciolo del reattore più piccolo significa anche un reattore meno efficiente, che produce meno energia a parità di combustibile. Per cui, a suo avviso, gli SMR sono lontani anni dall’essere finanziariamente sostenibili. Le Big Tech, insomma, “non sembrano ancorate alla realtà”, ma stanno investendo risorse nella ricerca e nei progetti pilota.
Kairos Power, partner di Google, spera di generare 50 megawatt di energia nucleare entro il 2030, l’equivalente della quantità di energia necessaria per alimentare una piccola città.
Kairos dichiarato alla BBC che le tecniche di costruzione avanzate aumenteranno l’efficienza e ridurranno i costi. Ma anche se l’azienda mira a decuplicare la produzione di energia entro il 2035, nella pratica non contribuirà ancora a soddisfare la domanda energetica sovralimentata dell’IA, che sta aumentando proprio ora.
“I piccoli reattori modulari possono fornire energia pulita 24 ore su 24, 7 giorni su 7, vicino ai data center”, afferma Haider Raza, esperto di IA e consumo energetico presso l’Università dell’Essex. “Ma non si avvicineranno minimamente alla soluzione del problema della domanda imminente nel prossimo anno o due”.
Un rapporto pubblicato ad aprile dall’Agenzia Internazionale per l’Energia ha rilevato che la domanda di energia dei data center, che attualmente rappresentano circa l’1,5% del consumo mondiale di elettricità, potrebbe raddoppiare nei prossimi cinque anni. Oltre a ciò, c’è un’enorme incertezza, sia per quanto riguarda l’entità della domanda futura che per quali fonti potrebbero emergere per soddisfarla.
Gli SMR secondo Raza e altri esperti, potrebbero avere un ruolo nel far fronte alla crisi energetica dell’IA, ma solo tra qualche anno, e solo se il settore riuscirà a convincere un pubblico spesso scettico.
Resta poi la questione di cosa fare con i rifiuti radioattivi. I ricercatori di Stanford hanno scoperto che gli SMR in realtà producono più rifiuti di questo tipo rispetto ai reattori convenzionali più grandi, perché più particelle subatomiche fuoriescono da un nucleo centrale più piccolo, contaminando i materiali circostanti.
Alcuni ricercatori, tuttavia, stanno studiando altri sistemi per uscire dalla spirale ascendente della domanda, che non richiedano la ricerca di nuove enormi fonti di energia. Mosharaf Chowdhury, dell’Università del Michigan, osserva che l’intelligenza artificiale sta crescendo molto più rapidamente rispetto alle precedenti tecnologie ad alto consumo energetico. Automobili e computer, ad esempio, hanno impiegato decenni per diffondersi su ampia scala. L’intelligenza artificiale, invece, “ha raggiunto il punto di saturazione in nemmeno 15 mesi.
Chowdhury e i suoi colleghi stanno studiando come configurare i chip per consumare meno energia o utilizzare modelli di AI fondati su database più piccoli o più mirati, senza però trovarne ancora altri che “in termini di precisione siano altrettanto validi”.
Si dovrà perciò continuare ad approfondire la ricerca su come realizzare un’intelligenza artificiale ottimale dal punto di vista energetico”.
E molte aziende stanno valutando attentamente come utilizzano le applicazioni di intelligenza artificiale e se possono effettivamente permettersele.
“Non si può aggirare l’aspetto economico“, sostiene Haider Raza dell’Università dell’Essex, consulente delle aziende per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Alcuni dei suoi clienti hanno deciso di rimandare l’adozione dell’AI per il momento.
Il nucleare pertanto sarà solo una delle tante fonti che alimenteranno il futuro della tecnologia. E nonostante le loro grandi scommesse sull’energia atomica, le Big Tech sono d’accordo. Stando ai dati forniti di recente dal World World Nuclear Industry Status Report 2025, nel 2024 si è raggiunto il massimo storico nella produzione mondiale di energia nucleare (2.677 terawattora) dopo due anni di calo. Tuttavia, mantenere questo livello fino al 2030 è difficile. Per farlo, bisognerebbe dare avvio a 44 nuove centrali oltre a quelle già programmate con un ritmo di costruzione due volte e mezzo superiore.













