K metro 0 – Buenos Aires – Il presidente argentino Javier Milei ha condotto il suo partito La Libertad Avanza a una vittoria definita storica nelle elezioni di medio termine di domenica 26 ottobre, trasformando il voto in un vero e proprio plebiscito sul suo biennio di governo. Ha così ottenuto quasi il 41% dei
K metro 0 – Buenos Aires – Il presidente argentino Javier Milei ha condotto il suo partito La Libertad Avanza a una vittoria definita storica nelle elezioni di medio termine di domenica 26 ottobre, trasformando il voto in un vero e proprio plebiscito sul suo biennio di governo. Ha così ottenuto quasi il 41% dei consensi, assicurandosi 13 dei 24 seggi in palio al Senato e 64 dei 127 seggi alla Camera dei deputati. Un risultato che, senza consegnargli la maggioranza assoluta, rafforza significativamente la sua capacità di avanzare con il pacchetto di riforme liberiste e con i drastici tagli alla spesa pubblica avviati fin dal suo insediamento.
Il dato politico si accompagna a una dinamica elettorale inedita: solo il 67% degli aventi diritto si è tuttavia recato alle urne, un minimo storico in un Paese dove il voto è obbligatorio. Per gli analisti questo rappresenta un segnale di profonda disaffezione nei confronti del sistema democratico, ma anche il fallimento dell’opposizione peronista nel presentare un’alternativa credibile dopo la sconfitta subita a Buenos Aires appena due mesi fa.
“Milei beneficia di un’opposizione indebolita e frammentata”, spiega l’analista internazionale Franco Delle Donne a RTVE.es. “Molti cittadini insoddisfatti hanno preferito non sostenere il governo, senza però indicare un progetto politico diverso”. Anche per Anna Ayuso, ricercatrice del CIDOB, il peronismo esce da queste elezioni “molto più fragile” e incapace di cavalcare il malcontento sociale”. Secondo Marina Artuso, corrispondente del quotidiano Clarín, resta da capire se questo risultato rappresenti “un appoggio pieno al governo Milei o semplicemente un rifiuto del ritorno del peronismo”.
Il presidente argentino festeggia il successo con toni trionfalistici. “Dobbiamo consolidare il percorso di riforme per cambiare una volta per tutte la storia del Paese e rendere l’Argentina di nuovo grande”, ha dichiarato ai suoi sostenitori, parafrasando apertamente lo slogan trumpiano.
Non è un caso. The Donald è stato tra i primi a congratularsi con il vincitore sudamericano. Il suo appoggio non è soltanto simbolico. Washington e Buenos Aires hanno da poco negoziato un nuovo pacchetto di aiuti finanziari da 40 miliardi di dollari, sei mesi dopo il prestito da 20 miliardi con il Fondo Monetario Internazionale. Trump aveva definito l’Argentina di Milei un “alleato strategico”, arrivando a ipotizzare che un cambio di governo avrebbe messo a rischio la “generosità” americana. Un intervento che gli avversari di Milei, considerano una grave interferenza straniera.
Il risultato elettorale ha provocato un’immediata reazione dei mercati: la borsa di Buenos Aires è salita del 20% all’apertura e il peso argentino si è rivalutato oltre il 4%. Una boccata d’ossigeno per Milei, che ha costruito il suo consenso sull’impegno a “ripulire” un’economia cronicamente in crisi. Il governo rivendica la drastica riduzione dell’inflazione, scesa dal 209% di un anno fa al 31,8% di settembre. Gli effetti positivi, tuttavia, faticano a riflettersi sulla vita quotidiana dei cittadini.
Le riforme più complesse restano difatti ancora sul tavolo: lavoro, fisco, pensioni. Finora Milei ha governato soprattutto attraverso decreti e veti presidenziali, in assenza di una base solida nelle Camere. Dopo la vittoria di domenica, la sua posizione negoziale cambia. È più forte e vuole accelerare.
Gli osservatori internazionali sottolineano anche il significato geopolitico della sponda americana a Buenos Aires, nel tentativo di contrastare la crescente influenza cinese nella regione. Trump considera Milei un alleato di peso all’interno di una rete globale di leader affini, che include Nayib Bukele in El Salvador e Daniel Noboa in Ecuador, sebbene Milei reciti il ruolo di protagonista. Una costellazione eterogenea, ma capace di presentarsi come “il futuro della politica”, secondo Delle Donne.
Milei ha vinto in 16 delle 24 province, inclusa Buenos Aires, simbolico bastione peronista. La sua retorica anti-sistema e l’austerità che definisce “tagliente” hanno spaccato il Paese. Per i suoi sostenitori rappresenta la cura necessaria. Per i critici un rischio enorme per coesione sociale e diritti. Il voto chiarisce una sola cosa: l’Argentina ha deciso di dargli ancora spazio. Resta da vedere se il Paese manterrà la pazienza mentre la terapia farà ancora male prima di poter guarire l’economia.
Redazione/San/2025













