Usa, lo scontro tra Trump e il Congresso paralizza il governo federale

Usa, lo scontro tra Trump e il Congresso paralizza il governo federale

K metro 0 – Washington – Negli Stati Uniti è scattata l’ennesima chiusura parziale del governo federale. Lo stop è scattato alla mezzanotte del 30 settembre, allo scadere dell’anno fiscale, dopo che repubblicani e democratici non sono riusciti a trovare un compromesso sui fondi necessari a mantenere pienamente operative le agenzie federali. Per ora il

K metro 0 – Washington – Negli Stati Uniti è scattata l’ennesima chiusura parziale del governo federale. Lo stop è scattato alla mezzanotte del 30 settembre, allo scadere dell’anno fiscale, dopo che repubblicani e democratici non sono riusciti a trovare un compromesso sui fondi necessari a mantenere pienamente operative le agenzie federali. Per ora il blocco riguarda i servizi non essenziali, ma il timore è che, se lo stallo dovesse durare, le ripercussioni si allarghino a settori vitali.

La battaglia si è consumata al Senato, dove nessuna delle due proposte – quella repubblicana, che avrebbe garantito un finanziamento di sette settimane, e quella democratica, più generosa sulla spesa sanitaria – è riuscita a raggiungere la soglia dei 60 voti necessaria. I repubblicani avevano incassato soltanto due voti democratici, mentre i liberali non hanno ottenuto i tredici consensi dall’altra parte dell’aula che avrebbero permesso di far passare il loro piano.

L’amministrazione ha precisato che l’esercito, le forze di sicurezza, gli aeroporti e i programmi di previdenza sociale continueranno a funzionare. Ma i dipendenti, anche quelli di settori considerati essenziali, non percepiranno lo stipendio fino alla fine dello scontro politico. In totale, circa 750.000 lavoratori federali sono attesi in congedo forzato, e c’è chi non esclude licenziamenti permanenti, visto che l’amministrazione Trump ha già fatto intendere di voler ridurre la macchina statale.

I precedenti: dal muro al caos aereo

Gli americani conoscono bene cosa significhi uno shutdown. Il più lungo della storia si è consumato proprio sotto Trump, nel 2018-2019: 35 giorni di paralisi, causati dalle sue richieste di fondi per costruire il muro al confine con il Messico. La chiusura più breve ma comunque pesante fu nel 2013, durante la presidenza Obama, quando i repubblicani imposero lo stop per provare ad abrogare l’Obamacare.

Nel gennaio 2019 il Paese vide addirittura sospendere per ore i voli al La Guardia e in altri scali della costa orientale, dopo che dieci controllori di volo avevano chiesto il congedo per malattia: una situazione che accelerò allora l’accordo tra le due parti. Oggi, se il braccio di ferro dovesse continuare, molti temono un replay di quel caos.

Trump alza la posta

Questa volta il presidente, tornato alla Casa Bianca, sembra deciso a spingere la tensione fino in fondo. Prima dello scadere della mezzanotte ha dichiarato di non voler “vedere lo Stato fermo”, ma al tempo stesso ha minacciato “tagli irreversibili” e un ridimensionamento del governo federale. Trump appare determinato a far pesare lo shutdown come un’arma politica, prendendo di mira soprattutto i programmi cari ai democratici.

La linea repubblicana è di non discutere di assistenza sanitaria all’interno dei negoziati sul bilancio. I democratici invece hanno legato la partita al rifinanziamento dei sussidi previsti dall’Affordable Care Act, che stanno per scadere e che rischiano di far salire i costi delle assicurazioni per milioni di americani.

Il presidente della Camera, il repubblicano Mike Johnson, ha accusato l’opposizione di voler “combattere Trump” a costo di far soffrire i cittadini. I democratici replicano che non si può “barattare la salute di milioni di persone con un accordo temporaneo”. Nel mezzo resta il Paese, con i lavoratori federali senza stipendio e i servizi che si avviano verso la paralisi.

Le ripercussioni economiche

Se le precedenti chiusure non hanno sempre scosso i mercati, questa volta la situazione potrebbe essere diversa. Goldman Sachs prevede effetti più pesanti, anche perché non si intravedono negoziati ampi in grado di sbloccare lo stallo. Venerdì è atteso il rapporto mensile sull’occupazione: non è chiaro se verrà pubblicato o meno.

“Ogni shutdown infligge costi economici, paura e confusione in tutto il Paese”, ricorda Rachel Snyderman, ex funzionaria del bilancio della Casa Bianca, oggi al Bipartisan Policy Center. Ne riferisce AP. E a pagare il prezzo non sono solo i lavoratori pubblici, ma anche milioni di cittadini che dipendono da contratti e servizi statali.

Un gioco politico senza uscita

L’Ufficio di gestione e bilancio, guidato da Russ Vought, ha già ordinato alle agenzie di predisporre piani non solo per i licenziamenti temporanei, ma anche per possibili riduzioni permanenti di personale. Nel frattempo, lo stesso Trump ha diffuso un video satirico contro i leader democratici, giudicato razzista e di cattivo gusto da gran parte della stampa americana.

Oggi il Senato tornerà a votare, ma le prospettive restano incerte. “Gli americani stanno soffrendo per l’aumento dei costi sanitari”, ha ribadito Chuck Schumer, leader dei democratici al Senato, accusato però dalla sua base di non aver saputo strappare un accordo.

Nessuna delle due parti ha in mano la chiave per sbloccare la situazione. In questo clima di polarizzazione, la chiusura del governo rischia di trascinarsi ancora a lungo, trasformandosi in un nuovo banco di prova per un Paese già diviso e incerto sul proprio futuro.

di Sandro Doria

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