K metro 0 – Roma – La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, l’italiana Francesca Albanese, è finita al centro di un caso internazionale che solleva interrogativi sul rapporto tra politica, diritti umani e strumenti di controllo finanziario globale. A luglio scorso, gli Stati Uniti hanno inserito il
K metro 0 – Roma – La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, l’italiana Francesca Albanese, è finita al centro di un caso internazionale che solleva interrogativi sul rapporto tra politica, diritti umani e strumenti di controllo finanziario globale. A luglio scorso, gli Stati Uniti hanno inserito il suo nome nella “Specially Designated Nationals and Blocked Persons List” (SDN List), la cosiddetta “lista nera” dell’Office of Foreign Assets Control (OFAC) del Dipartimento del Tesoro.
Un meccanismo nato per terroristi, usato contro una relatrice ONU
La SDN List è uno strumento utilizzato per sanzionare individui e organizzazioni coinvolti in attività illecite, come terrorismo, traffico di droga o riciclaggio di denaro. Chi vi è inserito si trova di fatto escluso dal sistema finanziario internazionale: i suoi beni vengono congelati, e a banche e aziende è vietato avere rapporti con lui. Tuttavia, l’iscrizione avviene senza alcun contraddittorio e senza possibilità di appello immediato.
Nel caso di Francesca Albanese, le sanzioni sono arrivate dopo la pubblicazione di un rapporto ONU che elenca 45 aziende – molte delle quali statunitensi – accusate di trarre profitto dal sostegno diretto o indiretto all’esercito israeliano e all’occupazione dei territori palestinesi. Un’accusa ritenuta inaccettabile da Washington, che ha reagito inserendo la relatrice nella stessa lista che ospita terroristi e trafficanti.
Impossibile aprire un conto: il caso
Le conseguenze pratiche sono pesantissime. Come ha raccontato la stessa Albanese in una recente conferenza stampa a Roma, al momento non può aprire un conto corrente né possedere una carta di credito, con gravi ripercussioni sulla sua vita quotidiana e professionale. “Non posso nemmeno affittare un’auto”, ha dichiarato.
Un episodio emblematico si è verificato quando Albanese ha provato ad aprire un conto presso Banca Etica, che ha dovuto rifiutare per non incorrere a sua volta nelle sanzioni americane.
“Le liste dell’OFAC sono uno strumento previsto dalla normativa antiriciclaggio e antiterrorismo – ha spiegato a Avvenire Nazzareno Gabrielli, direttore generale di Banca Etica – ma qui siamo davanti a un problema politico. Le istituzioni internazionali dovrebbero rivedere certi meccanismi. In questo caso, non c’erano le condizioni per accogliere la sua richiesta, e ne siamo molto rammaricati”.
Secondo Gabrielli, la normativa in sé è utile e necessaria, ma l’applicazione nei confronti di Albanese appare sproporzionata e politicamente motivata. “Senza un conto corrente si viene esclusi dalla vita moderna: niente stipendio, niente carta di credito, niente mutui, niente servizi bancari. Si finisce a dover vivere esclusivamente con contanti. È una punizione che va ben oltre le intenzioni della norma”.
Il caso solleva preoccupazioni più ampie: un singolo Paese, attraverso i suoi strumenti di controllo finanziario, può influenzare l’intero sistema bancario globale, arrivando a colpire funzionari internazionali nell’esercizio del loro mandato.
Appello alla comunità internazionale
“Francesca Albanese è una persona stimabile, e non ci sono elementi concreti che giustifichino questa misura in termini di antiriciclaggio o antiterrorismo”, ha concluso Gabrielli. “Speriamo che la comunità internazionale si attivi per correggere una situazione che rischia di delegittimare strumenti fondamentali per la sicurezza globale, trasformandoli in strumenti di pressione politica”.