K metro 0 – Juneau – Gli occhi del mondo sono puntati sul vertice del 15 agosto fra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska, la vecchia frontiera della Guerra Fredda: già il posto scelto, è significativo e indica diffidenza, ma anche voglia di discutere nel vecchio stile post-bellico delle super-potenze. Comunque cosa c’è di
K metro 0 – Juneau – Gli occhi del mondo sono puntati sul vertice del 15 agosto fra Donald Trump e Vladimir Putin in Alaska, la vecchia frontiera della Guerra Fredda: già il posto scelto, è significativo e indica diffidenza, ma anche voglia di discutere nel vecchio stile post-bellico delle super-potenze. Comunque cosa c’è di positivo da aspettarsi con un Europa non compatta e il Medio Oriente che rischia sempre più di infiammarsi?
I contatti tra Washington e Mosca sono iniziati con le immediate e unilaterali concessioni fatte dalla Casa Bianca. Washington intende ostacolare Mosca, ma non troppo. La strategia di Trump è sottrarre Putin all’abbraccio della Cina, e il Cremlino otterrebbe l’uscita dall’isolamento, la legittimazione internazionale. Non solo emblemi, ma concessioni concrete: aree d’influenza riconosciute dal Baltico al Caucaso, continuità della presenza russa in Siria e, soprattutto, un ruolo da protagonista nella regione più strategica del XXI secolo: l’Artico.
Sicuro il presidente ucraino non parteciperà. Mosca non vuole finché non ci sarà un accordo di pace stabilito. L’assenza però alimenta i timori ucraini ed europei che si tratti di negoziare concessioni senza l’Ucraina al tavolo. Qualche giorno fa Trump ha messo in chiaro la situazione: “Zelensky è già andato a molti altri vertici inutilmente, quindi non ci sarà. Lo sentirò subito dopo”.
La recente dichiarazione firmata da 26 leader dell’Unione Europea afferma che i principi di “integrità territoriale” devono essere rispettati e che “i confini internazionali non devono essere modificati con la forza”. Tra i firmatari manca il leader ungherese Viktor Orbán. Infatti, i paesi europei hanno una lunga storia di confini ridisegnati da guerre sanguinose e sono estremamente preoccupati dalla prospettiva che gli Stati Uniti permettano che ciò di nuovo accada in Ucraina. Mosca, ha bollato come “insignificanti” le consultazioni diplomatiche europee con l’Ucraina in vista del vertice Trump-Putin in Alaska.
Putin, abile negoziatore, sicuramente non inizierà dal tema della guerra in Ucraina, che non sarà l’unico sul tavolo dei due leader. Ci saranno anche la sicurezza nucleare, il commercio e le sanzioni, l’approvvigionamento energetico, Europa e Medio Oriente, e rapporti con la Cina. C’è molto altro sul tavolo, che entrambi i leader vogliono predisporre come quello tra due superpotenze decise a mantenere un ruolo primario nel controllo del Mondo.
L’Europa e l’Alleanza atlantica intanto avvertono: “Nessuna pace sostenibile senza l’Ucraina”. Per molti, il vertice è un azzardo diplomatico, che potrebbe rafforzare Putin o aprire spiragli per un processo di pace ancora incerto. Inoltre, i Paesi europei e il Regno Unito hanno paura e osservano con diffidenza, temendo di perdere la propria rilevanza geopolitica.
Il summit in Alaska sarà più di un incontro bilaterale: è un test di forza, di diplomazia e di narrazione politica. Tra interessi contrapposti e simboli storici, l’esito potrebbe influenzare non solo il destino della guerra in Ucraina, ma anche gli equilibri globali.
La visione del presidente Putin, delineata nel suo saggio “Sull’unità storica di russi e ucraini”, si concentra sulla reintegrazione di Ucraina e Bielorussia in una sfera dominata dalla Russia, un concetto radicato nell’ideologia del Russkij mir. In quel saggio, il presidente Putin afferma che russi e ucraini, insieme ai bielorussi, sono un unico popolo appartenente a quella che è stata conosciuta storicamente come “nazione trina russa”. Per sostenere questa sua revisione storica e geopolitica, il capo del Cremlino arriva alla conclusione che russi ed ucraini condividono un’eredità e un destino comuni. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che l’”Operazione Militare Speciale” in corso da tre anni, secondo il presidente Putin non potrà vedere un epilogo definitivo con la conquista di territori nella regione ucraina del Donbass, ma solo con una chiara e dichiarata annessione dell’intera Ucraina. Obiettivo strategico esplicitato già nel 2007 alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, in cui Putin respinse l’architettura di sicurezza europea del dopo Guerra fredda. Una posizione ribadita nel febbraio 2022, quando Putin ha intimato alla Nato di ritirarsi all’interno dei confini precedenti al 1997.
Il capo del Cremlino dal Duemila ha consolidato il suo potere interno, smantellando progressivamente istituzioni democratiche russe, fragili ma anche corrotte, il tutto con l’appoggio del clero. La sua retorica è sempre più intrisa di riferimenti storici e patriottici: lui si presenta come il difensore della sovranità russa, l’unico in grado di garantire stabilità e sicurezza contro le “minacce occidentali”.
Da parte sua l’Unione Europea, un po’ per la ricerca di pace in Ucraina e in vista di lucrosi investimenti a seguito della guerra, ribadisce il concetto che Kiev partecipi al tavolo delle trattative che riguardano il suo futuro e che l’annessione russa di ampie parti del territorio ucraino è illegale. Punti indiscutibili in un quadro di relazioni internazionali “normali”, che non lo sono però più quando l’unico elemento messo sul tavolo è la prepotenza della forza, militare o commerciale.
Intanto, Mosca, non vuole scendere a compromessi sui suoi obiettivi fondamentali, che devono assicurare priorità alle “garanzie di sicurezza strategica” per la Russia. Che ha avviato un silenzioso ma sistematico rafforzamento delle sue basi militari lungo il confine con la Finlandia, uno dei più recenti membri della NATO. Fatti denunciati dall’Alleanza Atlantica, segnali più chiari di un piano strategico di lungo termine. Mosca sembra guardare già oltre la guerra in Ucraina.
Nonostante l’attuale scarsità di truppe russe dispiegate in zona, le attività di costruzione e modernizzazione delle infrastrutture militari indicano una preparazione a un futuro in cui la regione artica e il confine con Helsinki potrebbero diventare il nuovo epicentro delle tensioni tra Russia e Occidente.
“Questa non è un’operazione lampo”, sottolineano i funzionari della NATO. “È l’inizio di un’espansione che si estenderà per anni”. Basta vedere la campagna di disinformazione, la guerra ibrida e gli attacchi informatici, i quali sono aumentati del 45% nel 2024. Le risposte strategiche di Regno Unito, Germania e Francia al conflitto in corso tra Russia e Ucraina, a seguito della nuova politica estera di Trump, riflettono uno sforzo concertato per rafforzare l’architettura di sicurezza europea, in un contesto di un ormai sempre più evidente distacco statunitense.
“I media stanno trattando in modo molto fazioso il mio incontro con Putin – denuncia intanto Trump su Truth – Citano continuamente perdenti licenziati e persone davvero stupide come John Bolton, che ha appena detto che, anche se l’incontro si svolge sul suolo americano, ‘Putin ha già vinto’. Di cosa si tratta? Stiamo vincendo su tutto. Le Fake News stanno facendo gli straordinari (nessuna tassa sugli straordinari!). Se avessi Mosca e Leningrado gratis come parte dell’accordo con la Russia, le Fake News direbbero che ho fatto un cattivo affare!”.
Tornando all’atteso vertice in Alaska, le implicazioni geopolitiche di un “appeasement”, cioè una pacificazione forzata con la Russia, ottenuta ad ogni costo, sono evidenti, osservano i media occidentali: è Trump che sta servendosi di Putin, o l’esatto contrario?