M.O., il sionismo sconfina nel terrorismo, sfide che attendono anche i cristiani

M.O., il sionismo sconfina nel terrorismo, sfide che attendono anche i cristiani

K metro 0 – Gerusalemme – Gli sviluppi, sempre più gravi e preoccupanti, della situazione mediorientale,  soprattutto del massacro di Gaza, stanno cambiando gli orientamenti dell’opinione pubblica mondiale, sollecitando nuove  riflessioni approfondite. Infatti, la dichiarazione per il cessate il fuoco “immediato, incondizionato e permanente” nella Striscia di Gaza firmata a luglio, da oltre 25 ministri degli

K metro 0 – Gerusalemme – Gli sviluppi, sempre più gravi e preoccupanti, della situazione mediorientale,  soprattutto del massacro di Gaza, stanno cambiando gli orientamenti dell’opinione pubblica mondiale, sollecitando nuove  riflessioni approfondite. Infatti, la dichiarazione per il cessate il fuoco “immediato, incondizionato e permanente” nella Striscia di Gaza firmata a luglio, da oltre 25 ministri degli Esteri e della Commissione europea, rappresenta una svolta importante nello scenario internazionale.

La posizione assunta nei confronti di Benjamin Netanyahu è di estrema fermezza e rappresenta la pressione di uno schieramento che comprende, di fatto, tutto l’Occidente tranne gli Stati Uniti.

A giocare un ruolo centrale nell’iniziativa, è stato certamente il premier britannico, Keir Starmer che, dopo aver firmato importanti accordi bilaterali con Francia e Germania, ha probabilmente lavorato per allargare la dichiarazione ai Paesi non europei.

Prematuro riconoscere lo Stato di Palestina? “Ma perché prematuro? Per noi è la soluzione”. Il segretario di Stato vaticano, Card. Pietro Parolin, risponde direttamente a quanti, come la premier Giorgia Meloni, pur dicendosi d’accordo sul riconoscimento dello Stato di Palestina ritengono la soluzione prematura.

E sul presidente francese, Emmanuel Macron, che si è detto d’accordo con il riconoscimento, Parolin con una battuta osserva: “Da mo’, come dite voi, che l’abbiamo riconosciuto lo Stato di Palestina: per noi quella è la soluzione, cioè il riconoscimento di due Stati che vivono vicini uno all’altro ma anche in autonomia e sicurezza”.

Sappiamo anzitutto che in Israele, una parte consistente della popolazione è contraria alla politica di Netanyahu: come, del resto, già dimostrato anche anni addietro. Ma sinceramente dubitiamo che nuove elezioni politiche, anche apertamente sfavorevoli all’attuale maggioranza di governo, sbloccherebbero la situazione nel senso  d’una rapida liberazione degli ostaggi rimasti e di un vero accordo di pace a Gaza. Perché è un po’ tutta la classe dirigente israeliana, oggi, che sembra incapace di ribaltare l’attuale situazione: finendo, così, col far risaltare la politica di Likud e la variegata coalizione religioso-integralista che lo sostiene, come scelta obbligata.

Sul quotidiano “Haaretz”, importante voce dell’opinione israeliana orientata a sinistra, più volte fortemente critica verso l’attuale governo, Ehud Olmert, già importante esponente sia del Likud che, in seguito, del nuovo partito centrista “Kadima”, ha lanciato più volte un allarme: i veri nemici di Israele sono le milizie ebraiche violente dei coloni, che tormentano i palestinesi.

Tuttavia la guerra a Gaza – prosegue l’ex premier israeliano – continua…una guerra inutile, senza obiettivi realizzabili, guidata da un governo privo di una visione politica per il ‘giorno popò… Allo stesso tempo, dipingono ciò che resta di Hamas come una minaccia immediata per la sicurezza di Israele, nonostante Gaza sia stata distrutta e trasformata in un mare di rovine”, con l’uccisione, ogni giorno, di “palestinesi innocenti che non hanno alcun legame con il terrorismo o con Hamas..  …queste affermazioni sono inganni volti a nascondere la riluttanza del governo ad affrontare il vero nemico che mette a repentaglio la sicurezza, la stabilità, la salute mentale e l’integrità del Paese”.

Pur senza dirlo apertamente, Olmert esprime il timore, di vari ambienti politici e intellettuali del suo Paese, che, dal turbine di questi anni, nasca una sorta di “OAS israeliana”, “I veri nemici di Israele sono” i coloni israeliani, “sono le milizie terroristiche, violente e assassine, che stanno gradualmente prendendo il controllo della Cisgiordania….

Per anni, questi gruppi si sono insediati illegalmente sulle colline di tutta la Cisgiordania, uccidendo almeno 140 palestinesi quest’anno. Sono armati con armi, in molti casi, fornite loro “dai loro protettori politici… Negli ultimi giorni, l’attenzione si è concentrata su questi criminali perché hanno attaccato ancora una volta i soldati responsabili della sicurezza di tutti i coloni…ma quando nello stesso incidente vengono bruciate proprietà palestinesi, distrutti oliveti, vandalizzate case e uccise persone innocenti, noi tacciamo… Il terrorismo palestinese, un pericolo reale e immediato, richiede misure ferme ed efficaci per contrastarlo e tali misure sono già in fase di adozione… Tuttavia, il terrorismo palestinese non può giustificare quello ebraico”: che – precisa ancora Olmert –  usa il primo “come scusa per giustificare la sua missione principale: cacciare tutti i palestinesi dalla Cisgiordania, rendendo la loro vita così difficile da spingerli a fuggire”.

D fronte alle tragedie del Medio Oriente, altre domande non eludibili, in un’ Italia e un’ Europa storicamente impregnate – al di là delle singole specificità nazionali – di cultura cristiana, riguardano i rapporti tra  Cristianesimo ed Ebraismo.  

Quanto sta avvenendo, infatti, nella Striscia di Gaza, sta producendo una crescita esponenziale dell’antisemitismo in ogni parte del mondo, in particolare appunto in Europa. Il recente attacco, poi, alla Chiesa cattolica della Sacra Famiglia a Gaza, con la morte di alcune persone e il ferimento di altre, fra cui il parroco Gabriel Romanelli, evidenzia ancor più l’assurdità della guerra condotta da Israele. “Qui vale solo la legge della forza”, ha detto il patriarca di Gerusalemme dei latini, cardinale Pierbattista Pizzaballa, “È ora di fermare questa guerra che è sempre stata assurda e ora è ancora più insensata”, ha aggiunto Pizzaballa: osservando che, a causa di tutto questo, anni di dialogo ebraico-cristiano sembrano compromessi.

Dal canto suo Bruno Forte, Arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, si è chiesto:  “Come concepire e vivere il rapporto fra ebraismo e cristianesimo in quest’ora drammatica della storia?”, Se il sogno di due popoli – due Stati, che vivano in armonia sullo stesso territorio, non deve considerarsi impossibile, è qui – osserva ancora l’Arcivescovo – che il ruolo dei cristiani in Terra Santa e nel mondo può risultare rilevante. Gli accorati appelli di papa Leone XIV a una pace “disarmata e disarmante”, da realizzare dovunque, si muovono in questa direzione. Quel che allora è necessario, è promuovere, nel modo più ampio possibile, un movimento di opinione che – a 60 anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II – abbracci arabi e israeliani, ebrei, cristiani e musulmani in ogni parte del mondo, e spinga i responsabili delle forze in gioco a cercare vie di dialogo e di collaborazione per il bene di tutti.

Condividi su:

Posts Carousel

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos

Che tempo fa



Condividi su: