L’Antidiscriminazione riprende il cammino a Bruxelles

L’Antidiscriminazione riprende il cammino a Bruxelles

K metro 0 – Bruxelles – All’epoca, nel 2008,  il progetto di normativa europea era apparso come “rivoluzionario”. Tanto rivoluzionario da restare chiuso nei cassetti della Commissione eu, a prendere polvere.  Solo a febbraio di quest’anno  era stato proposto, per sgomberare il campo dalle scartoffie,  di ritirare e gettare nel cestino la delibera. Una indicazione

K metro 0 – Bruxelles – All’epoca, nel 2008,  il progetto di normativa europea era apparso come “rivoluzionario”. Tanto rivoluzionario da restare chiuso nei cassetti della Commissione eu, a prendere polvere.  Solo a febbraio di quest’anno  era stato proposto, per sgomberare il campo dalle scartoffie,  di ritirare e gettare nel cestino la delibera.

Una indicazione che era stata definita uno scandalo da Alice Bah Kuhnke (Verdi svedesi), relatrice  del dossier,  che aveva incalzato la Commissione a farsi promotrice, di fronte all’avanzata del trumpismo e della guerra dichiarata dai conservatori alle politiche antidiscriminatorie, di più audaci iniziative. Le associazioni e le organizzazioni che in tutta Europa si occupano di diritti e politiche inclusive si sono mobilitate perché la decisione venisse cambiata. ” Questo è un altro triste segnale dei tempi politici ostili che viviamo e conferma che le politiche di uguaglianza non sono più prioritarie per l’attuale Commissione. Hanno ritirato la Direttiva ma non hanno proposto alcuna alternativa o una proposta migliorata”: così il Forum Europeo sulla Disabilità  aveva commentato lo stop alla direttiva . 

Lo stesso Forum che aveva raccolto nel 2007 un milione e 300mila firme affinchè Bruxelles approvasse una legge anti discriminazioni.  Ben 14 paesi UE hanno firmato una lettera per invitare la Commissione a revocare l’idea del ritiro.  E così è stato. Ripresa dai cassetti e liberata dalla polvere la direttiva è tornata sul tavolo della Commissione europea, con l’intenzione di estendere le tutele antidiscriminatorie al di là del luogo di lavoro e comprendere, tra i fattori di discriminazione, i motivi religiosi, di fede, disabilità, età, orientamento sessuale.

La direttiva impegna di fatto i paesi europei a garantire pari accesso ai diritti sociali, all’istruzione, ai beni e ai servizi, nonché protezione per motivi di credo, di convinzioni personali, disabilità, preferenze sessuali, genere. La direttiva copre servizi pubblici e privati, inclusi protezione sociale, assistenza sanitaria, istruzione, accesso a beni e servizi disponibili al pubblico, come l’alloggio. Le disposizioni stabiliscono un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro, garantendo un’occupazione libera da condizionamenti, criteri di selezione e promozione trasparenti; così come la formazione professionale, salari, orari e licenziamenti e l’adesione ad organizzazioni politiche e sindacali. 

Con la decisione di revocare il ritiro Bruxelles consente alla direttiva di riprendere il cammino che comunque sarà in salita. A dicembre la questione sarà posta all’ordine del giorno dei lavori e i danesi che hanno la presidenza si sono impegnati ad avviare colloqui bilaterali con i paesi ancora contrari, tra cui Germania, Italia e Repubblica Ceca e consentire l’approdo finale della direttiva sulla parità  di trattamento. Nel corso dei 17 anni trascorsi dal 2008 molti Paesi hanno migliorato la loro legislazione domestica, eppure (quasi) metà dell’Europa ancora fa resistenza. Comunque l’antidiscriminazione, da dopo l’estate sarà all’ordine del giorno in Europa. 

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Rossana Livolsi
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