Iran e nucleare, non si deve “abbassare la guardia”

Iran e nucleare, non si deve “abbassare la guardia”

K metro 0 – Roma – In questi giorni si va un po’ raffreddando l’attenzione sulla situazione in Iran dove, secondo i media statali di Teheran, il governo minaccia di aumentare l’arricchimento dell’uranio, ancora disponibile, a livelli di utilizzo militare e di uscire dal Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) qualora le potenze occidentali procedessero

K metro 0 – Roma – In questi giorni si va un po’ raffreddando l’attenzione sulla situazione in Iran dove, secondo i media statali di Teheran, il governo minaccia di aumentare l’arricchimento dell’uranio, ancora disponibile, a livelli di utilizzo militare e di uscire dal Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) qualora le potenze occidentali procedessero con la reintroduzione delle sanzioni verso l’Iran stesso.

L’avvertimento fa seguito alle crescenti pressioni diplomatiche da parte degli Stati Uniti e dei loro “alleati” europei. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio e i ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito hanno concordato, lunedì scorso, di fissare una scadenza ad agosto per un possibile accordo sul nucleare. Se non si raggiungerà un accordo entro quanto deciso, le tre potenze europee prevedrebbero di attivare il meccanismo “snapback” delle Nazioni Unite, che ripristinerebbe automaticamente le sanzioni globali sul commercio di armi, sul settore bancario e sul programma nucleare dell’Iran.

La possibile riattivazione delle sanzioni “snapback” delle Nazioni Unite minaccia di mettere in discussione il Piano d’azione congiunto globale (JCPOA) del 2015 e di spingere l’Iran verso l’arricchimento dell’uranio al 90%, considerato di livello militare.

Questa crisi affonda le sue radici nel ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nel 2018, sotto la presidenza di Donald Trump, che ha portato l’Iran a riconsiderare il rispetto degli accordi e a espandere il suo programma nucleare.

Le recenti operazioni aeree di israeliani e statunitensi dirette contro gli impianti nucleari iraniani hanno ulteriormente aggravato le tensioni e le successive pressioni diplomatiche e militari combinate non hanno tranquillizzato la situazione e, se l’Iran uscisse dal TNP, potrebbe porre fine al controllo internazionale delle sue attività nucleari, indebolendo, di conseguenza, gli sforzi globali tesi alla non proliferazione. Secondo l’agenzia di stampa Tasnim, l’Iran ha avvertito che l’attivazione del meccanismo “snapback” potrebbe spingere il paese ad aumentare l’arricchimento dell’uranio dal 60% al 90% (livello militare) e potenzialmente a destinare le sue scorte di uranio arricchito a quegli usi militari che non sarebbero esplicitamente vietati dagli accordi internazionali.

Il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha, intanto, sollecitato il coordinamento in materia di sicurezza da parte dei paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), che comprende, tra l’atro, Cina Popolare e Russia, durante un vertice del gruppo in Cina Popolare. Il Dipartimento di Stato americano evidenzia come sia crescente il favorevole rapporto di Teheran con Pechino e Mosca. Questo a seguito del recente conflitto con Israele, in cui hanno partecipato gli Stati Uniti e che si è concretizzato nell’attacco e conseguente neutralizzazione (quantomeno temporanea) dei siti nucleari iraniani. Il sostegno della Cina Popolare garantisce/garantirebbe (la volontà di Pechino di supportare Teheran rimane poco chiara) all’Iran quel cruciale sostegno economico e militare che rischia di indebolire le sanzioni e gli sforzi di contenimento guidati dagli Stati Uniti. Araghchi ha proposto l’istituzione di “un meccanismo permanente per monitorare, documentare e coordinare le risposte alle aggressioni militari, agli atti di sabotaggio, al terrorismo di Stato e alle violazioni della sovranità nazionale degli Stati membri”. Lo stesso Araghchi ha sfacciatamente definito i recenti attacchi israeliani e americani contro l’Iran un “atto di aggressione”. Ha anche suggerito di avviare un forum regionale sulla sicurezza che coinvolga le agenzie di difesa e d’intelligence e ha incontrato sia il presidente cinese Xi Jinping sia il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Per l’Iran, l’adesione alla SCO aprirebbe nuovi sviluppi alle relazioni diplomatiche ed economiche al di fuori dell’Occidente, e aiuterebbe Teheran a superare l’attuale isolamento. La scorsa settimana, l’Iran anche ha ricevuto un importante supporto diplomatico al vertice dei BRICS in Brasile, e questo dopo le operazioni aeree israelo-statunitensi tese alla neutralizzazione dei suoi impianti nucleari.

Cina Popolare e Russia hanno entrambe definito e confermato che a loro parere gli attacchi sul territorio iranianoun’operazione sarebbero stati effettuati “senza provocazione”, ma alcuni analisti sottolineano che non è comunque piaciuta agli iraniani la posizione “cauta” di Mosca durante la “Guerra dei 12 giorni”.

In merito, secondo Teheran continua a sostenere che le operazioni condotte da Stati Uniti e Israele contro impianti nucleari iraniani (ritenuti come realizzati “a scopo pacifico”) hanno rappresentato una flagrante violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), di numerose risoluzioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e della Risoluzione 487 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che condanna e proibisce esplicitamente gli attacchi contro impianti nucleari sotto le garanzie dell’Agenzia.

Il Ministero degli Esteri di Teheran continua a sostenere la tesi per cui è imperativo risolvere la crisi concernente il programma nucleare iraniano esclusivamente attraverso mezzi politici e diplomatici, nel rigoroso rispetto del diritto internazionale. L’Iran sta quindi prendendo tempo cercando di rafforzare e riorganizzare le sue capacità militari, mostrando preoccupazione per un possibile nuovo attacco alle infrastrutture, poiché, a suo parere, non si è registrato alcun progresso sul piano diplomatico.

Teheran sta inoltre cercando di rafforzare quelle alleanze diplomatiche, che hanno portato a scarsi risultati concreti quando le sue strutture nucleari sono state neutralizzate dalle operazioni aeree. Da parte americana e, nello specifico, per il Pentagono non ci sono dubbi che il bombardamento statunitense che lo scorso 21 giugno ha colpito l’Iran, su tre basi/strutture nucleari, ha permesso di ritardare il programma nucleare della Repubblica islamica di almeno due anni. Per il presidente statunitense Donald Trump il nucleare iraniano, e il suo processo di arricchimento, sono stati del tutto azzerati da quell’operazione militare e hanno messo fine alle ambizioni nucleari di Teheran, almeno per un certo periodo tempo. Nel frattempo, appare evidente che l’Iran ha il problema di aver perso attendibilità e capacità di sostegno verso i tre gruppi terroristici di Hamas, Hezbollah e Houti utilizzati per attaccare Israele e i suoi interessi.

Ricordiamoci, infine, che per Rafael Grossi, direttore dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, il regime di Teheran sarebbe in grado di riprendere il proprio programma di arricchimento, e questo nel giro di pochi mesi. “Non si può dire che tutto sia distrutto e che non ci sia più niente”. Speriamo bene…

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